Bolelli, che ingiustizia tradito da troppa attesa dopo aver quasi vinto (Clerici), Lopez nega il 4 turno agli Usa dopo 103 anni (Marianantoni), Dimitrov, il baby Federer non è più maledetto (Semeraro), Bolelli, che peccato. E Nadal fa il ladro di secondi (Lombardo)

Rassegna stampa

Bolelli, che ingiustizia tradito da troppa attesa dopo aver quasi vinto (Clerici), Lopez nega il 4 turno agli Usa dopo 103 anni (Marianantoni), Dimitrov, il baby Federer non è più maledetto (Semeraro), Bolelli, che peccato. E Nadal fa il ladro di secondi (Lombardo)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

 

Bolelli, che ingiustizia tradito da troppa attesa dopo aver quasi vinto

 

Gianni Clerici, la repubblica del 1.07.2014

 

Era ora l’attesa è finita Quella di Simone Bolelli, voglio di, che è rimasto due giorni ad aspettare invano la continuazione di un match che significava molte cose per lui Giocava, Bolelli, contro Kei Nishikori, il giapponese che dopo 80 anni tenta di riportare nella storia il tennis del suo paese, dopo che ci aveva pro- vatti, negli Anni ’30 il suo antenato Jim Satoh, tipo tanto interessante che mi indusse alla ricostruzione di un racconto scritto sudi lui da Big Bill’ISlden. Uno che disse ai suoi avversari: se volete dimostrarmi che mi potete battere, venite in America, come io son venuto e a Wunbledon. Ma di Satoh stavo scrivendo che, vero samurai, si suicidò buttandosi da una nave, fosse per delusioni tennistiche mentre veleggiava alla volta dell’Europa nel 1933. Un papà abbiente inviò Nishikori jr presso un oriundo italiano, Nick Bollettieri, ora più americano dei ‘Dago face”, gli emigrati pronti con il pugnale, e cioè la daga, che i poveracci tenevano sempre pronta come capita a molti emigrati Quando arrivò alla Bollettieri Academy il mio amico Nick lo ribattezzò Project 45. e cioè progetto per raggiungere il n. 45, com’era accaduto negli Anni ’90 a Suzo Matsuoka, il giapponese meno peggio dopo Satoh. Ma par giusto parlare di Bolelli, più vicino, di Bologna, qualificato come lucky loser, e cioè ripescato dopo aver fallito l’ultimo turno di qualificazioni. Giunge in 3 turno, battendo il giapponesino Tatsuma, poi il buon tedesco di Germania Kohlschreibere, contro il giapponese, riesce a portarsi in vantaggio per 65 e 3 volte a 2 punti dal match nel 4 , giocando come la prima volta che lo vidi, 10 anni fa, e cioè da grande speranza. Due giorni per riprendere un match quasi vinto sono tanti, perché bisogna cancellare il ricordo di una vittoria sfiorata, e aver la forza di vincere, di fatto, una seconda volta. Un match di tennis che ricomincia 3 paria13 è un po’ simile a una insolita partita di “best of three games’, distanza che può rappresentare un match per bambini under4. Forse anche, scrive un mio vicino, cosa simile a un match di football risolto con i rigori. In una faccenda simile è indispensabile andare subito in vantaggio, e Simone era riuscito anche in questo, raggiungendo nei primi 4 scambi il 15-40, beninteso sulla battuta del giapponesino. Ma proprio li gli è accaduto qualcosa che è andato oltre due rovesci sbagliati. Gli è accaduto di aver pensato all’ingiustizia di dover rigiocare una partita (quasi) vinta, una partita che, nelle ultime 48 ore non era riuscito a risolvere. E quindi, un sicuro talento giovanile, vittima di infinite traversie umane e sportive, non è riuscito a riguadagnare una classifica dignitosa, se non dopo averd mostrato che valeva corto di più delle risultanze del computer. In questo lunedì, ancora vittima delle shower, cioè delle goccce (di pioggia) c’è solo la sorpresa che mi comunicano quasi increduli i miei amici americani, l’ assenza di uno solo dei loro o delle loro in 4 turno, dal lontano 1911. Segno indubbio che il passato di questo gioco appartenesse solo agli anglosassoni, mentre si tratta ora di uno sport davvero mondiale. Uno sport diverso, che richiede ormai un inizio alla Montessori, e fa si che i campioni del futuro debbano forzatamente essere semianalfabeti

 

 

Lopez nega il 4 turno agli Usa dopo 103 anni

 

Luca Marianantoni, la gazzetta del 1.07.2014

 

Per la prima volta dal 1911 Wimbledon è senza tennisti americani — uomini e donne — agli ottavi. L’ultimo a lasciarci le penne è stato John Isner, battuto da Feliciano Lopez, a dispetto di 52 ace: il sesto bottino più cospicuo di sempre, il quarto a Wimbledon dopo i 113 dello stesso Isner e i 103 di Mahut nello storico incontro del 2010 e i 54 di Gary Muller nelle qualificazioni 93. Prima di Isner, un problema muscolare alla coscia sinistra aveva impedito a Madison Keys di scendere in campo per la prosecuzione del match sospeso sabato contro la Shvedova. Un brutto colpo se si considera che, al via, c’erano 23 Usa, 13 donne compresa la 1 del mondo Serena Williams, e 10 uomini alla ricerca di un titolo che manca dal settimo sigillo di Sampras del 2000. Lo scorso anno non c’erano americani al terzo turno nel singolare maschile e solo Sloane Stephens riuscì a spingersi nei quarti prima di venir spazzolata da Marion Bartoli. Mentre Repubblica ceca ha 3 donne ai quarti, la Spagna ha 3 uomini nel maschile, il Canada è ben rappresentato sia nel maschile (Raonic) che nel femminile

