Al femminile
La WTA “cattiva”: perfidie, dispetti e cadute di stile delle top ten

TENNIS AL FEMMINILE – Da Serena Williams a Maria Sharapova, da Simona Halep a Petra Kvitova, fino alla attuale numero dieci Dominika Cibulkova. Per ognuna delle prime dieci giocatrici del mondo episodi e situazioni di cui non andare particolarmente orgogliose
Prima o poi capita a tutte: il punteggio, le chiamate dubbie, la stanchezza, la carica agonistica, sono condizioni che rischiano di far perdere il contegno ideale su un campo da tennis. Ecco per ciascuna delle attuali top ten alcuni comportamenti di cui non andare particolarmente orgogliose.
1) Serena Williams
Foot fault
In una serata newyorkese di cinque anni fa Serena Williams è riuscita a far diventare famosa una giudice di linea. Shino Tsurubuchi, giapponese: questo è il nome della malcapitata scelta per sorvegliare la linea di fondo durante il servizio, e che chiamando un fallo di piede alla numero uno del mondo le fece perdere le staffe. Ancora oggi riconosco Tsurubuchi quando viene inquadrata in occasioni di chiamate particolari; ad esempio era al Masters ATP di qualche giorno fa.
US Open 2009, semifinale contro Kim Clijsters. Serena è indietro nel punteggio: 4-6, 5-6. Serve per stare nel match ed è sotto 15-30; sbaglia la prima di servizio e sulla seconda le viene chiamato foot fault: doppio fallo e 15-40. Serena reagisce malamente nei confronti della giudice di linea e l’arbitro le assegna un warning.
Però un warning Serena lo aveva già avuto in precedenza per aver rotto una racchetta al termine del primo set. Si tratta quindi del secondo richiamo, che diventa per forza un punto perso; sul 15-40 si trasforma automaticamente in sconfitta. In pratica Clijsters ottiene i due punti conclusivi del match senza aver bisogno di colpire una palla, da spettatrice attonita.
Il fallo di piede mette in moto una piccola catena di eventi disastrosi, che determinano la fine della partita e che avranno anche come strascico una multa di oltre 80 mila dollari.
Tra audio riascoltati mille volte e ricostruzioni del labiale, si è arrivati alla conclusione che Serena avesse detto alla giudice di linea all’incirca questo: “Ti infilo questa f*** pallina giù per la f*** gola”.
2) Maria Sharapova
Aspettando la seconda palla
E’ notizia recente: Maria Sharapova è la giocatrice più seguita su Facebook (quindici milioni di fan). Per quanto riguarda il social network americano nessun tennista (maschi inclusi) fa meglio di lei.
Il gradimento non è però altrettanto alto tra le colleghe: Sharapova in passato ha avuto qualche attrito con alcune di loro. Con Serena Williams, ad esempio, tramite conferenze stampa. O con Dinara Safina al Roland Garros. O con Ana Ivanovic a Cincinnati. O con Jullia Goerges a Tokio. O con Vika Azarenka a Roma…
Vabbè, si è capito che non è quella con i rapporti più gioviali nel circuito. Forse molte non amano il suo grunting, particolarmente intenso. Ma sul grunting non ci si riesce a mettere d’accordo per definire se sia un disturbo reale o meno, e se possa essere utilizzato con cattive intenzioni; quindi al di là di proclami sul futuro, nessuno interviene.
Per certi aspetti Maria sembra avere un talento nello sfruttare le pieghe del regolamento.
Mi riferisco ai tempi di ripresa del gioco; come si sa, infatti, c’è l’obbligo esplicito di non superare l’attesa di 25 secondi (20 negli Slam) tra uno scambio e l’altro. Entro questi limiti si deve servire.
Ma se la prima palla è sbagliata? Il regolamento non dice nulla in merito, e così tra prima e seconda di servizio Sharapova si prende tutto il suo tempo; a volte anche qualcosa di più. Pause snervanti per le avversarie, che gli arbitri fanno fatica a sanzionare proprio perché nel regolamento non se ne parla.
