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18/12/2011 14:23 CEST - L'ARGOMENTO

I lamenti di ventitre anni fa

TENNIS - Nel 1988, riuniti fuori dai cancelli di Flushing Meadows, i giocatori più importanti dell’epoca annunciarono la loro rivoluzione. Non sarebbe più stata l'ITF a gestire il circuito, ma i giocatori stessi attraverso l’ATP. Contestavano un calendario troppo gravoso e il troppo potere esercitato dall'ITF, che oggi continua a gestire gli Slam e la Coppa Davis. Ubaldo Scanagatta

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I giocatori, e i loro agenti, da tempo lamentavano da una parte a) un calendario troppo gravoso con una continuità infinita di tornei senza tregua ai quattro angoli del mondo di settimana in settimana, da un’altra parte b) tutto il potere concentrato nella federazione internazionale compresi gli introiti sempre crescenti dei diritti televisivi (degli Slam allora, ma anche degli altri tornei) dei quali ai giocatori restavano le briciole pur essendo loro i principali protagonisti dello spettacolo tennistico.

MA NON E’ CAMBIATO GRANCHE’

Dal 1990 l’ATP si è impadronita del circuito dei tornei principali (Slam, Coppa Davis e Giochi Olimpici esclusi, rimasti sotto la gestione della federazione internazionale), e se prima del ’90 il tennis veniva governato da 9 “amministratori”, tre in rappresentanza dei direttori-organizzatori dei tornei, tre delle varie federazioni riunite sotto la federazione internazionale, tre dei giocatori che subivano pesantemente la loro situazione minoritaria. Adesso l’ATP che, così come la Wta, gestisce il suo circuito deve quotidianamente mediare fra le sue due anime, quella dei direttori-organizzatori dei tornei e quella dei giocatori. Due anime che hanno spesso interessi assai divergenti. E che devono, comunque rapportarsi, soprattutto quando si discute di calendario…ma anche di soldi (montepremi), con la terza forza in campo: l’ITF (la federazione internazionale).

Anche se nei tornei ATP non ci sono più match sulla distanza dei tre set su cinque, anche se molti tornei hanno tabelloni ridotti per le prime teste di serie, anche se verrà vieppiù raccorciata la stagione agonistica nel 2012 _ e queste sono quasi tutte cose che sono andate a vantaggio soprattutto dei più forti, perché sono loro che vincendo di più giocano di più, si stancano di più e sono quelli che puntano più degli altri ad accorciare la stagione ufficiale per riposarsi o per giocare lucrose esibizioni che non costano la fatica di un torneo….ma d’altra parte sono i più forti che “fanno audience, televisiva e sugli spalti, che trainano il movimento tennis" quindi è inevitabile che pretendano e godano maggior tutela _ le cose non sono poi così cambiate se è vero che dopo 21 anni si ode sempre lo stesso genere di proteste riguardo a quegli stessi punti. “Sono trent’anni che ripetiamo le stesse cose” ha commentato recentemente Jim Courier.

I PROBLEMI DI CALENDARIO PIU’ PRESSANTI

L’ATP contesta il potere della Federazione Internazionale che cala dall’alto le date degli Slam (facendo partire il Roland Garros con un giorno d’anticipo che sottrae ai tornei, consentendo allo US Open una programmazione folle che fa sì che ogni anno il torneo termini di lunedì, e non solo per via del tetto che non c’è, imponendo l’inizio dell’Australian Open a gennaio subito dopo le vacanze natalizie, frapponendo soltanto due settimane fra la conclusione del Roland Garros e l’inizio di Wimbledon). E contesta anche la collocazione degli incontri di Coppa Davis (per quanto nel 2006 furono proprio Federer e Nadal a firmare un documento in cui si chiedeva all’ITF di far giocare il terzo turno di Davis nel weekend successivo alla conclusione dell’US Open: “Se giochiamo un giorno in più, a Parigi come a New York, dovremmo essere pagati di più” ha detto Andy Murray che non ha escluso la possibilità di uno sciopero) ma poi è essa stessa responsabile di un mese di monopolio assurdo quale quello di Indian Wells e Miami (più di 20 giorni bloccati dai due tornei con i giocatori sconfitti ai primi turni costretti a restare negli USA inattivi e sulle spese per quasi tutto un mese) atavica conseguenza dell’solerte attività di lobby condotta da due vecchi lupi di mare dell’ATP Charlie Pasarell (Indian Wells) e Butch Buchholz (Miami) e anche dell’affollamento eccessivo di grandi tornei sulla terra battuta in un periodo troppo concentrato (Montecarlo, Roma. Madrid prima del Roland Garros…con il sacrificio patito da Amburgo e in certi termini anche di Barcellona). A tutto ciò si può aggiungere al problema rappresentato dai tornei post-US Open di cui buona parte dei bigs non sente il bisogno, tanto più adesso che si pretende vadano in Estremo Oriente a giocare (come a Shanghai) davanti a tribune semivuote.

Nel 2012 il consueto problema dei tornei di fine stagione (disertati da coloro che sono già qualificati per la Masters Cup finale: non a caso Tiriac ha fatto fuoco e fiamme per sganciare Madrid dall’autunno e inserirsi nel calendario primaveril-estivo) si aggraverà per Parigi-Bercy che non potrà più nemmeno godere della settimana di break oggi esistente prima dell’avvio della Masters Cup. Ciò per accorciare la “stagione agonistica” delle superstar. E’ curioso notare come buona parte dei giocatori oggi “senior” si dimostrino tutt’altro che solidali: “Oggi i tennisti hanno già stagioni più corte delle nostre. Non giocano il doppio a differenza di quel che accadeva fino a 15 anni fa _ ha detto Michael Stich _ e spesso ‘saltano’ anche la Coppa Davis. Minacciano scioperi, ma dovrebbero pensare invece a che cosa succederebbe se fossero i tornei a mettersi in sciopero: non avrebbero più carriera, soldi, lavoro” E David Lloyd: “Normalmente fa sciopero chi non guadagna abbastanza denaro o perché le condizioni di lavoro non sono sufficientemente buone. Ma i giocatori oggi giocano nei posti più belli del mondo, vengono alloggiati in hotel a cinque stelle, hanno autisti che li scarrozzano con le Rolls-Royce e sono pagati come milionari…non ho nessuna comprensione nei loo confronti”.

Fine prima puntata.

Ubaldo Scanagatta

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