22/08/2012 17:03 CEST - APPROFONDIMENTO

L'Allenamento rende perfetti

TENNIS - Gli atleti contemporanei hanno raggiunto i limiti del corpo umano. Dopo la tecnica ed il fisico, ora è la concentrazione ad essere al centro dei programmi d'allenamento. Un ulteriore passo verso la perfezione? Karim Nafea 

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Novak Djokovic (Photo by Nick Laham/Getty Images)
Novak Djokovic (Photo by Nick Laham/Getty Images)

Practice Makes Perfect


Ho sentito questa frase almeno un milione di volte, e sto arrotondando per difetto, da quando faccio sport. Per un atleta professionista credo che il numero aumenti di un paio di potenze del 10.
E’ probabilmente la singola riga di parole più importante che si possa dire a uno sportivo e, tuttavia, nella maggior parte dei casi rimane poco più di un vuoto incoraggiamento.
L’allenamento rende perfetti; non il talento, non le doti innate. La vittoria dell’Uomo sulla Predestinazione. L’eterna diatriba tra Natura ed Educazione.
Comunque questo non è il luogo ed io sono probabilmente il meno adatto a parlare di queste cose.
Quello che è importante per noi è l’allenamento i sé..
L’evoluzione sportiva deriva dall’evoluzione dell’allenamento, sia nei metodi che nelle attrezzature.
Nel tempo, la centralità dell’esercizio e della preparazione hanno determinato il vero passaggio da sport amatoriale a sport professionistico.
Quando le innovazioni tecniche (il gancio cielo nel basket, per esempio) di grande impatto vengono assimilate diventando parte del repertorio comune, la disciplina fa un salto in avanti.
Finchè non sorge il problema “geografico”: una volta “scoperte” tutte le cose, la ricerca è destinata ad esaurirsi.
Il passo successivo è quello che, nella maggior parte degli sport di punta, è avvenuto durante gli anni ’90: cercare di fare le “solite cose” a maggiore velocità allenandosi tatticamente e fisicamente in maniera sempre più particolare, specifica.
La specializzazione dell’allenamento ha portato alla situazione in cui, sostanzialmente, ci troviamo ora.

Piccola precisazione sul termine “allenamento”: ad alto, altissimo livello col termine allenamento ci si riferisce più ad un miglioramento generale della condizione atletica e psico-fisica che alla normale accezione di esercizio fisico costante. In soldoni, parlando di allenamento si parla, in questo contesto, del lavoro che è necessario per elevarsi dalla “media”; il caso Djokovic è perfetto: ha lavorato sodo per raggiungere i primi due e, una volta stabilizzato questo status, ha aggiunto un’enorme mole di lavoro per distinguersi anche tra di loro.

Gli atleti sono al limite di quelle che sono le capacità di questa versione dell’Homo Sapiens Sapiens.
Preciso immediatamente, questo NON è un articolo che parla di Nadal o di Djokovic ma di quelle che sono le prospettive del “miglioramento” degli atleti, per favore trattatelo come tale.
Federer, Nadal e Djokovic sono il meglio (in attesa che Murray ci faccia vedere tutto quello che può fare) del nostro sport. Ciò che li rende così superiori alla media sono tre componenti che raramente hanno albergato nello stesso corpo: un’ottima capacità tecnica (almeno), un’eccezionale preparazione atletica (coadiuvata da doti naturali fuori dal comune) ed una capacità di concentrazione straordinaria.
Cercando di arrivare in cima alla classifica un giocatore, al momento, deve avere tutte e tre queste componenti.

Da questo punto, si ritorna all’evoluzione dei metodi di “miglioramento”: siamo arrivati ad un momento storico in cui quasi tutti i giocatori tra i primi 50/60 tirano alle stesse velocità, hanno una caparbietà ed una confidenza con palla e racchetta (merito anche dei materiali) di elevatissimo livello unita ad una preparazione fisica notevole.
Il che vuol dire che, contemporaneamente, 50/60 giocatori al mondo hanno delle capacità che 15 anni fa erano considerate esclusive dei primissimi della classe.
Sicuramente, questo adeguamento nelle necessità di preparazione del giocatore è stato quasi forzato dalla svolta che si è data al tennis con la graduale standardizzazione delle superfici ed il generale rallentamento.

Sopra sono state elencate quelle che sono le caratteristiche necessarie per primeggiare nel contesto attuale. E’ stato più volte notato che la forbice tra i primissimi ed i “comprimari” è piuttosto ampia, soprattutto quando si parla di tornei davvero importanti.
Poco sopra s’è detto che capacità tecniche e preparazione fisica ottime sono presenti anche in questi “comprimari”. Basta il vantaggio in termini di talento puro (comunque minimo, in media) a giustificare una differenza così ampia? A mio parere no.
Questa differenza andrebbe ricercata proprio nella terza componente: la concentrazione.
Ma, assumendo uno svantaggio in quest’area, come si fa a recuperare?
Facile, Neurotopia.

Neurotopia è un progetto sviluppato dal dottor Gordon Uehling, il signor uovo ipo-barico per intenderci, in collaborazione con alcuni medici esperti in tecniche di allenamento psico-fisico. In breve, il trattamento consiste funziona come un videogioco automobilistico. L’atleta viene messo davanti ad un schermo televisivo nel quale è mostrata una macchina con dei sensori che, captando le onde cerebrali, permettono alla macchina di muoversi. Più si avanza nel trattamento e più muovere la macchina diventa difficile. L’argomento è trattato molto più esaurientemente in un articolo del buon Mastroluca.

La possibilità di allenare anche la componente mentale, con la prospettiva di poterla portare ai massimi livelli, richiama il discorso dell’evoluzione tennistica: se già adesso siamo ai limiti fisici e tecnici (velocità e continuità) del gioco e per primeggiare si ha bisogno di un controllo mentale fuori dal comune, di cosa si avrà bisogno tra 10/15 anni?

Probabilmente ulteriori rivoluzioni nei metodi e nei carichi di allenamento e nelle aree da allenare unite ad una generazione di atleti capaci di superare i limiti fisici attualmente vigenti.

Karim Nafea

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