Contro Maria in molte hanno sofferto questa situazione; recentemente ricordo la finale del Roland Garros, con Simona Halep obbligata ad attese particolarmente dilatate tra un servizio e l’altro.
3) Simona Halep
“La gamba mi fa male”. O forse no
Sul “medical time out” si è dibattuto infinite volte, perché si ha l’impressione che in alcune occasioni sia richiesto in modo strumentale. In più agli spettatori spesso sfuggono alcuni passaggi di quanto accade in campo, nei dialoghi tra protagonisti, e questo rende ancora più difficile valutare la situazione.
Ma a volte le riprese televisive riescono a restituire per intero cosa si dicono arbitri e giocatori, e il quadro si fa più chiaro. E’ accaduto quest’anno a Simona Halep nel match di semifinale a Doha contro Agnieszka Radwanska.
Ecco gli avvenimenti.
– Indietro 2-5 nel primo set, Simona si rivolge alla giudice di sedia chiedendo un intervento del fisioterapista. E infatti l’arbitro lo richiede via radio per il cambio campo successivo.
– Poi però Halep vince entrambi i game: dal 2-5 recupera sino a 4-5. Ed ecco che Simona fa un gesto inequivocabile alla giudice di sedia dicendo “Next, next”. Vale a dire: rimandiamo l’intervento medico.
– Halep si aggiudica anche i due game successivi; ora il punteggio è di 6-5 per lei. Deve servire per il set e non ha la minima intenzione di fermare l’andamento favorevole del match. Altro rinvio: la fisioterapista aspetta sulla soglia dell’ingresso in campo…
– Halep vince il set: cinque game di fila da quando ha fatto la prima richiesta di intervento medico.
Dal 2-5 al 7-5. Finalmente è arrivato il momento di far entrare il soccorso. Dal filmato non capisco bene le parole della fisioterapista: suppongo che le chieda se le fa male la caviglia. La risposta di Simona invece è più chiara: “No more” (“Non più”).
E infatti il tutto si limita ad un giro di bendaggio attorno alla fasciatura esistente.
Nessun MTO quindi: perché allungare la pausa in un momento del genere? Halep vincerà il match 7-5, 6-2, e poi anche il torneo.
C’è qualcosa di meglio di una mano esperta per curare un problema alla gamba? In alcuni casi sembra che il punteggio faccia miracoli.
4) Petra Kvitova
Toilet break, please
Nel circuito WTA ci sono giocatrici allenatissime, che possono correre la maratona senza problemi (come Caroline Wozniacki) e ce ne sono altre che hanno difficoltà a reggere i ritmi di una partita intensa e combattuta. Kvitova appartiene a questa seconda schiera. Sfortunatamente per lei, però, nel 2013 Petra ha disputato moltissimi match che si sono conclusi al terzo set, ben 37. Un numero record, che le è valso l’appellativo di P3tra, con il numero 3 scritto al posto della e.
In tutti questi incontri Kvitova ha mantenuto praticamente sempre la stessa linea di condotta: due set giocati e poi richiesta di toilet break prima del set decisivo.
Se ne parlava anche per il MTO; se per il time-out medico è difficile dire quando la richiesta sia strumentale o meno, figuriamoci stabilirlo per la pausa fisiologica. A volte si ha l’impressione che possa costituire un modo per riassestarsi mentalmente o per recuperare fisicamente E visto che Petra non ha nella resistenza fisica il suo punto forte, è comprensibile che si insinui il sospetto che nel suo caso i toilet break diventino una soluzione alternativa per cercare di compensare quanto non si è riusciti a ottenere con il fitness trainer.
Sui forum il dubbio è venuto a molti, e così il nickname di Kvitova è stato completato in questo modo: P3tra Toiletova.
5) Ana Ivanovic
Ajde, ajde! Idemo!
