Serena e McllRoy cuori da numero 1 (Cazzetta), Il ritorno di Serena in trionfo. Fantasmi scacciati (Crivelli), la Williams torna Serena (Semeraro), Re McIlroy tra corna e record. Il golf è una questione di tenniste (Piccardi)

Rassegna stampa

Serena e McllRoy cuori da numero 1 (Cazzetta), Il ritorno di Serena in trionfo. Fantasmi scacciati (Crivelli), la Williams torna Serena (Semeraro), Re McIlroy tra corna e record. Il golf è una questione di tenniste (Piccardi)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

 

Serena e McllRoy cuori da numero 1

 

Stefano Cazzetta, la gazzetta dello sport del 5.08.2014

 

Due immagini: le lacrime di Serena Williams che abbandona Wimbledon, sconfitta da un misterioso virus, e Rory Mcllroy che al Masters 2011 cede al pianto dopo aver scaraventato la pallina (e di conseguenza la vittoria) tra le ville della buca 10 di Augusta. Momenti di umanissimo sconforto, punti di svolta di una storia e di una carriera: si può ripartire o incartarsi nell’autocommiserazione. I campioni con Dna certificato imboccano la prima strada. Serena è tornata, ha vinto e ha festeggiato la settimana numero duecento da numero 1 del tennis femminile. E’ tornata a sorridere e a risplendere di potenza e avvenenza, tecnica e tenacia. Le altre, le rivali, ci sono, ma devono accomodarsi in sala d’attesa. Rory invece è tornato numero 1 proprio nel giorno in cui Woods, Tigre ferita, ha dovuto abbandonare la scena per un nuovo problema alla schiena. Sceneggiatura perfetta per un passaggio di consegne annunciato da tempo, da quando quel ragazzo nordirlandese dai modi gentili ha fatto irruzione tra i grandi con tutta l’esuberanza e l’incoscienza della sua giovane età. Rory è un predestinato, come Tiger. Ha la stessa propensione all’estremo: uno swing unico e inimitabile, una potenza devastante. E ora anche una precisione millimetrica nei colpi alla bandiera. Rory, come Tiger, piace: crea interesse, fa proseliti, muove soldi. Ecco perché la Nike gli ha fatto un contratto decennale da 250 milioni di dollari. La multinazionale dell’Oregon, che aveva già Tiger in scuderia, ha giocato d’anticipo, scritturando anche l’erede. Reggerà la pressione Rory? Ritto lascia pensare di sì: quello attuale è un atleta che ha limato gli spigoli del suo gioco senza, però, snaturarsi. La sua strategia era è resta l’attacco. Proprio come Tiger. E, forse, il colpo di teatro del distacco dalla Wozniacki, alla vigilia del matrimonio, lo ha anche liberato di una responsabilità che sentiva troppo grande: non si vincono per caso Pga Championship, British Open e Bridgestone Invitational in poco più di 2 mesi. Nel golf, se in una stagione vinci una volta sei bravo, a 2 sei un talento, a 3 un campione. Oltre, sei Tiger…. Ora incombe l’ultimo major stagionale, il Pga. Rory lo ha già vinto. Se lo guardi in faccia, è meglio non scommettere.

 

Il ritorno di Serena in trionfo. Fantasmi scacciati

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 5.08.2014

 

Serena è come Lazzaro. Quante volte, nonostante il buio di crisi all’apparenza insormontabili, si è rialzata rimettendosi in cammino fino a ritrovare la strada per spadroneggiare da regina. E poi, ci sono posti che ti avvolgono di magia, restituendoti consapevolezza ed energia vitale. Soddisfatta ma… Nel 2011, sul cemento di Stanford, la minore delle Williams, precipitata oltre il centesimo posto in classifica dopo aver rischiato di morire per un’embolia polmonare e una misteriosa infezione a un piede, riscoprì il gusto della vita e della battaglia conquistando il torneo contro la Bartoli. Domenica, sotto lo stesso sole californiano, ha cancellato l’ultima immagine, tragica e al contempo imbarazzante, che il mondo aveva di lei, quei quattro giochi in doppio con la sorella Venus a Wimbledon segnati dallo sguardo perso nel vuoto e i movimenti da automa sgonfiato causa virus ignoto. Serena ha rivinto, evviva Serena. Il 61 trionfo sul circuito, ottenuto battendo in tre set la Kerber, è il segnale di fumo della nuova resurrezione, il marchio del ritorno della sovrana a meno di un mese dagli Us Open: «Finalmente sento di essere sul giusto sentiero. Certo posso giocare molto meglio, non ho servito bene, non ho ottenuto tutti i punti sulla risposta che volevo, ma sto tornando ed è quello che conta». A Stanford, dove non perde da quel 2011 (rivinse l’anno dopo e nel 2013 non partecipò), la numero uno del mondo ha sempre perso il primo set fino alla finale, crescendo di condizione nel corso dei match e della settimana: «Wimbledon è stato uno choc, ma mi sono allenata bene per tutto l’anno e il lavoro paga sempre. Contro Angelique, in un battito di ciglia, ero sotto 5-1, ma sono rimasta positiva, pensando solo a un punto dopo l’altro». Due volte cento Accanto al sapore ritrovato del successo, la vincitrice di 17 Slam festeggia anche la sontuosa meta delle 200 settimane in vetta alla classifica, quinta di sempre dietro Graf (377), Navratilova (332), Evert (260) e Hingis, ormai vicinissima, con 209. Un consesso divino nel quale la Williams sembra trovarsi decisamente a suo agio: «Divertente essere in questo gruppo, ma io non sono uguale a nessun’altra, io sono solo me stessa». Da Las Vegas, anche la primatista Graf applaude: «Un grande traguardo, meritato, perché rimanere così tanto a lungo in testa alla classifica in uno sport che si gioca tutto l’anno richiede sforzi mentali e fisici che possono consumarti. Io vivo nella città delle scommesse e sono sicura che la sua marcia continuerà e che vincerà altri Slam». Magari già a New York, dopo un 2014 in cui tra Australia, Parigi e Wimbledon non è mai andata oltre gli ottavi, senza contare l’inseguimento alla 18esima corona Major per agganciare Navratilova ed Evert: «Per tanto tempo sono rimasta ferma a 13 e a un certo punto pensavo di non riuscire a vincerne un altro, adesso mi mettete pressione con quest’altro numero, ma io penso soltanto al prossimo torneo, a fare bene a Toronto». Dove però stanno giocando gli uomini. Solo un lapsus freudiano?

