Rubrica a cura di Daniele Flavi
Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 10.06.2014
Int. A Zio Toni «C’è un Nadal più forte di Borg. E’ incredibile»
Zio Toni è il più commosso del clan Nadal, lui sa, lui capisce più di tutti i familiari quant’è stata dura la nona finale trionfale del suo Rafael al Roland Garros. Anche se la semifinale perfetta contro Murray, «inaspettata», aveva galvanizzato lui e il nipote come un tempo succedeva con «Football is coming home», l’inno inglese degli Europei di calcio, una specie di grido di battaglia del primo Rafa. Toni, che è successo in questa finale per Rafa «Indimenticabile»? «Rafael ha cominciato a un ritmo basso e ha sbagliato troppi dritti nei momenti importanti. Poi, nel secondo, a cominciato a giocare la palla con peso e forza e top spin, e Djokovic s’è stancato, calando ancor di più nel terzo set». II caldo-umido improvviso dell’estate di Parigi è stato terribile. «Per i giocatori è stata dura, forse per questo non c’è stata l’intensità massima di altri match fra Rafael e Djokovic, come negli ultimi due anni a Parigi». Ma Rafa ha anche cambiato ritmo. «Se Djokovic ha avuto un rendimento inabituale e ha sbagliato in alcuni momenti è perché ha dovuto spesso colpire la palla all’altezza della spalla, e così la rimetteva solo in campo,Rafael poteva colpire duro e lui era obbligato a cercare soluzioni più difficili, e a sbagliare. Altrimenti, per il giocatore incredibile che è, sarebbe a 20 Slam». Invece a 14ci arriva Rafa, con almeno uno all’anno negli ultimi 10 anni. «Dieci anni di felicità: così, la nostra stagione è già buona, succeda quel che succeda, anche se si fa male, e siamo qualificati per il Masters. Niente confronti con gli altri: Rafael è un grande sportivo che per tanti anni ha ottenuto risultati di altissimo livello, magari quest’anno giocherà meglio anche sull’erba». Djokovic tira sempre fuori II meglio da Rafa. «A Roma, Rafael non aveva giocato male ma non abbastanza per battere Djokovic, qui ha alzato il livello, che qui è poco più alto di quello di Djokovic, non tanto, ma un po’. A Roma la palla non correva uguale, il campo è molto piccolo, è più difficile sbattere Djokovic fuori dal campo, qui è più facile arrotare e permette a un giocatore come Rafael di avere più possibilità……
Solo Djokovic lo avvicina
Paolo Bertolucci, la gazzetta dello sport del 10.06.2014
Lo svedese Soderling potrà raccontare con fierezza ai nipotini di essere stato nell’ultimo decennio l’unico giocatore (nel 2009) a superare al Roland Garros Rafa Nadal. In un mondo come quello attuale che si muove alla velocità della luce rischiamo di non mettere a fuoco, con la dovuta enfasi, l’enormità dell’impresa compiuta dal fenomenale spagnolo. Alcune incertezze di Rafa nella campagna primaverile sul rosso e sulla scorta delle indicazioni arrivate dal Foro Italico alla vigilia del torneo di Parigi, davano a Nole Djokovic i favori del pronostico e anche le indicazioni sullo stato di forma dei giocatori dopo la prima settimana vedevano il serbo come il più centrato nei colpi e il più brillante dal punto di vista fisico. Ma la prova dello Slam è lunga e tortuosa e per i top player risulta vitale trovare le giuste sensazioni con i colpi e un perfetto stato psico-fisico nelle fasi conclusive. Però prima bisogna passare il turno attraverso giornate fredde, umide e ventose districandosi tra campi lenti e palle pesanti, per poi affrontare il caldo afoso e il sole battente, gestendo terreni duri e palle leggere. E’ nel superare brillantemente queste difficoltà che si vede il campione. E in questo Rafa non teme rivali. Djokovic è, adesso, l’unico avversario in possesso dei requisiti tecnici necessari (profondità, consistenza e pesantezza di palla) e quelli fisici (elasticità e resistenza allo sforzo) per metterlo alle corde, ma per riuscirci deve esprimersi al 100%. Inutile negarlo: la chela mancina nel tennis è un fattore molto importante, ma non determinante. Tecnicamente, ad esempio, il servizio ha raggiunto percentuali altissime con nuove traiettorie, il rovescio mostra sicurezza e profondità, il dritto da ogni posizione produce quasi sempre vincenti e smorza i tentativi difensivi degli avversari. Da segnalare infine i continui progressi in fase di avanzamento dove con gli anni ha affinato il gioco al volo. Il reality non finisce qui, perché Rafael e Nole sono i più forti. Ma Rafa lo è un po’ di più
