Rassegna a cura di Daniele Flavi
L’eroe perduto
Gianni Clerici, la Repubblica del 10.11.2014
Pochi mesi dopo il referendum, in cui la Lega di Matteo Salvini sfiorò la maggioranza per l’indipendenza del lombardo veneto, il numero uno italiano, Ambrogio Brambilla, si ritrovò in campo contro Kei Nishikori, il miglior tennista contemporaneo japponese, al Foro Italico. Aveva, Brambilla, resa nota la sua preferenza regionalistica, sottolineando il suo voto, e giustificandolo con più di una buona regione. Andò a finire che i Leghisti non superarono il 45%, e che di lì a poco più di un mese, Brambilla si ritrovò a Roma,. Sul Centrale del Foro Italico. Chi non era presente, non può immaginarsi quello che accadde . Tra il pubblico inferocito, che vedeva per la prima volta affratellati gli ultras della Roma e del Napoli, si distingueva Gerry a Carogna e, dopo il primo set perduto in un subisso di fischi, urla e lancio di oggetti fortunatamente impreciso, il povero Brambilla fu costretto al ritiro. Ben diversamente sono andate oggi le cose ad Andy Murray che, dopo aver difeso per ben 14 volte i colori della Gran Bretagna in Coppa Davis, dopo aver vinto l’Olimpiade del 2012 in difesa dell’UnionJack, dopo essersi addirittura ripetuto a Wimbledon, aveva trovato il coraggio, e secondo alcuni l’onestà, secondo altri l’irriconoscenza, di dichiararsi scozzese e non inglese. Da quell’avventurato 18 Murray lo scozzese da re di Wimbledon all’indifferenza questo settembre, Andy non era più sceso in campo nel Regno che avrebbe desiderato abbandonare, almeno da cittadino, e non ero io il solo ad essere incuriosito sulle possibili reazioni di un pubblico all’ottanta per cento inglese. Terminato un corretto battimani all’ingresso dell’ospite giapponese, ecco lo scozzese penetrare nell’arena, rivestito da un luttuoso abito nero antracite. E, dalle tribune, ecco scendere il suono di un applauso correttissimo, quasi caloroso, che sommergeva qualche fischio, non necessariamente britannico, ma possibile traccia di una presenza americana tra gli spettatori. Simile comportamento positivo, che faceva onore alla stragrande maggioranza del pubblico, si sarebbe via via affievolito per la prova non esaltante di Andy che, durante questa stagione, non sembra ritrovare l’ispirazione e il gioco che ne avevano fatto, due anni fa, l’erede del mitico Fred Perry, passato alla storia non solo per le magliette, ma per ben tre Wimbledon vittoriosi. La vicenda Murray potrebbe interessare non solo il mio amico Scaparro, il grande psichiatra, ma chiunque rimanga perplesso di fronte al rendimento ondivago di un attore dello sport. Venerdì Andy dichiarò che avrebbe tentato di convincere chi non lo amasse, per ragioni politiche, a colpi di diritto. Ma purtroppo questo è stato oggi il suo colpo meno efficiente, con diciannove errori contro sette. Chi conosce Murray meglio dello scriba ritiene che la sostituzione della figura paterna, pallida nei confronti della mamma Judy, con Lendl, abbia tuttavia riprodotto il copione famigliare, con qualcosa di molto diverso di un happy end. E, per di più, che l’assunzione di un presunto coach quale Amelie Mauresmo sia stata un nuovo vano tentativo di chi non ha raggiunto, se non anagraficamente, la maggiore eta. Sarebbe ancor più superficiale non accennare a Kei Nishikori, e alla sua interpretazione del tennis brevettato da Nick Bollettieri, sin dai tempi in cui, visto vincere a Roma lo sconosciuto Jmmy Arias, Tommasi e io creammo l’apparente antifrasi “attaccante dal fondo”. .Un altro dei miei numeri uno» profetava quel fenomeno di Bollettieri, in un amichevole incontro londinese questa estate, al ristorante San Lorenzo. Non oso dargli torto, dopo che restai perplesso, ma prontamente smentito, di fronte