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11/01/2012 18:23 CEST - L'ARGOMENTO

Roger e Batman: di lotta si vive

TENNIS - Lo sport ed i fumetti hanno molto in comune. Spesso riescono a comunicare ideali e concetti molto meglio di canali più "accreditati". Purtroppo non si da sempre la giusta importanza a tutti gli aspetti di queste due categorie. I principi, per esempio, che danno senso al tennis, in questo caso, ed ai fumetti. Guardando con attenzione, infatti, ciò che spinge Batman non è poi molto diverso dai principi di Federer. Karim Nafea

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I Fumetti e lo Sport. L’importanza che assumono, in alcuni casi, è davvero sorprendente. Capita anche, che troppo spesso, venga data importanza alle cose sbagliate: considerare i fumetti con unicamente destinati ai bambini oppure porre l’attenzione solo su una minima parte della pratica sportiva. Infatti, come per il fumetto non conta solo l’età, per lo sport non conta solo il risultato.

Voglio gettare subito via la maschera e dire che tutto quello che state per leggere è frutto di varie serate conviviali, per cui non troverete analisi tecniche ma semplici (semplici?) chiacchiere.

Dunque, si diceva dell’importanza di sport e fumetti, due dei medium principali, al giorno d’oggi per comunicare idee e concetti.  Il tennis, soprattutto, come esperienza completamente totalizzante. Anche perché il nostro sport è una di quelle pochissime discipline che deve essere completamente assimilata nell’individuo, prima di essere praticata e, soprattutto, capita.

E quando parlo di comunicazione non mi riferisco alla pura aggressività, o alla voglia di vincere fine a se stessa; si parla di credere in quello che si sta facendo, di giocare a tennis in un certo modo cancellando qualsiasi fine che non sia il tennis stesso. Questo per lo sport; per il fumetto, semplicemente, andate a leggervi qualcosa di Alan Moore, a tutti gli effetti uno dei migliori scrittori (nonché Mago) della nostra epoca.

I Fumetti e lo Sport. Arrivando al dunque, tutto è partito da un’innocua (si fa per dire) discussione su Batman. Per la precisione il Batman di Arkham Asylum e di “The killing joke”. In particolare si è parlato dei principi di Batman e di come siano proprio questi a impedirgli di sconfiggere Joker.

I principi, o meglio, il principio: non uccidere. Non va letto in senso del tutto letterale, perché rispecchia più che altro la volonta dell’eroe di Gotham nel non mischiarsi con i criminali che combatte ed il rispetto per se stesso e quello che rappresenta. Il fine ultimo di Joker è proprio quello di trasformare Batman in un cattivo, di dimostrare che i supercattivi, i mostri, non sono fuori dal mondo, ma anzi ne sono parte integrante, tanto quanto i buoni.

E qui, Batman ha avuto molteplici occasioni per distruggere Joker, ma non l’ha mai fatto perché venendo meno al suo principio fondante sarebbe venuto meno al suo stesso io, perdendo la battaglia. Perché la battaglia, quella battaglia e non solo, ha senso finchè esiste questa contrapposizione, finchè Batman è “buono” e Joker è “cattivo”. L’accettazione dell’eterno ritorno, nella lotta con Joker, è proprio ciò che rende Batman “super”, altrimenti, sarebbe “solo” un eroe.

E che c’entra con lo sport? Niente. Niente, finchè si guarda allo sport come un risultato. “La fama ha sostituito il mare, come elemento d’avventura”. Parole di Alan Moore. Se si fa sport per questo, per essere famosi, per avere soldi, tutto quello scritto finora ha poco senso, e tutto quello che verrà ora ne avrà ancora meno.
Uno dovrebbe essere capace di giocare il tennis perfetto”. Molto più umilmente, un Roger Federer quindicenne spiega i motivi della sua rabbia in campo. Senza troppe ingenuità, Roger è un investitore (ormai), i soldi sono sempre stati nel calcolo, ma questo è anche giusto e posso affermare con discreta sicurezza che della fama non gliene è mai interessato nulla.