 

La Williams torna Serena

 

Stefano Semeraro, il Corriere dello Sport del 5.08.2014

 

Dopo il ritiro e le polemiche di Wimbledon rientro ok a Stanford. «Sulla strada giusta» «Ce l’ho fatta nonostante non giochi ancora al meglio: sono quasi a posto» «Negli Slam di nuovo bloccata ma ci sono già passata: basta non pensarci» di Stefano Semeraro Serena Williams sta cercando di tornare Serena Williams: la pantera ruggente e pressoché imbattibile che tutti conoscono ma che quest’anno negli Slam si è clamorosamente smarrita fra gli ottavi persi in Australia con Ana Ivanovic, il secondo turno lasciato a Garbine Muguruza al Roland Garros, il terzo consegnato ad Alize Cornet a Wimbledon. Sul cemento californiano di Stanford, dove tornava in campo per la prima volta dopo la delusione e le polemiche dei Championships, l’americana ha ricominciato a graffiare, sfoggiando fra l’altro un grintosissimo polsino tigrato, ma non ha convinto del tutto. In finale ha battuto la n.7 Wta Angelique Kerber per 7-6(2) 6-3, rimontando da 1-5 nel primo set e annullando anche due set point sul 5-2 per la tedesca, ma la Keber vista da li in poi ha sciupato davvero troppo, vedi il doppio fallo-harakiri con cui ha concesso il 5-5 a Serena, e che ha virtualmente chiuso la partita. «Sento di essere di nuovo sulla strada giusta», ha spiegato la Williams alla fine. «Posso giocare meglio, visto che non ho servito al meglio e non sono stata incisiva come volevo alla risposta, ma sono quasi a posto». Ottimista come sempre. I numeri sono dalla parte della Number One, che a Stanford ha vinto il suo 4 titolo Wta dei 2014, il 61 della carriera, e in premio ha ricevuto oltre all’assegno anche un enorme orsacchiottone di pelouche. Si è rivista però, una giocatrice double-face: fallosa, ciondolante e incerta per tutta la prima parte del match, come spesso le è capitato quest’anno, poi di nuovo capace di lampi vecchia maniera. «In qualche modo è riuscita a cavarsela – ha commentato Chris Evert – e alla fine si è trasformata nella Serena che tutti conosciamo». La vittoria di Stanford è preziosa anche perché, grazie ai forfait di Na Li e Simona Halep a Montreal, Serena ora è infatti (quasi) sicura di restare comunque n.1 al termine degli US Open che iniziano il 25 di agosto (ed è già salita al n.4 nella classifica stagionale), e pub quindi godersi il traguardo appena raggiunto delle 200 settimane complessive da regina del ranking. «È un traguardo difficile meritato», ha commentato Steffi Graf, che guida il gruppo con 377 settimane – un record assoluto anche contando i maschi – davanti a Martina Navratilova (331), Chris Evert (260) e Martina Hingis (209). «Restare così tanto al vertice in qualsiasi sport ti consuma, ma sono sicura che Serena può ripartire da qui. Vincerà altri Slam? Vivo a Las Vegas e apprezzo le scommesse, quindi dico di sì». Ecco, il cruccio della 32enne Williams è proprio quello. L’ultimo Slam, il 17 , lo vinse a New York giusto un anno fa, poi sono state solo lacrime. «Mi era già capitato quando ero rimasta bloccata a 13», ha spiegato a Stanford. «Mi ripetevo: ‘Mio Dio, non arriverò mai a 14″ Poi ho capito che l’importante era rilassarmi, non pensare ai numeri, e ne ho vinto un altro. Ora devo solo ricordarmi di esserci già passata: se non succederà quest’anno, sarà l’anno prossimo». Per le quote, chiedere a Steffi Graf.

