Djokovic è troppo forte. la Pennetta è cotta (Martucci), Agassi il ribelle Ha vinto tutto vivendo tre volte (Marianantoni)

ATP

Djokovic è troppo forte. la Pennetta è cotta (Martucci), Agassi il ribelle Ha vinto tutto vivendo tre volte (Marianantoni)

Pubblicato

il

 

Rassegna a cura di Daniele Flavi


Djokovic è troppo forte. la Pennetta è cotta

 

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 3.11.2014

 

Vincono, ancora, le donne. Fatte le debite proporzioni di blasone fra l’ultimo Masters 1000 della stagione a Parigi-Bercy (coi più forti del mondo) e il Masters B di Sofia (con le seconde 8 meglio classificate, che hanno vinto un torneo International), regalano più spettacolo e pathos Andrea Petkovic e Flavia Pennetta nella loro finale, rispetto a quella di Novak Djokovic e Milos Raonic. A dispetto degli ingredienti, tutti giusti e stuzzicanti di entrambe le sfide. Perché il più giovane dei protagonisti, il 23enne bombardiere di bandiera canadese manca all’appello, dopo i colpacci contro Federer e Berdych. Mentre la picchiatrice bosniaca naturalizzata tedesca e la brindisina — che comunque chiuderà oggi l’anno come prima italiana nella classifica mondiale, scavalcando Sara Errani al numero 13 —, si esprimono per due ore e 10 minuti secondo le proprie caratteristiche. La differenza la fanno la superficie veloce indoor e i 27 acini contro 32, delle protagoniste, tutt’e due reduci quest’anno da infortunio (spalla e schiena per la tedesca, polso operato per l’italiana, promossa a Sofia da una wild card). Perché, dopo tanta corsa e tanta attenzione per attenuare la potenza dell’avversaria, Flavia cede proprio di gambe. Come dice il calo dal 2-0 al 2-2 del terzo set, e quindi la volée di rovescio che sbaglia a rete sul 3-3. Come il doppio fallo decisivo, quasi liberatorio sotto gli occhi dei genitori: «Adesso vacanza, volo via, non dico dove». Mentre la Petkovic sabato e domenica gioca la finale di Fed Cup a Praga contro le ceche. Forma A Parigi, Raonic vince fino al via dell’ultimo match, qualificando il primo canadese di sempre al Masters coi primi 8 del mondo da domenica al 16 novembre alla 02Arena di Londra. Poi però, in finale, sbatte da subito contro la risposta di Djokovic, scivola 0-3, e non trova più scampo dal dritto del serbo. «Novak ha giocato un gran tennis, neutralizzando bene il mio servizio, anche se sono riuscito ad aprimi un po’ il campo sulla parte sinistra, si è mosso sempre molto bene, mi ha sempre giocato profondo e non mi ha dato tinto spazio, rendendomi sempre la vita difficile», ammette frustrato l’allievo di Piatti e Ljubicic che comunque festeggia il primato di più giovane fra i «top ten». «Proprio in finale, quando ne avevo più bisogno, ho giocato il miglior match della settimana, trovando tante volte la risposta. Ora vedo meglio la battaglia per il numero 1, prima dell’ultimo torneo dell’anno, al Masters….

 

Agassi il ribelle Ha vinto tutto vivendo tre volte

 

Luca Marianantoni, la gazzetta dello sport del 3.11.2014

 

Il terzo appuntamento con «I grandi del tennis ai raggi x» è dedicato alla favola che ha per protagonista Andre Agassi. Con i capelli ossigenati, l’orecchino, il parrucchino, i pantaloncini di jeans e le magliette coloratissime, Agassi ha sconvolto a fine anni 80 il compassato mondo del tennis in cui John McEnroe, Ivan Lendl e Boris Becker erano i padroni del mondo. Tripla vita La sua storia è un romanzo che svela una carriera sorprendente, ma anche una vita che da fiume in piena si trasforma, con l’amore per Steffi Graf, in una placida navigazione. Andre Agassi è il campione che ha vissuto tre volte: gli inizi delle scoppiettanti vittorie da teenager, il periodo intermedio dei sogni e delle conquiste irrealizzate, infine l’età che lo consegna all’immortalità e alla leggenda dello sport. Padre padrone Thtto ha inizio nella mente di Mike, il papà di Andre, pugile iraniano che lascia la patria d’origine per tentare fortuna negli States. Dall’unione con Elizabeth Dudley, conosciuta a Chicago, nascono 4 figli, l’ultimo dei quali è Andre. Mike ha un progetto chiaro, lo stesso che verrà riproposto un decennio più tardi da Richard Williams per Venus e Serena. I balocchi del figlio sono sempre gli stessi: una pallina da tennis e una racchetta. Ancora sdraiato nella culla, ancora seduto sul seggiolone, Andre inizia a schiaffeggiare, con una racchetta da ping pong i palloncini che Mike prepara per il figlio: poi il piccolo inizia a tormentare, a colpi di pallina, le pareti di casa. A 4 anni palleggia con Jimmy Connors, a 10 si allena con Bjorn Borg. Tutto progettato ad arte, da Mike, come la macchina landa-palle capace di sparare 3000 palline all’ora invece delle consuete 1000. Mentre i bimbi della sua età giocano a nascondino, Andre tutti i giorni colpisce una pallina da tennis ogni due secondi. A 13 anni, con un carattere aggressivo e spavaldo, approda finalmente alla corte di Bollettieri, famoso per sfornare talenti precoci, ma anche incompleti. Nel 1986 decide di fare il grande salto, debuttando tra i professionisti nel torneo californiano di La Quinta. Il mondo scopre il Kid di Las Vegas, il Flipper che anticipa tutti i colpi, come fosse ossessionato da concludere ogni incontro il prima possibile. Vlnoitutto A casa Agassi, nel salone della villa di Las Vegas, ci sono raccolti, in pochi metri quadrati, tutti i trofei possibili della storia del tennis: è il solo uomo al mondo (Steffi Graf, sua moglie, e Serena Williams le donne) a possedere una collezione del genere. A Roger Federer, tanto per citare l’uomo dei 17 Slam, manca la Coppa Davis, che può vincere tra 2 settimane, e l’oro ai Giochi Olimpici nel singolare, almeno fino a Rio de Janeiro 2016. Ci sono ad esempio la coppa di Wimbledon (1992), vinta tra lo stupore generale soffiandola all’ultimo istante a Goran Ivanisevic, ci sono due trofei degli US Open (1994 e 1999), il primo dei quali conquistato battendo 5 teste di serie quando all’epoca ne venivano designate 16 e non 32. Di Agassi si ricorderanno le battaglie con Sampras e i duelli con l’odiato Becker, i rovesci lungolinea e le risposte aggressive, ma anche le storie d’amore con Brooke Shields e Barbra Streisand, la fondazione a lui intitolata che raccoglie ogni anno milioni di dollari per i bambini disadattati. E la biografia «Open», che mette a nudo il rapporto ostico con il padre e l’odio provato per il tennis. Ventun’anni di carriera vissuta all’ultimo respiro, chiusa (US Open 2006) con la più lunga standing-ovation che la storia ricordi

 

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement