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28/01/2012 17:58 CEST - AUSTRALIAN OPEN

Vojin Velickovic e il miracolo serbo

TENNIS - Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Vojin Velickovic, unico giornalista serbo presente agli Australian Open. Ci ha parlato dell’importanza dei genitori nella formazione dei futuri campioni e della rinascita della Ivanovic, passando per la sconfitta della Serbia in Davis dello scorso anno e delle ambizioni future di Novak Djokovic. Da Melbourne, Massimiliano Di Russo

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Velickovic
Velickovic

Per essere un giornalista chiamato da solo al faticoso compito di seguire l’incredibile nidiata di top player prodotti in questi anni dalla Serbia, Vojin Velickovic appare incredibilmente rilassato. Eppure un’intera nazione aspetta con ansia dall’altro capo del mondo di poter festeggiare quei successi che hanno tanto entusiasmato le nuove generazioni di giovani, da tempo desiderosi di emulare le gesta sportive dei connazionali. “Quando la stella del tennis serbo ha iniziato a brillare, la popolarità di questo sport è aumentata rapidamente: molti ragazzi, soprattutto ragazze, volevano imparare a giocare sull’onda dei successi di Ana Ivanovic e Jelena Jankovic. Improvvisamente bambini e adolescenti impugnavano la racchetta e passavano ore sui campi da gioco delle scuole di tennis. Giocavano così tanto che i coach erano costretti, specie d’estate, a lavorare fino a 20 ore al giorno. Uno di loro, mio amico, mi disse che era arrivato al punto di pregare che piovesse per poter andare a casa a dormire!”

Sei l’unico giornalista serbo presente in Australia. Come fai a seguire tutti i tennisti?
“E’ un compito impegnativo, anche se non viaggio molto. Mi limito ad andare in Australia, Parigi, Londra. Naturalmente seguo anche gli incontri di Coppa Davis”.

Dopo la vittoria della Coppa Davis il tennis serbo ha attraversato un grande momento: prima Djokovic è diventato numero 1 del mondo ottenendo una serie di risultati impressionanti, poi Tipsarevic ha vinto i suoi primi tornei e anche Troicki sta giocando bene.
“La vittoria di due anni fa in Davis ha rappresentato il coronamento di un progetto le cui basi sono state gettate 5-6 anni prima. Una cosa molto importante da dire quando si affronta l’argomento legato al tennis in Serbia è che questo sport nel nostro Paese non è supportato dalla Federazione bensì dai genitori degli atleti: senza il loro coinvolgimento in Serbia non ci sarebbe tennis. Loro mettono i soldi, trovano i coach, si preoccupano in prima persona che ogni tassello venga messo al posto giusto”.

Che tipo di genitori sono quelli di Djokovic?
“Il padre di Djokovic ha un carattere particolare, non è facile entrare a far parte della sua cerchia di amici: occorre però congratularsi con lui per il modo in cui ha saputo spronare il figlio, comportandosi con lui come un bulldozer. Va considerato inoltre che in Serbia c’è molta povertà e che quindi non è facile trovare i finanziamenti utili a far giocare il proprio figlio, anche se dimostra un grande talento. Lui l’ha fatto”.

Anche i genitori di Tipsarevic e Troicki sono coinvolti in prima persona?
“Sicuramente viaggiano meno rispetto ai genitori di Djokovic, è comunque innegabile che abbiano avuto un peso rilevante nel lancio della carriera sportiva dei propri figli”.

Che rapporti intercorrono tra i giocatori serbi?
“Ottimi, soprattutto quando si tratta di giocare in Davis. Condividono i divertimenti, viaggiano insieme e quando si trovano a giocare gli stessi tornei stanno sempre insieme. E’ un po’ quello che accade tra compagni di scuola: ogni giorno si cerca di fare qualcosa di divertente , di nuovo. In fondo è un modo per “sopravvivere” nel tour visto che si viaggia sempre ed è più facile sopportare lo stress se puoi avere amici”.

L’anno scorso Djokovic ha giocato contro Del Potro in Davis sebbene fosse infortunato, tanto che alla fine ha dovuto ritirarsi. Ci sono stati attriti con gli altri giocatori serbi?
“No, assolutamente. L’hanno pensato in molti ma non è andata così: il vero problema è stato che Djokovic ha giocato infortunato fin dagli Us Open. Tutti però sapevamo che avremmo perso se non fosse stato convocato contro Del Potro. A volte bisogna prendere dei rischi, questo accade in ogni sport dove ci sono alcune circostanze in cui un giocatore anche se non è pronto deve giocare lo stesso. A volte va bene, altre no. Sfortunatamente ha dovuto ritirarsi, ma quella volta non c’era scelta. Prove ne è stata che sebbene fosse infortunato in quella partita ha rischiato di vincere il primo set (poi perso al tie break, n.d.r.)” .

Che tipo di rapporto c’è tra Nadal e Djokovic in questo momento?
“Sicuramente per Nadal non è stato facile perdere per sei volte di seguito, ma questo è lo sport. Djokovic ha sempre detto di essere suo amico, non ho problemi a credergli”.

Cosa è successo invece ad Ana Ivanovic? La vittoria del Roland Garros aveva illuso un po’ tutti.
“Dopo il Roland Garros ha subito diversi infortuni, basti pensare a quello al pollice che l’ha costretta a rinunciare poche settimane dopo alle Olimpiadi. Così ha perso confidenza, nel frattempo non l’ha aiutata cambiare diversi coach, ognuno dei quali la spingeva a giocare in un modo diverso. Credo che adesso si trovi in una situazione migliore, sta esibendo una discreta forma e mi auguro possa tornare al top, magari di nuovo tra le prime dieci del mondo”.

Tempo fa ci fu una querelle con la madre di Jelena Jankovic riguardo l’impegno profuso da Ana in Fed Cup, a suo dire minore rispetto a quello della Jankovic. Credi che le due tenniste siano amiche?
“Si vedono nei tornei, si vedono in Fed Cup ma non credo siano amiche. O almeno non c’è tra loro lo stesso rapporto che intercorre tra Djokovic e Tipsarevic”.

Un’ultima battuta su Djokovic. Credi possa ripetere qui in Australia l’exploit dell’anno scorso?
“Penso di sì. E’ in forma e l’ha dimostrato all’inizio dell’anno quando ha battuto Federer facilmente ad Abu Dhabi. Sono convinto che senza infortuni possa imporsi nuovamente in Australia. Non credo rivincerà tutti i tornei dello scorso anno ma certamente sarà in grado di continuare a restare il numero uno”.
 

Massimiliano Di Russo

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