In ogni caso, quello è l’obbiettivo del Federer quindicenne e di qualunque altro Federer: il tennis perfetto. Non solo la vittoria, anzi, si può dire che la vittoria sia semplice accessorio del tennis perfetto. E questo è il principio di Federer, l’unico tra i tennisti contemporanei ad incarnare qualcosa che non sia “Ce la metto tutta, è molto importante, anche lui ha giocato bene e via così”.

Roger è l’ultimo sopravvissuto di una stirpe di campioni che potevano farti sognare anche oltre il semplice colpo, tiro o canestro; il riflesso di quello che lo sport poteva essere e che non è stato. Senza giudizi qualitativi, anche perché più si va avanti più la qualità aumenta e lo sport diventa difficile.  Semplicemente, è lo spirito sportivo che sta via via scomparendo sempre di più.

Tornando sull’argomento: il principio di Federer. Un tennis brillante, vario, sempre pronto a stupire, perfetto. Senza questo principio, non sarebbe Federer, non sarebbe amato, sarebbe uno dei tanti, fortissimi colpitori.
Invece lui si è dato un ideale da seguire.

Nella rivalità infinita con il suo Joker, Rafael Nadal, spesso Roger si è trovato a scendere a patti con il suo ideale.  Nella quasi totalità dei casi è stato l’orgoglio a spingerlo, il voler dimostrare che anche giocando a specchio era lui il migliore. Inutile dire che ha sempre fallito in questi tentativi.

Quindi abbandonando il proprio principio ha perso due battaglie: quella del risultato e quella con se stesso.
Le vittorie sono sempre arrivate quando il principio era ben saldo nella mente del basilese. Anche quando il risultato è stato negativo si avvertiva il senso d’identità proprio della battaglia: uno era Federer e l’altro Nadal, uno era il buono l’altro il cattivo (vi prego non leggetelo in senso letterale è solo un parallelo col discorso di prima).

Due sono gli episodi in cui Federer poteva stravolgere completamente la rivalità: Roma 2006 e Wimbledon 2008. Il primo avrebbe completamente ridefinito l’assetto degli scontri tra i due il secondo sarebbe stato, soprattuto visto la reazione di Nadal alla sconfitta del 2007, un colpo veramente durissimo allo spirito dello spagnolo.

Federer, come Batman, ha fallito queste occasioni, ed il principio, l’ideale, c’entrano molto più di quanto si possa pensare. Prima di continuare c’è da precisare che mentre per Batman il “processo” si fermava alla scelta, uccidere o non uccidere, per Federer, una volta operata la scelta arriva la fase della realizzazione.
Qui stanno le differenze tra i due episodi.

Roma 2006. Partita fantastica, giocata bene per tutta la sua durata, due match-point non convertiti in cui si era comunque preso la responsabilità di attaccare. Qui il principio c’era, aveva giocato da Federer ma la realizzazione è mancata. Si era avuta comunque bene chiara l’immagine di chi fosse Federer e chi fosse Nadal, la battaglia aveva avuto senso.

Wimbledon 2008. Due set gettati al vento, senza idee, senza gioco, senza Federer. Poi la pioggia, i consigli di Mirka (!?). Si torna in campo, finalmente c’è Federer-Nadal. Due match-point salvati, si arriva al quinto. Ancora la pioggia. A rientrare in campo sono nuovamente Federer e Nadal, vince Nadal, peccato.

Le due occasioni in cui il principio è stato sul punto di crollare. Magari facendo scelte più assennate, nel primo caso, Roger avrebbe vinto, sarebbe stata una vittoria importantissima, come detto, ma sarebbe anche stata figlia di un compromesso. Nel secondo caso ha praticamente regalato i primi due set, senza entrare in campo (in tutti i sensi).

Col senno di poi, due delle sconfitte più dolorose per Roger, sono prorpio quelle che poi ne hanno rinsaldato i principi e lo spirito, quasi un bene che le abbia perse. E Roger, come Batman, non ha problemi ad accettare nuove sfide. La differenza tra un grande uomo ed un ottimo campione.
 

Karim Nafea

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