US Open, spunti tecnici: Lendl, il lavoro da fare su Zverev è chiaro

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US Open, spunti tecnici: Lendl, il lavoro da fare su Zverev è chiaro

NEW YORK – Poche ore prima della sconfitta di Sascha con Kohlschreiber, Ivan era in campo con il suo allievo. “È solo l’inizio di un lungo percorso”, ha dichiarato. Da grande coach, sapeva perfettamente cosa non andava

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da New York, il nostro inviato

La cosa affascinante dell’assistere agli allenamenti diretti dai coach migliori del mondo, spesso, è più ammirare il metodo e la precisione del lavoro svolto che i colpi dei giocatori stessi. Ivan Lendl non ha bisogno di presentazioni, è una leggenda del nostro sport, e ha trasferito alla sua attività di allenatore tutta la propensione all’impegno, alla serietà professionale, alla certosina attenzione per i dettagli che gli permisero da giocatore di diventare il numero uno più vincente degli anni ’80, insieme a Mats Wilander, otto Slam il ceco, sette lo svedese. Era la cosiddetta “epoca d’oro” del tennis, tempi in cui una bacheca di titoli Major del genere faceva impressione, prima dell’avvento di Pete Sampras, e poi dei cannibali attuali, che hanno fatto diventare il folle traguardo di andare in abbondante doppia cifra di trionfi Slam quasi normale.

Nel brutto match perduto con Philipp Kohlschreiber, a Zverev non ha funzionato a dovere il dritto (solo per fare un esempio, due errori gratuiti consecutivi, di cui una steccata, hanno concluso la partita), e il gioco a rete, dove Sascha, chiamato avanti dai tocchi intelligenti dell’avversario, ha combinato autentici disastri. Dopo una prestazione negativa del genere, è normale vedere i tennisti andare in campo a lavorare sugli aspetti risultati deficitari. Ma Ivan è un vecchio volpone del tennis, gli sono bastati pochi giorni per inquadrare alla perfezione pregi e difetti del giovane tedesco, ed esattamente su dritto e volée lo ha fatto allenare, ma la mattina prima del match, profetico e lucidissimo. Andiamo a vedere insieme, per la prima volta, i due in campo sul practice court 3 di Flushing Meadows. La zona riservata ai media, su questi campi, è una terrazzetta bassa subito sopra il terreno di gioco, dietro. Io preferisco stare laterale, di solito, ma devo dire che la prospettiva che viene offerta è ottima per valutare gli swing, soprattutto perchè si sta a non più di tre metri e mezzo dai tennisti.


Per non fare torto a un ragazzo che è già fortissimo, e lo diventerà ancora di più, iniziamo con una cosa bella bella: il favoloso rovescio bimane di Sascha, con cui fa letteralmente quello che vuole della palla, vediamo qui sopra una preparazione, un impatto e un finale che non hanno bisogno di descrizioni o commenti, siamo all’eccellenza assoluta. Ma i problemi, come detto, sono altri.



Qui sopra, in alto una palla non ben centrata di dritto da Sascha, e sotto la sua frustrazione, come a dire “ma cosa devo fare?“. Immediatamente, è intervenuto Ivan.



Qui sopra, Lendl prima spiega, poi mostra a Sascha il modo corretto di andare sulla palla, come un maestro di circolo. Diciamo che quando uno che veniva chiamato da tanti “Il Signore del Dritto” viene lì e ti spiega cosa sbagli, lo stai a sentire eccome, anche se sei il numero 4 ATP. Per un tecnico, sono tutte cose affascinanti e interessantissime a dir poco. Personalmente, io stavo lì a cercare di assorbire ogni dettaglio.


Qui sopra, vediamo Ivan che supervisiona il palleggio dell’allievo (sempre vicinissimo a Sascha, esattamente come faceva con Murray, mi piace molto questo atteggiamento, il giocatore “sente” di più la tua presenza, rispetto a come fanno in tanti, che se ne stanno a bordocampo o in fondo all’ombra). Le cose iniziano ad andare meglio, la palla viene colpita più pulita, la tecnica è corretta (bello il finale sotto, con ottima conduzione della testa della racchetta in orizzontale). Dopodichè, si è passati all’allenamento a rete.



Qui sopra, Ivan osserva giustamente da dietro, in modo da vedere meglio la postura del braccio piuttosto che l’anticipo del colpo. A questi livelli la palla la trovano davanti al corpo tutti molto bene, il problema spesso è la conduzione del braccio-racchetta, a volte troppo distante o troppo sotto al corpo, e nel caso della volée di rovescio, capita pure ai campioni di lasciar cadere il polso flettendolo in basso, errore tecnico grave ma che si vede commettere anche da questi fenomeni (errore tecnico che costò a Andy Roddick un vantaggio di due set a zero in finale a Wimbledon 2009 con Federer, per dire. Video qui. Da vecchio tifoso di A-Rod ancora mi brucia, quella partita si sarebbe vinta, e pure ogni tanto mi sento accusare di essere Federeriano, accidenti, mentre come comprenderete bene, Roger mi sta un po’ sulle palle  – simpaticamente, eh – da quel luglio di nove anni fa. Perdonate la divagazione).

Dalla prospettiva posteriore, sono aspetti che si possono valutare bene, ovviamente Lendl da perfezionista qual è non trascura nemmeno i dettagli sulla sua stessa posizione in campo mentre allena, che mito. In ogni caso, mentre scrivo probabilmente Zverev è già su un aereo, e sono convinto che starà pensando a tutti gli errori commessi contro il furbo e bravo Kohlschreiber. Se c’è un modo efficace di affrontare e risolvere un problema, non si può prescindere, innanzitutto, dal saperlo riconoscere e identificare con certezza. Sascha ha ammesso di sentire pressione particolare negli Slam (con sincerità non comune, anzi), ora ha preso il coach probabilmente più adatto del mondo per lui, e se non sarà capace Ivan di sistemargli il gioco e l’attitudine, non ci riuscirà nessuno, a mio avviso.

Ma per chi tifa il giovane tedesco, non è il caso di fasciarsi la testa (non ancora). Sento troppo spesso affermare autentiche follie quali “è sopravvalutato, è già cotto, se fosse un campione avrebbe già vinto roba più grossa di tre mille“. A parte il fatto che certe sparate sono comiche anche solo da leggere (ci sono fior di giocatoroni che tre titoli Masters 1000 non li hanno visti manco con il binocolo), faccio sommessamente notare una cosetta. Sascha pare quasi un veterano, perchè gioca a livello top da tre anni. Ma è nato il 20 aprile del 1997, il che significa che ha appena 21 anni e mezzo. Roger Federer vinse il suo primo Slam a Wimbledon 2003, dopo 17 partecipazioni (il tedesco è a 14), tre settimane prima di compiere 22 anni (lo svizzero è nato l’8 di agosto del 1981). Dovesse, per esempio, vincere gli Australian Open 2019 (cosa possibilissima, o quantomeno non una sorpresa clamorosa se succedesse), Zverev sarebbe in anticipo di tre mesi netti rispetto alla “tabella di marcia” del più grande di tutti i tempi. E sta lavorando con lo staff migliore possibile, compreso l’esemplare Ivan Lendl visto sopra, proprio per questo tipo di traguardi.

Credo che i motivi per aspettarsi grandi cose dal ragazzo ci siano tutti, e che non vengano minimamente ridimensionati anche da sconfitte certamente evitabili, ma che possono essere occasioni di crescita se prese nel modo giusto. Cosa che uno come il Signore del Dritto sa fare e insegnare perfettamente.

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