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Reading: #AskUbitennis: a proposito di Gilles Muller…
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#AskUbitennis: a proposito di Gilles Muller…

Una settimana fa, nel consueto appuntamento domenicale con l'#AskUbitennis, un lettore ci chiedeva se Muller avesse qualche possibilità di arrivare in fondo a Wimbledon. Ecco cosa rispondevamo

Last updated: 20/03/2019 17:15
By Carlo Carnevale Published 11/07/2017
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5 Min Read

Con la stagione sul verde si rivede, pur con il contagocce, qualche sprazzo di serve&volley. A me ha stupito molto Gilles Muller. Vedendolo giocare ho pensato: caspita che bel giocatore, fa bene quasi tutto, non solo il s&v. La mia domanda è: un giocatore come lui ha vinto poco o niente per colpa del suo gioco ormai improponibile se non due settimane all’anno oppure ha limiti tecnici insormontabili? Avrebbe mai potuto o potrebbe fare una finale a Wimbledon? (Gramel)

A Sydney, a inizio stagione, Gilles Muller ha vinto il suo primo torneo ATP, battendo in finale il sorprendente e ultimamente chiacchieratissimo Daniel Evans. A 34 anni, si è ripetuto poche settimane fa sull’erba di Rosemalen, superando un altro specialista veterano come Ivo Karlovic. È giusto sottolineare l’alto tasso tecnico del gioco di Muller; servizio mancino micidiale e sopratutto vario, gioco di volo da università e colpi profondi, sempre volti a mettere pressione all’avversario. È improbabile però vederlo avere successo anche su superfici che non si adattino al suo gioco aggressivo e rapido, e trovarlo protagonista quindi per buona parte della stagione. Non ha colpi a rimbalzo determinanti, per quanto di ottima fattura: non ha un colpo che non sia il servizio, a cui affidarsi per tirarsi fuori dai guai. Un dritto che lo aiuti a respingere gli attacchi o un rovescio con cui cambiare in lungolinea quando serve; nel complesso e semplicisticamente, non ha la caratura per poter reggere scambi prolungati, che sono sempre più il copione recitato dai match su terra rossa e cemento, salvo eccezioni di superfici più o meno rapide (Madrid o Cincinnati, ad esempio). Inoltre, non ha una tenuta atletica eccellente, per cui vederlo trionfare in appuntamenti che richiedono partite di quattro ore o più, sembra inverosimile. Wimbledon potrebbe essere teatro di un caso isolato, proprio perché l’erba gli consentirebbe di spendere meno energie, per come si adatta alle sequenze brevissime dei punti di Muller.

Lo scorso febbraio a Rotterdam, Muller rilasciò un’intervista esclusiva a Ubitennis nella quale parlava della sua carriera, tra le altre cose: interrogato sul suo più grande rimpianto di questi quindici anni di attività, si prese un attimo per riflettere. Poi rispose che se potesse, tornerebbe indietro per “scegliere una compagnia migliore, quando ero giovane”. A ventidue anni aveva già giocato finali contro Hewitt e Agassi (in tornei 250, ma comunque di rilievo), a venticinque faceva quarti agli US Open perdendo da Federer: “Mi sembrava mi venisse tutto facile, senza sforzo, quindi smisi di allenarmi con continuità e intensità, come se non ne avessi bisogno“. Da qui forse le lacune atletiche e tecniche, considerando che il dritto è sì potente, specialmente in fuori, ma non costante tanto da reggere ritmi alti. Il rovescio rimane un colpo di contenimento, non certo un’arma che possa intimidire o aiutarlo a condizionare gli scambi (non troverà mai nessuno che possa pensare “non gli gioco sul rovescio”). Rimane però competitivo, e molto, sui campi veloci che mettono in luce le sue qualità naturali, quindi servizio e volée; se già a Wimbledon dovesse ottenere uno scalpo importante non sarebbe una sorpresa. D’altronde è sull’erba che i vari Brown, Stakhovsky, Isner, Lopez, Kohlschreiber possono essere considerati mine vaganti.

Un caso analogo a quello di Muller può essere considerato Mischa Zverev: entrambi mancini e dal gioco simile (forse Zverev è meno robusto da fondo), con una carriera offuscata da scelte sbagliate e poca continuità. Zverev addirittura aveva accettato di fare da sparring partner al fratello e smettere di giocare da professionista, prima di ritrovare verve e fiducia e inanellare buoni risultati da fine 2016 (quarti a Shanghai, semifinale a Basilea, quarti in Australia battendo Murray). Giocatori che in alcuni ambiti del gioco sono professori, specialmente per il gioco a rete che va sempre più sparendo, ma che per evidenti mancanze atletiche e tecniche non potranno mai aspirare a qualcosa di più di un titolo in un 500 o un piazzamento Slam dignitoso (quarti o giù di lì, peraltro già raggiunti da entrambi in carriera), su campi che siano adatti. Certo un buon risultato sul rosso potrà sempre arrivare: Muller ha giocato la finale all’Estoril quest’anno, Zverev fece quarti a Roma nel 2009. Ma non potrà mai essere considerato la normalità.

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