a consimili dichiarazioni, ai tempi di Jim Courier e di Andrea Agassi. Come tutti i Bolletteriani Kei aggredisce la palla con il diritto, angola stretto il rovescio, ma impone soprattutto un ritmo tale da sfiatare l’avversario ancor prima di se stesso. Si ritrova su un’onda di entusiasmo che ha trascinato con lui non meno di una quarantina di colleghi, tanto inesperti da applaudirlo dalla tribuna stampa, e inesausti nel filmarlo. Si è sorpreso, come i suoi ammiratori, quando mi sono permesso di ricordargli che, prima di lui, era esistito un grande tennista giapponese, purtroppo suicida nel 1934, Jiro Sato. Ma nemmeno questo è parso turbarlo troppo. Probabilmente, Bollettieri ha più di una ragione. Mentre non mi resta, causa la maledetta ora legale, il tempo per chiedere cosa mai sia passato in testa ad un altro tennista, il montenegrino del Canada Milos Raonic. Reduce da una vittoria contro Federer a Parigi, Raonic ne ha subito una avvilente lezione di tennis in un primo set da conservare in cineteca. Pian piano, quella sorta di vittima, si è ripreso a bordate di servizi sui 230 l’ora, diritti da sinistra, rovesci che superavano alfine la rete. «Ora si ritorna a Bercy mormorava il mio vicino francese, all’inizio del tie-break. Incredibilmente, l’ottimo Raonic indossava di nuovo i panni del primo set, e con tre errori di diritto e una volti in rete faceva omaggio ad un Federer anch’egli dissimile da quello sublime della mezz’ora d’avvio. Forse domani riuscirò a capire.
Nishikori, che debutto e Federer si vendica
Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 10.11.2014
A che cosa servono i grandi ex come coach? La risposta è nel successo degli Australian Open di gennaio di Stan Wawrinka (coach Magnus Norman), nella finale degli Us Open di settembre fra Marin Cilic e Kei Nishikori, allenati da Goran Ivanisevic e Michael Chang. Proprio Michelino — il 17enne «made in Taiwan» che fece saltare i nervi a Ivan Lendl — è un protagonista decisivo, al via del Masters, dell’harakiri di Andy Murray. «L’avevo battuto tre volte su tre, ma Kei è sempre stato un avversario duro perché, da fondo, colpisce con grande anticipo e cambia molto direzione della palla. Ha molto talento. Non ha modificato tattica e colpi, ma ora gioca con più fiducia e quindi sfrutta di più le occasioni, è più aggressivo e continuo». Ora significa quest’anno, con 4 titoli Atp (dei 7 in carriera) e conseguente ingresso nei «top ten» (n. 5) e primo Masters alla 02 Arena di Londra, a 24 anni e 10 mesi. Ma significa anche Chang: «Parlando di Federer, Kei mi diceva che è il suo idolo, che è cresciuto col suo poster sul letto. Gli ho chiesto: “Come puoi pensare di battere qualcuno per il quale hai tanta ammirazione?”». Così il giapponese di scuola Bollettieri s’è svestito di tutto quel rispetto per i più grandi: «E’ vero, ne ho sofferto. E’ uno dei problemi dei giocatori asiatici: per battere i primi bisogna essere forti mentalmente». …..Risposta Dopo il primo schiaffo di Parigi-Bercy (contro sei vittorie di fila), Roger Federer, galvanizzato dal boato della folla all’ingresso in campo e dalla maglietta rossa/svizzera, ha risposto all’urto fisico del «nuovo Bum Bum», Milos Raonic, con un primo set da favola. Chiuso dopo 25 minuti con un 6-1 che l’allievo di Piatti&Ljubidc, malgrado un servizio anche a 233 chilometri l’ora, non rimediava indoor da Kuala Lumpur 2010 (con Andreev). Poi la partita è diventata più equilibrata. Fino allo sprint del 6 volte campione del Masters contro l’esordiente montenegrino di bandiera canadese: set point salvato servendo al sette, poi 6-6, e crollo del più giovane dei super 8, col 7-0 al tie-break del Magnifico. Che riceva dall’angelo custode, Edberg, il premio Gentleman Atp, intitolato a… Stefan.