Da Borg a Nadal la metamorfosi
Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 10.06.2014
Da Borg a Nadal, dai mitici anni ’70 all’iperbolico terzo millennio. Da un Cannibale all’altro. Nell’abbraccio di domenica pomeriggio sul centrale del Roland Garros è come precipitata la storia del tennis: ‘IceBorg’ ha consegnato il trofeo al ‘Nino: passandogli anche simbolicamente le consegne. Perché Bjorn e Rafa non sono solo i due più grandi specialisti della terra battuta della storia – 6 titoli a Parigi per lo svedese, 9 per lo spagnolo – ma anche due dei più grandi tennisti in assoluto, senza distinzioni di superficie. I cinque Wimbledon vinti da Borg, i due di Nadal che ha trionfato due volte anche a New York e una in Australia, stanno ll a dimostrarlo. Simili, eppure diversissimi. «Borg è l’uomo che ha cambiato il nostro sport – ha riconosciuto Nadal – tutti noi dobbiamo essergli grati». IL SORPASSO. Domenica l’erede ha definitivamente superato l’antenato vincendo il quinto Roland Garros consecutivo – Borg era arrivato a quattro -, le loro storie restano però divise da un solco che le rende insieme parallele e non paragonabili: il Tempo. «Non è possibile dire chi sia’ stato il più grande fra Borg e Nadal perché hanno vissuto in epoche troppo lontane», spiega Paolo Bertolucci, ex n.12 del mondo proprio ai tempi di Borg’e voce di Sky. «Racchette, materiali, superfici, sistemi di allenamento, tutto è cambiato. Anche i dettagli minimi: le scarpe, visto che quelle di oggi vanno da sole; le corde, le palle – noi giocavamo con delle Tretorn durissime. Nessuno di noi girava con il preparatore atletico, e prima di scendere in campo mangiavamo un filetto. Oggi hanno il nutrizionista…». Sia Borg sia Nadal sono stati però capaci di rivoluzionare il tennis del loro tempo. I due “imperatori del top-spin” come li definisce Luca Bottazzi, n.133 del mondo nel 1985, oggi commentatore di Eurosport e Sky e scienziato del tennis. «In realtà Borg non metteva cosa tanto top-spin nei colpi, perché le racchette di legno non lo consentivano. Basta pensare alla seconda palla di servizio: McEnroe attaccava quella di Borg, perché non “saltava; oggi la seconda di Nadal arriva in tribuna. Le somiglianze però vincono sulle differenze. «Tanto che li unisce una linea di “sangue”di eccellenza nella quale non entrano altri grandi “ferraioli” come Lendl, Vilas, o Muster», continua Bottazzi. «Borg e Nadal sono stati senza dubbio i due più grandi atleti della storia del tennis. Borg era una gazzella (ai tempi battè anche il primatista mondiale dei 400 ostacoli Edwin Moses in una gara di mezzofondo, ndr), un atleta naturale, Nadal è più costruito. Tutti e due sono ottimi servitori ed eccellenti risponditori. E tennisti intelligenti, capaci di evolversi, di utilizzare più “modelli di gioco” Perché entrambi hanno imparato da n. 2 del mondo: McEnroe e Federer sono sempre stati uguali a se stessi, mentre il Borg che ha vinto la prima volta a Parigi nel ’74 non era lo stesso che ha sorpreso tutti con il servizio a Wimbledon nel ’79, e anche Nadal ha adattato il suo gioco per vincere sul cemento. Rafa ha inventato il tiro alto forte: lui colpisce la palla alta perché rimbalzi alta, con una parabola particolare. Entrambi poi hanno stravolto 11 tennis dal punto di vista psicofisico: Borg, come Nadal, aveva la straordinaria capacita di giocare nel presente. E di accettare l’errore, in modo che non lasci traccia». AMORE. Borg si è però ritirato a 26 anni, nell’83, tentando poi un fallimentare rientro nel ’91. Rafa, a 28 anni, ha raggiunto Sampras a quota 14 Slam e non ha nessuna intenzione di fermarsi. «Se vogliamo usare uno slogan – conclude Bottazzi – possiamo dire che conta l’amore: Rafa ama di più il tennis di Borg». Bjom il freddo si è fermato a 11 Slam, Rafa il caldo, secondo Mats Wilander vincerà almeno altri due Roland Garros