Che il tennis negli anni sia cambiato, e che fra i cambiamenti ci sia anche il modo di comportarsi in campo, non lo scopro certo io.
Non è più il tempo dei “gesti bianchi”: anche il galateo tennistico si è evoluto; atteggiamenti un tempo considerati riprovevoli oggi sono accettati senza particolari problemi.
Molto tempo fa era considerato poco elegante festeggiare addirittura sui propri vincenti. Poi si è passati a considerare sbagliato farlo sui punti vinti grazie all’errore altrui. Oggi ormai si tende a esultare in qualsiasi situazione, senza preoccuparsi delle modalità di ottenimento del punto.
Queste evoluzioni accadono perché c’è qualcuno (o qualcuna) che si spinge più in là nel modo di fare.
Tra le attuali top ten segnalerei Ana Ivanovic per quanto riguarda le esternazioni sui punti vinti grazie all’errore altrui; secondo me è quella che lo fa più spesso e in modo più plateale. Appena la partita si fa un po’ combattuta, Ivanovic si esprime a colpi di “Ajdeee!”, di “Idemoo!” e di esultanze a ripetizione con il pugno. Eccoun solo game della finale di Stoccarda 2014 in cui si vede che non conta come si è ottenuto il punto, ma solo che lo si sia vinto. Tra Ajde e Idemo, non manca nulla.
A chi piace Ana non darò fastidio, ma forse qualcuno non avrà gradito.
6) Agnieszka Radwanska
Ancora sul MTO
Come ho raccontato sopra, Radwanska è stata in un certo senso la vittima del match contro Simona Halep perso a Doha, in cui la sua avversaria ha attuato una gestione dell’intervento medico piuttosto discutibile. Ma, come direbbe qualcuno, chi è senza peccato scagli la prima pietra.
Nel caso di Agnieszka bisogna tornare agli Australian Open 2011. Siamo al primo turno e l’avversaria è Kimiko Date. Quella partita era diventata famosa perché Radwanska nell’eseguire una rispostaaveva perso l’ovale della racchettarimanendo con solo il manico in mano. Questa è la parte divertente di un match che però pochi avevano seguito nel suo svolgimento. Avendolo visto tutto, posso raccontare qualcosa in più.
La racchetta non si era rotta per un difetto di fabbricazione, ma perché alcuni game prima Radwanska in un momento di frustrazione aveva ripetutamente colpito il terreno con il suo attrezzo.
E la frustrazione era salita perchè in quel match sembrava proprio non riuscire a venire a capo della sua avversaria. Ecco, tenendo presente questo, si capisce anche la scelta di chiamare un MTO (medical time out) in un momento di punteggio disperato: sotto 1-4 nel terzo set.
Un MTO motivato? A me era parso piuttosto sorprendente; ma, ancora una volta: come dimostrarlo? Sta di fatto che si rivelerà un MTO “assassino” per Kimiko Date.
Kimiko soffre particolarmente le pause nel match; infatti perde sei dei sette game successivi e di conseguenza la partita (7-5 al terzo). E nelle dichiarazione post-partita non mancherà di segnalare l’episodio.
7) Eugenie Bouchard
Stringere la mano? Assolutamente no
Eugenie Bouchard è molto giovane; in pochissimi mesi è stata catapultata al centro dell’attenzione e a volte l’inesperienza emerge anche nelle situazioni più banali. Per esempio in una normale giornata di sorteggio di Fed Cup.
Aprile 2014, il Canada ospita la Slovacchia. Quante volte abbiamo visto le immagini delle avversarie che si stringono la mano in occasione del sorteggio?E’ un gesto ovvio, un semplice atto di reciproca sportività.
Ma non per Bouchard, che non vuole assolutamente stringere la mano a Kristina Kucova.
All’imbarazzo del momento si aggiunge quello della successiva conferenza stampa; Eugenie pensa di cavarsela con una soluzione a metà strada tra la battuta e la goliardia di squadra; e infatti mentre si giustifica attribuendo alla stretta di mano un segno di debolezza (usa il termine “lame”) si gira verso le compagne cercando solidarietà.
