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19/12/2011 19:30 CEST - Protagonisti

Rafa Nadal e il nemico invisibile

TENNIS - Lo spagnolo si prepara per il 2012 lavorando per ritrovare quello che secondo lui è più mancato in questa stagione: la forza mentale. Consapevole che qualcosa ha fatto sì che questa venisse meno, fissa i propri obiettivi in questo senso e spera di riposare di più. Intanto, però, non ha praticamente avuto alcuna off-season: ha ripreso ad allenarsi subito dopo la vittoria in Coppa Davis. Rossana Capobianco

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Pare che gli anni che avanzano, spesso, siano sinonimo di maggiore consapevolezza.
Soprattutto aiutino a conoscere se stessi, a scoprire sfumature e attitudini personali fino ad allora poco considerate e contemplate.
Pare che Rafa Nadal di anni ne abbia solo venticinque
, ma solo quando lo vedi ballare in discoteca con l'aria brilla e spensierata te ne rendi conto.
Quando sta sul campo o risponde alle domande dei giornalisti, quando compie qualsiasi gesto all'interno del mondo tennistico, Rafa sembra averne almeno dieci in più. E la cosa curiosa è che è sempre stato così, o quasi. Anche quando era un ragazzino dal fisico esile che giocava vicino casa sua e parlava di tennis, era impostato allo stesso modo: e se per caso gli chiedevi se anche il calcio poteva considerarsi una sua passione, diventava serio e borbottava: "Quello è solo per divertirmi". Il tennis, invece, è sempre stata una cosa seria. Forse troppo, forse troppo a lungo.

In un anno che certo non può dirsi negativo per lo spagnolo -un anno con uno Slam al'attivo non è MAI negativo- Nadal ha però conosciuto il sapore amaro della sensazione di avere una bestia nera, una che non pensava, probabilmente, potesse rivelarsi tale e della quale non aveva la considerazione/ammirazione che ha sempre avuto per il suo "amico" Roger, di cui è invece sempre stato lui, la bestia nera.


Ma lo ribadisce ancora, Rafa, forse più per convincere se stesso che tutti gli altri: non è Djokovic la sua ossessione, non è il serbo il suo problema.
Probabilmente ha ragione, e di certo ne sa più lui su se stesso che chiunque altro. In una lunga e introspettiva intervista a El Mundo, non molti giorni fa Nadal ne ha parlato in maniera più approfondita, del suo problema:

"E' una questione mentale. E' un mio stato interiore che devo superare soffrendo, ma posso farlo solo io. Si, magari non sono sempre stato in condizioni ottimali a livello fisico, ma se avessi avuto un problema molto serio, non sarei mai rimasto al vertice per così tanto tempo. Non è Djokovic la mia ossessione. Niente di tutto questo. Devo ritrovare l'intensità mentale che ho sempre avuto e che in questa stagione mi ha abbandonato. Così come la passione per il gioco".

"E' normale che ci si possa sentir stanchi mentalmente, ma per giocatori come Federer o Djokovic, che a differenza mia hanno colpi definitivi è più facile ovviare a questa mancanza. Io devo sempre essere lì mentalmente. Devo andare un passo più in là, oltre, ancora una volta". Ma non vuol sentir parlare di psicologi: "Ho massimo rispetto per chi fa questo lavoro, ma non credo che nel tennis serva".

L'intensità, che d'un tratto ha tradito il maiorchino. Tutto è conseguenza, nel tennis, tutto fa parte di un ciclo che ti porta alla vittoria, al successo. Un ciclo di lavoro ma non solo. Certe cose non puoi costringerti a farle, a metterle in atto, a tirarle fuori quando serve. Non sempre. Ad un certo punto la parte irrazionale di te si ribella, esaurita com'è, e non la puoi controllare. Tralasciando (ma non troppo) quello che Nadal ha confessato nella propria autobiografia a proposito del duro lavoro imposto dallo zio-allenatore e alle conseguenze (positive e negative) alle quali tutto ciò ha portato, potrebbe essere proprio questo quello di cui parla lo spagnolo.
Questo male interiore da sconfiggere e superare soffrendo: la propria personalità che si ribella. Che ora, forse, vuole cercare da sola la voglia per giocare, vincere e lottare, con qualche imposizione in meno.

Nadal però parla anche di problemi tecnici: "Questa stanchezza mentale ha provocato anche una perdita di riflessi. Soprattutto nel servizio: ho servito bene spesso nel 2010, e anche a inizio 2011. Ma per me è un discorso complicato, perché è complicato coordinarmi per questo colpo. Ci lavorerò su, e vedrò anche di riposare di più affinché i riflessi non siano ancora appannati".

E risponde a Becker, che pensa che il problema contro Djokovic sia soprattutto tattico e il maiorchino sarebbe reo di giocare troppo spesso sulla diagonale di rovescio del serbo: "Credo sia una visione troppo semplicistica della cosa. Io non credo che sia così, prima comunque il mio dritto gli faceva male anche lì. E non solo contro di lui. Se non al primo, secondo o terzo dritto, poi sì. Ed è quello che devo fare contro tutti l'anno prossimo, non solo con lui".

Per Rafa, quindi, non è un problema tecnico, tattico e non c'è alcuna involuzione nel proprio gioco, servizio a parte.
La sua priorità, in questo momento, è colmare quella mancanza a livello mentale che lo ha condannato soprattutto nelle finali contro Djokovic in questo 2011.
Ma siamo sicuri che imporsi di ritrovare l'intensità e continuare a provarci non assomigli a un gatto che si morde la coda?
Il 2012 ci dirà.
 

Rossana Capobianco

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