 

Re McIlroy tra corna e record. Il golf è una questione di tenniste

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 5.08.2014

 

Torna numero 1 scavalcando gli ex di Hingis e Ivanovic. Il nord irlandese affronta da favorito, e con una nuova girlfriend, l’ultimo Major della stagione. Mentre Tiger, bloccato dal mal di schiena, è in difficoltà Quando il promesso sposo di Caroline Wozniacki ha superato nel giro finale di Akron (Ohio) lo spagnolo per cui Martina Hingis aveva perso la testa, che lo precedeva di tre colpi dopo 54 buche, mettendosi in saccoccia il Bridgestone Invitational e scalzando l’ex moroso di Ana Ivanovic dal trono di numero uno del mondo, tutti abbiamo pensato che si trattasse di una questione di letti o, nella migliore delle ipotesi, di una faccenda di tennis. E invece no. Rory Mcllroy scalza Adam Scott dalla vetta del golf grazie al clamoroso recupero su Sergio Garcia (265 contro 267 alla fine) e la vera domanda che s’impone è: perché le tenniste trovano così irresistibile questa genia di atleti che nel 2014 ama ancora i pantaloni con le pince, le scarpe con la frangetta e una certa tendenza alla pinguetudine che il nuovo re, dall’Irlanda con furore, combatte postando su Twitter valanghe di video in cui suda in palestra, solleva pesi, si appende alla spalliera, sta in equilibrio sulla palla medica, insomma si fa bello per l’ultima innamorata, Sasha Gale o Nadia Forde, modellone entrambe, ancora non è chiaro. Di certo da quando ha lasciato la danese Wozniacki a un passo dall’altare, Mcllroy è rinato. Con la terza vittoria (incluso il British Open) da quando ha rotto con l’ex regina del tennis, giovedì arriverà a Valhalla (Kentucky) per il Pga Championship, ultimo Major della stagione, da grande favorito. E non è detto che sul green troverà Tiger Woods ad aspettarlo. La Tigre attempata, imborghesita dalla love story molto mediatica con la sciatrice americana Lindsey Vonn, ad Akron è stata costretta al ritiro: all’inizio della nona buca, dopo un colpo eseguito a ridosso di un bunker, Woods ha avvertito forti dolori alla schiena, ha chiamato la golf car e si è fatto portare via come un pacco recapitato al destinatario sbagliato, lasciando dietro di sé una scia di dubbi sul futuro. «Quando ci rivedremo sul campo? Non lo so. Per ora voglio sono andarmene da qui» ha detto dirigendosi verso l’infermeria. Libero di stato civile, testa e cuore, Mcllroy è nella forma della vita: «Sul green non mi sono mai sentito così a mio agio. Fisicamente sono in forma, mentalmente mai stato così concentrato come a Firestone: ho giocato l’ultimo giro come se fosse il primo. Senza sforzo, senza pressione. Come se fosse la cosa più normale del mondo». Meglio di due anni fa, quando conquistò il Pga Championship con otto colpi di vantaggio. «Rory è sensazionale: non ho mai visto nessuno in vita mia colpire la palla come ha fatto lui a Firestone — ha commentato Tony Jacklin, due volte vincitore di un Major (British Open ’69 e Us Open ‘7o) —. E una spanna sopra tutti gli altri. Mi ricorda il modo in cui Jack Nicklaus dominava il golf ai suoi tempi. Credo che, con questo stato di forma, Mcllroy possa continuare a dettare legge quanto a lungo vorrà». Come se fosse facile mollare una tennista a partecipazioni di nozze spedite e poi ritrovarsi davanti a una birretta con i rivali battuti a parlare di corna, femmine pericolose e doppi misti scoppiati.

La curiosità. La pallina e l’anello col diamante Anni fa organizzarono una partita di golf tra presidenti (ed ex presidenti) americani: Clinton, Bush Sr e Reagan. Reagan si rivelò subito il più pericoloso dei tre, i suoi colpi finivano spesso fuori percorso e a ogni spettatore colpito il vecchio Ronald si faceva delle grandi sghignazzate. Anche allo spagnolo Sergio Garcia, domenica a Akron, è capitato di colpire, con un colpo di 200 metri, una spettatrice, ma la sua reazione è stata molto diversa da quella dell’ex presidente. Si è precipitato a chiedere scusa alla signora e le ha regalato la pallina autografata. Ma non basta: la tifosa portava alla mano sinistra un anello con un diamante (nelle foto), distrutto dalla palla tirata da Garcia. Il diamante è stato fortunatamente ritrovato e il giocatore si è impegnato a pagare la riparazione del gioiello.

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