Agghiacciate dalla risposta, invece, le compagne rifiutano di accennare anche solo un minimo movimento verso di lei: tutte con lo sguardo fisso in avanti, attente a non dare l’impressione di una possibile sintonia con l’idea appena esposta.
Bouchard è considerata una potenziale miniera d’oro dai pubblicitari e dai vertici del tennis femminile. Ma forse la sua connazionale a capo della WTA, Stacey Allaster, dovrà farle capire che certi atteggiamenti non migliorano l’immagine.
8) Caroline Wozniacki
Gli arbitri ce l’hanno con me
Sembrerà strano, considerato il buon carattere fuori campo che un po’ tutte le giocatrici le riconoscono, ma non credo di sbagliare se dico che, tra le attuali top ten, chi più spesso si lamenta degli arbitri, va a controllare i segni, esaurisce anzitempo i challenge è Caroline Wozniacki.
Eccola appunto senza più challenge a disposizione sul match point della semifinale di Miami 2012. Caroline non ha la possibilità di verificare l’overrule del giudice di sedia, e non accetta la cosa affatto bene, tanto da rifiutarsi di stringere la mano all’arbitro al termine della partita.
Questo atteggiamento di diffidenza diffusa di Wozniacki emerge particolarmente nelle partite su terra battuta. La ragione è semplice: siccome sulla terra la palla lascia un segno molto chiaro ed evidente, per Caroline è possibile non solo controllare i rimbalzi della parte di campo in cui gioca, ma anche quelli nella metà opposta.
La ricordo al torneo di Roma 2011 andare a verificare sistematicamente tutte le palle dubbie sul suo servizio. Uno stillicidio di camminate a ridosso della rete per accertarsi che le chiamate fossero corrette o meno.
Oppure eccola al Roland Garros 2012 arrivare a dire al giudice di sedia “Sei mai stato a scuola?” dopo una decisione a sfavore.
Insomma Caroline quando gioca a tennis sembra essere di quelli che pensano “Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”. Considerati gli avvenimenti recenti, verrebbe da dire che se nell’adagio popolare c’è del vero forse però sarebbe meglio applicarlo, più che agli arbitri, ai fidanzati.
9) Angelique Kerber
Daniela, non lamentarti per le ingiustizie
Angelique Kerber è una giocatrice che ama la battaglia. Anzi, direi che li suo meglio lo dà proprio quando la tensione sale sul piano dell’incertezza e della combattività.
Ma come si comporta in una situazione conflittuale in cui è coinvolta solo indirettamente? E’ quello che vediamo in questa partita del Roland Garros 2014, in cui la giudice di sedia sta prendendo una decisione clamorosamente sbagliata contro la sua avversaria, Daniela Hantuchova.
La situazione è descritta nel dettaglio in questo breve articolo di Ubitennis.
Ovviamente la povera Hantuchova non ci sta, e le prova tutte per cercare di avere giustizia. Prima si lamenta con l’arbitro, poi richiede (come al solito senza che cambi nulla) anche il supervisor.
Pretendere che di fronte a questa situazione Kerber intervenisse per restituire il punto ingiustamente concesso sarebbe troppo: non viviamo nel mondo ideale, e tra professionisti di solito vige la regola di prendere tutto quanto un arbitro concede a proprio favore. Ma che addirittura Angelique si avvicini alla rete per lamentarsi del comportamento di Hantuchova, appare come un ulteriore beffa per la povere Daniela (min 3’50).
10) Dominika Cibulkova
Un ultrà come fidanzato
Cibulkova è una giocatrice di carattere; spesso le piace mettere un po’ di pepe nei suoi match, incitandosi con molta frequenza ed esultando con degli “olè” sui punti importanti.