Nishikori fa il samurai. Federer stende Raonic
Alberto Giorni, il Giorno del 11.10.2014
Le ATP Finals si aprono con una sorpresa: sul veloce indoor della 02 Arena, a Londra, il beniamino di casa Andy Murray cede 6-4, 6-4 a Kei Nishikori, che aveva perso i tre precedenti con lo scozzese e ribalta subito le gerarchie del girone B. Il successo poteva essere ancora più netto, perché nel secondo set il giapponese era in vantaggio 4-1; qui Murray ha tirato fuori l’orgoglio accorciando le distanze e accendendo il pubblico, ma nel decimo game, dopo aver chiamato il fisioterapista per un fastidio al polpaccio sinistro, ha perso ancora una volta il servizio e di conseguenza il match. Un inizio da sogno per Nishikori, 24 anni, che nei pronostici della vigilia avrebbe dovuto rappresentare la cenerentola del Masters al quale partecipano i primi otto giocatori del mondo. Invece il nipponico, all’esordio in questo prestigioso evento (e primo asiatico di sempre a parteciparvi) ha fatto capire di non aver raggiunto per caso la finale degli US Open, lo scorso settembre. Murray mastica amaro, anche se per la particolare formula delle Finals non è ancora eliminato, ma per proseguire l’avventura dovrà vincere le prossime due partite del suo girone. Non sarà facile contro un Federer in grande forma, che ieri nell’altro match del girone ha battuto il giovane canadese Raonic 6-1 7-6 prendendosi la rivincita dopo la sconfitta a Parigi di una settimana fa. Oggi in campo il gruppo A (diretta su Sky Sport 2): alle 15 Wawrinka-Berdych, alle 21 Djokovic-Cilic. Intanto in campo femminile la Repubblica Ceca conquista la terma Fed Cup in quattro anni superando 3-1 la Germania. Il punto decisivo, quello del 3-0, porta la firma di Petra Kvitova, che ha avuto la meglio su Angelique Kerber con il punteggio di 7-6(7), 4-6, 6-4. Grandi rimpianti per la tedesca, che nel primo set non è riuscita a sfruttare 6 setpoint e nel terzo era avanti 4-1.
Nadal in Spagna cura la schiena con le staminali
Pierluigi Molinaro, la gazzetta dello sport del 10.11.2014
È ciò che lo zio allenatore Toni ha rivelato. Una terapia di 5 settimane a Barcellona. Dubbi e sospetti. Rafa Nadal è sempre nella bufera, soprattutto quando non gioca. Così, mentre a Londra i migliori tennisti del mondo si giocano il Masters 2014, l’attenzione è ancora una volta sul ventottenne di Manacor, soprattutto sulle dichiarazioni dello zio allenatore Toni Nadal. Rafa, convalescente da un intervento di appendicite, si starebbe sottoponendo a Barcellona ad una terapia di cellule staminali per curare i dolori alla schiena emersi a gennaio dopo gli Open d’Australia. Una terapia che per cinque settimane non permetterà allo spagnolo di prendere in mano la racchetta. Primitive. Non sono ben definiti i dolori alla schiena: né la localizzazione precisa del problema, ne il tipo di patologia che si intende curare. Le cellule staminali, sono cellule immature primitive e non specializzate capaci di trasformarsi in altri tipi di cellule con funzioni specifiche. Hanno la proprietà di «autorinnovarsi». E alla medicina interessa soprattutto la «divisione asimmetrica», cioè la capacità di dividersi dando vita ad una nuova cellula staminale ed un’altra destinata a differenziarsi. Tali cellule si trovano nel midollo osseo, nel cordone ombelicale, nella placenta, ma pure nel sangue e nei tessuti adiposi. Il loro utilizzo in medicina è ancora altamente sperimentale e tutt’altro che standardizzato visto che ancora non se ne conoscono tutti i meccanismi genetici e biochimici, ma destano grandissime speranze soprattutto per quanto riguarda le terapie ricostruttive di tessuti che da soli non hanno la capacità di riprodursi, come ad esempio le cartilagini che rivestono le ossa. I preti E probabilmente è proprio questo che sta cercando Nadal, ma le sue assenze non sono mai passate sotto silenzio, anche perché ogni volta è tornato più forte che mai…..