 

Stefano Semeraro, la Stampa del 1.07.2014

 

Dimitrov, il baby Federer non è più maledetto

 

Una cosa alla Federer ieri l’ha fatta: una demivolée vincente in mezzo alle gambe all’inizio del secondo set contro Leonardo Mayer, un’acrobazia bulgara appena prima della pioggia. Del resto è per questo che Grigor Dimitrov da sempre gira con un’etichetta incollata addosso – baby Federer, il nuovo predestinato. Il genio originale ha 33 anni, vive un tramonto splendido ma ormai inclinato, il tennis è alla ricerca di una reincarnazione ea23 enne Grigor è il buddha ideale. Gran braccio, faccia da Hollywood, un passato un filo maledetto – nel 2010 si beccò anche 2000 dollari di multa per aver spintonato un giudice -, persino una fidanzata glamour come Maria Sharapova. Fino a un anno fa sembrava più fumo che arrosto, ma da qualche mese ha cambiato marcia. Si è trasferito a Los Angeles per stare vicino a Masha, ha messo la testa a posto. «Era tempo che combinassi qualcosa di meglio», ha detto qui a Londra, dove battendo il brasiliano in tre umidissimi set (6-4 7-6 6-2 con due interruzioni per pioggia) si è guadagnato i suoi primi quarti a Wimbledon. «E quest’anno credo di aver dimostrato di essere cresciuto sia come uomo sia come tennista». D suo 2014 è già ricco: tre tornei vinti su tre superfici diverse – ad Acapulco sul cemento, a Bucarest sulla terra, al Queen’ due settimane fa sull’erba – e un best ranking da numero 12 del mondo. Oggi è 13, ma il bersaglio sta molto più in alto. «Quando mi ha telefonato per chiedermi di allenarti – spiega Roger Rasheed, il muscolatissimo coach con un passato nel football “aussie rules” – mi ha detto che vuole diventare il n1 del mondo. Lo tengo sott’occhio da quando aveva 16 anni, ha un grande potenziale, tutti sono convinti che sia il nuovo Federer, ma è presto per paragonarlo al più grande di sempre». Difficile anche paragonare un ragazzino cresciuto nella derelitta periferia bulgara di Khaskovo al figlio della borghesia ricca di Basilea, ma in fondo anche Federer da piccolo spaccava racchette, si tingeva di verde i capelli e tendeva allo scialo. Roger mise la testa a posto attorno ai 22 anni, Dimitrov ci sta provando. «Ho capito che ce la può fare quando in allenamento l’ho spinto oltre ogni limite – sostiene Rasheed – e negli occhi gli ho visto la luce giusta». Occhio, Mister Murray.

 

Bolelli, che peccato. E Nadal fa il ladro di secondi

 

Marco Lombardo, il Giornale del 1.07.2014

 

Venti minuti o venti secondi. E questione di prospettiva, soprattutto seti chiami Simone Bolelli e a quasi 29 anni ti ritrovi a Wimbledon, con una nuova vita all’orizzonte. Ma diventa una questione quasi di Stato anche se ti chiami Rafa Nadal egli avversari cominciano a pensare che qui sull’erba fai di nuovo maledettamente sul serio. Così ecco che nel tennis il tempo ha una diversa dimensione, venti minuti o venti secondi possono cambiare un destino. E decidere la sorte di un torneo. Per Bolelli i venti minuti sono stati quelli per finire la partita con Kei Nishikori, con due palle break nel primo game dopo la ripresa ma tanti pensieri, perché fermarsi 3-3 al quinto set di venerdì sera e ricominciare tutto il lunedì mattina vuol dire un weekend con troppe cose in testa: «E in effetti la pressione doveva essere tutta su di lui, visto che è numero 12 del mondo. Ma due giorni di stop sono lunghi per non pensare alla grande occasione avuta alla fine del quarto set prima dell’oscurità. Così mi sono ritrovato in campo con le gambe un po’ molli e il rovescio fuoriposto». Il risultato finale è che – passate quelle due occasioni per strappare subito il servizio al piccolo samurai («Però lì è stato bravo lui») – la partita è girata subito e in venti minuti Bolelli si è ritrovato a parlare della grande occasione sfumata ma di un futuro più sereno: «Gli ottavi di finale sarebbero stati un sogno, però va bene così: ho sempre creduto in me stesso e sempre pensato che sarei potuto tornare a buoni livelli. Ora probabilmente me ne vado a San Benedetto per cercare di conquistare gli ultimi punticini per entrare di diritto nel tabellone degli Us0pen». Poi ci sono i venti secondi di Ra-fa, quelli che dovrebbero passare al massimo tra un punto e l’altro della partita e che invece – secondo gli avversari – quando batte lui sono molti di più. Il caso sta diventando diplomatico, soprattutto perché l’accusa è che gli arbitri lascino fare e molto di più perché ci si è messo di mezzo pure Federer, in attesa di scendere in campo oggi contro Robredo. E si sa, certe amicizie scricchiolano per molto meno. Nadal – sapute le parole dello svizzero («Certe cose rovinano le partite e danneggiano la popolarità del tennis») – ha replicato inarcando il sopracciglio, quello che fa insomma quando è davvero arrabbiato: «Mi sono fatto dare i numeri degli ultimi anni e mi sembra che sia accaduto proprio il contrario. Non mi sembra che metterci più o meno di venti secondi danneggi qualcosa. Certo: quando parla Federer, parla Federer. Ma siccome qui adesso parlo io, vi dico allora che probabilmente Djokovic ci mette molto più di me. E nessuno dice niente». In pratica: alla fine della seconda settimana di Wimbledon l’unico tempo che conta è quello del giudizio. Senza italiani, ma con un Nadal che fa paura.

 

 

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