Ma sotto questo aspetto ultimamente la sua “marcia in più“ è fuori campo: del suo entourage fa parte anche il fidanzato, che più volte si è fatto notare per un tifo sfrenato. In questa intervista Cibulkova lo descrive come ”shy” (timido), ma evidentemente la timidezza scompare durante le partite.
Non sembra essere una novità quindi, il partner in tribuna che infastidisce l’avversario, come si dice sia accaduto proprio l’altro giorno tra Wawrinka e Mirka Federer. Nel caso di Cibulkova, però, i dubbi non ci sono. Il fidanzato di Dominika ha una caratteristica particolare: si presenta a fare il tifo anche in altri match, studiando il tabellone in funzione della sua amata; specie se la speranza è di evitare una giocatrice con cui ha perso negli ultimi quattro confronti.
E’ quanto accaduto a Wimbledon 2013 con Roberta Vinci. Nel match di Roberta contro Cepelova il più accanito in tribuna era proprio Miso Navara, il fidanzato di Cibulkova.
Purtroppo per lui questo non è bastato ad evitare il passaggio del turno di Vinci; non solo in quel match, ma anche nel successivo confronto diretto. Portando (allora) il bilancio delle vittorie consecutive a cinque.
Ecco dalla stessa voce di Roberta Vinci il racconto (dal minuto 9’22” dell’audio).
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Una piccola nota in conclusione.
Evidentemente le giocatrici non escono particolarmente bene dagli episodi raccontati; mi spiacerebbe però se si dimenticasse che questa è solo una ridottissima parte del loro modo di essere tenniste. E sappiamo tutti che il tennis è davvero lo sport del diavolo: in alcune situazioni sembra che sia stato concepito apposta per tirare fuori il peggio di ciascuno di noi.
Ecco perché mi auguro che questo articolo venga preso senza eccessi, e non diventi l’occasione per lasciare il campo libero agli “odiatori” di professione, che qualche volta affliggono i forum di sport. Non credo che le protagoniste citate lo meriterebbero.
Perché ho scritto questo articolo? Perché il buonismo a tutti costi lo trovo non solo noioso ma anche poco veritiero. E poi sappiamo tutti che nella realtà nessuno è perfetto.
P.S. Per martedì prossimo una specie di seconda puntata: valutazioni per gli arbitri WTA. Come si comportano i giudici di sedia sulle chiamate difficili, quali sono i migliori e i peggiori. Perché in campo non solo le giocatrici possono sbagliare o avere ragione nelle situazioni controverse.
Al femminile
US Open: Trevisan vince una sfida di nervi interminabile contro Putintseva e si trascina al secondo turno, Giorgi dominata da Pegula
I crampi non fermano Martina Trevisan che in 3 ore e 20 minuti di gioco conquista il primo turno degli US Open. Camila raccoglie 4 giochi contro la N.3 del seeding

M. Trevisan b. Y. Putintseva 0-6 7-6(0) 7-6(8)
Martina Trevisan vince il primo turno degli US Open contro Yulia Putintseva in 3 ore e 20 minuti al tiebreak del terzo set: 0-6 7-6(0) 7-6(8).