Mistero Nadal futuro incerto
Angelo Mancuso, il messaggero del 10.11.2014
Su Londra aleggia un fantasma: è quello di Rafa Nadal, il grande assente delle ATP World Tour Finals. Il mancino spagnolo, che non ha mai vinto il Masters, nella seconda parte dell’anno ha giocato appena 12 match rimediando ben 5 sconfitte: dal ko a Wimbledon contro Kyrgios a quello di Basilea di fine ottobre per mano del 17enne Coric. Praticamente la stagione di Nadal si è fermata l’8 giugno, quando al Roland Garros ha conquistato il suo nono trionfo, un record inarrivabile. A fine luglio il crac in allenamento al polso destro: distacco della cartilagine articolare dell’ulna, un infortunio che lo ha costretto a saltare gli US Open. Il rientro dopo 3 mesi, poi il nuovo stop e l’operazione all’appendicite della scorsa settimana. Rafa detiene un primato difficilmente battibile: ha saputo risorgere 3 volte, tornando più forte di prima grazie ad un coraggio e una volontà straordinari. Troverà ancora la forza per una clamorosa quarta rinascita? RAFA E ZIO TONI Il cordone ombelicale che lo lega da sempre allo zio e coach Toni non sembra più così solido. «Il mio rapporto con Rafa è cambiato nel corso degli anni— ha ammesso Toni — prima era dipendente da me, ora è un uomo. Quanti anni continuerà a giocare? E se mi ritirassi prima io…». Al momento il distacco tra Rafa e Toni appare improbabile: il clan Nadal è sempre stato chiuso e rivoluzionare gioco e pensieri alle soglie dei 30 anni non avendolo fatto prima non sarebbe facile. LE GINOCCHIA Il pensiero comune è che i suoi problemi fisici siano dovuti a uno stile di gioco molto fisico e dispendioso. Vero solo in parte: fosse così come avrebbe potuto giocare l’enorme cifra di 851 match? I problemi di Nadal nascono nel 2004, quando 18enne e già tra i top 100 saltò Roland Garros e Wimbledon per una frattura da stress al piede destro. Tornò a sentire dolore sul finire del 2005: soffriva di una rara patologia congenita allo scafoide tarsale causata da una insufficiente calcificazione. La soluzione fu trovata: solette nelle scarpe per alleggerire la pressione sull’osso. C’era un rischio: le solette avrebbero potuto causare un squilibrio dannoso per le ginocchia. Nel 2009, turbato dalla separazione dei genitori (che poi sarebbero tornati insieme), Rafa avvertì le prime fitte alle ginocchia a Miami, subì a maggio la prima e sinora unica sconfitta in 10 partecipazioni allo Slam parigino per mano di Soderling e non poté difendere il titolo a Wimbledon. INIEZIONI DOLOROSE Il dolore andava e veniva e la soluzione non si trovava. Fino alla primavera del 2010, quando si recò, spinto dal padre Sebastian, a Vitoria, nei Paesi Baschi, per provare una nuova terapia da un luminare delle ginocchia, Mikel Sanchez. Nel suo libro «Rafa: la mia storia», scritto con John Carlin, si legge di «dolorose iniezioni senza anestesia»: plasma arricchito di proteine per stimolare le cellule a rigenerare i tessuti. È noto come PRP: fu necessario il permesso di utilizzarlo per uso terapeutico (la sostanza è stata a lungo oggetto di discussione alla Wada). I miglioramenti furono evidenti, ma non duraturi. Rosol lo eliminò al 2 turno di Wimbledon 2012, quindi lo stop di 7 mesi a causa della Sindrome di Hoffa, un’infiammazione del tessuto adiposo tra il tendine e la rotula del ginocchio sinistro. IL DIRITTO CHE CAMBIA Difficile tornare quello di prima, eppure Rafa nel 2013 è stato protagonista di una stagione strepitosa. Lo spagnolo aveva utilizzato i mesi di riposo forzato per modificare il dritto: ha cambiato movimento colpendo la pallina con maggiore anticipo e appoggiandosi soprattutto sul ginocchio destro per togliere pressione al martoriato ginocchio sinistro. Un piccolo capolavoro che in pochi hanno colto e che lo aveva riportato in vetta al ranking (attualmente è n3). A 28 anni e con 14 Slam in bacheca, Nadal è chiamato all’ennesimo miracolo di una carriera inimitabile.