Quante volte può cambiare una partita di tennis non smetteremo mai di chiedercelo. Quella di oggi, tra Martina Trevisan e Yulia Putintseva è stata l’ennesima dimostrazione che niente può essere prevedibile, tanto meno sui campi di Flashing Meadows. C’era stato un solo precedente tra le due giocatrici, al torneo di Abu Dhabi 2021, dove la kazaka aveva vinto con un doppio 6-3. Difficile quindi dire, a inizio partita, chi fosse la favorita tra due giocatrici separate solo da 20 posizioni in classifica e 1 anno di età. L’azzurra di 29 anni, numero 58 del mondo, è partita malissimo. Demoralizzata, nervosa e notevolmente fallosa. Il primo parziale si è concluso con 24 punti a favore della kazaka numero 78 del ranking, contro i soli 5 punti di Trevisan e nient’altro da aggiungere. Ma nel secondo parziale è entrata in campo la lottatrice che conosciamo ed è iniziata un’altra partita. La giocatrice toscana ha iniziato a mettere in gioco dei cambi di ritmo, alternando colpi in cui respirare a sfiammate di dritto imprendibili. Non a caso per due volte nel set è stata avanti di due game. E nonostante la kazaka sia riuscita a recuperarla entrambe le volte, Trevisan, con le idee decisamente più chiare è arrivata a prendersi un tie-break vinto a 0. Ma nonostante i precedenti 7 punti consecutivi dell’azzurra e il recupero di un set, Putintseva è rimasta lucida nel terzo parziale, dove gli errori sono aumentati da entrambe le parti. A metà del terzo set la partita sembrava di nuovo finita: Trevisan ha iniziato a non reggersi più in piedi per via dei crampi, e il match, dopo il turno di servizio perso a 0 dell’azzurra, sembrava scritto. Ma proprio in quel momento la partita è cambiata ancora. Trevisan ha iniziato a correre di nuovo, trovando l’energia chissà dove, e da sotto 4-2 è riuscita a rimontare 4 giochi pari. Da lì è stata una lotta punto dopo punto, scambi perfetti seguiti da errori non forzati sul finale di scambi strazianti. La partita non ha preso una direzione precisa fino alla fine del tiebreak decisivo dove con soli due punti di distanza, la giocatrice Toscana ha chiuso 10 punti a 8 mettendo a segni i due punti più belli dell’intero match. Al secondo turno l’aspetta la testa di serie numero 9, Marketa Vondrousova.
IL MATCH
Primo set: Dominio totale di Putintseva e prestazione inesistente di Trevisan
Trevisan inizia al servizio e si ritrova subito costretta a salvare tre palle break. Annulla la prima con uno schema servizio e dritto vincente. Ma Putintseva risponde aggressiva sul secondo servizio e segue con una palla corta insidiosa che costringe Trevisan a rispondere male, buttando largamente fuori la palla. Il primo vantaggio è della Kazaka: 1-0. Inizia la serie infinita di errori gravi da parte di Trevisan che nei primi due game porta a casa un punto soltanto: 2 a 0 Putintseva. Anche nel terzo gioco l’azzurra si ritrova in svantaggio e la kazaka continua ad avere le idee molto più chiare. Grazie ad un dropshot sotto rete e un passante preciso Putintseva si aggiudica anche il terzo game: 3-0. Completamente fuori dalla partita, Trevisan lascia poco spazio alle parole e concede anche il 4 gioco alla kazaka. Prende anche il triplo break a sfavore e si ritrova sotto 5 game a 0 con 21 punti a 4 a favore di Putintseva. Proprio sul finale, Trevisan sembra risvegliarsi, annulla molto bene i primi due set point risalendo da sotto 40-0 a 40-30. Ma Putintseva sfrutta la terza chance per chiudere il primo parziale totalmente dominato.
Secondo set: La rivincita di Trevisan premiata da un tie-break perfetto, agevolato dagli errori di Putintseva
Per la prima volta dall’inizio del match Trevisan prende tre punti di vantaggio consecutivi nel primo game e tiene a 0 il turno di servizio:1 a 0. Entra finalmente in campo un’altra giocatrice italiana che va a prendersi le prime due palle break del match per chiudere avanti 2-0. Nel terzo gioco ritornano gli errori non forzati dell’azzurra e Putintseva si riprende il game di svantaggio. La kazaka regala qualcosa a Trevisan nel quarto gioco trascinandosi fino ai vantaggi. Putintseva inizia ad avere le idee più confuse ma l’italiana è ancora troppo fallosa e non sfrutta le occasioni fino in fondo: 2 giochi pari. Arriva un altro calo di Trevisan al servizio che regala alla kazaka tre palle break consecutive. Ma l’italiana riesce ad arrampicarsi con le unghie fino a vantaggi per poi chiudere un game complicatissimo: 3-2. Con quel carico di fiducia, Trevisan strappa il servizio all’avversaria per ritornare sopra 4-2. Ottima reazione della kazaka che dimostra di essere ancora nettamente in partita e va a prendersi subito due occasioni per chiudere il game sul servizio di Trevisan: 4-3. Nell’ottavo gioco arriva lo scambio più lungo del match dove Trevisan non vuole mollare, ma è lei la prima a sbagliare: 4 pari. L’azzurra non si fa demoralizzare dalla seconda rimonta del set di Putintseva e tiene dignitosamente il turno di servizio per restare avanti 5-4. Per sei volte, Trevisan si ritrova a due punti dal set ma la kazaka non molla la presa e con un lob imprendibile conquista il decimo e più lungo game del match: 5 pari. Dopo tanta fatica, Trevisan gioca due brutti punti e Putintseva vede uno spiraglio dove attaccare di prepotenza. Con coraggio, Trevisan annulla tre palle break, di cui due consecutive, per guadagnarsi la prima chance di 6-5. E grazie al servizio si tira fuori da un fosso profondo. La kazaka tiene bene il turno di servizio successivo che la porta al tiebreak decisivo.
Tiebreak: Inizia con un vincente di dritto Trevisan e tiene il turno di servizio: 1-0. L’italiana fa correre in avanti la kazaka due volte di fila con due drop-shot efficaci e conquista due mini-break consecutivi: 3-0. Continua il tiebreak perfetto di Trevisan che tiene il servizio e avanza: 5 a 0. Putintseva ormai sembra senza idee, sbaglia di rovescio e concede un altro punto importante: 6-0. E dopo un ‘ora e 45 minuti, Trevisan vince il tiebreak senza concedere neanche un punto.
Terzo set: Una sfida di nervi interminabile dove non c’è spazio per nessun vantaggio netto, ma il tiebreak decisivo lo vince Trevisan
Ora la partita sembra davvero essere girata: Trevisan attacca fin dal primo punto e come nel secondo parziale parte in vantaggio: 2-0. Nel quarto game, l’italiana avanti 2-1 commette un doppio fallo e perde il turno di servizio a 0. Putintsova rientra nel terzo set: 2 pari. Insiste con la palla corta la kazaka, Trevisan corre ma inizia a far fatica a stare in piedi per i crampi dopo quasi 2 ore e mezza di gioco. Si arrende a Putintseva che chiude il terzo game di fila e va in vantaggio: 3-2. L’azzurra può finalmente chiamare il fisioterapista anche se sa bene che per i crampi non può farsi trattare. Torna a servire Trevisan, ma senza forze, e regala di nuovo a 0 il suo turno di servizio alla kazaka che ora conduce 4-2. Difficile immaginare che la numero 58 del mondo possa rientrare in partita. Ma questo match è totalmente imprevedibile: l’azzurra ricomincia a correre e recupera con grande personalità il break di svantaggio: 4-3 Putintseva. Continua a muoversi meglio Trevisan che riesce a guadagnarsi due chance del 4 pari. Il primo dritto finisce in corridoio, ma il secondo prende un angolo maledetto e la 29enne toscana resta aggrappata: 4 pari. Putintseva sale nuovamente in cattedra con un rovescio incrociato perfetto: 5-4 per la kazaka. Il decimo game è il momento più importante fino a qui per l’italiana che è costretta a tenere un turno di servizio determinante ai vantaggi. Trevisan tiene la battuta: 5 giochi pari e quasi 3 ore di gioco. Da quel momento in avanti inizia una lotta infinita, straziante: parità e vantaggi; break e contro-break. L’ultima parola va al tie-break decisivo.
Tiebreak: Trevisan parte di nuovo bene anche nel secondo tiebreak del match e si prende il vantaggio avanti 2-0. Chiude con un schiaffo al volo la kazaka che si prende il primo punto dei due tiebreak giocati: 3-1 per la toscana. Con un dritto scarico a metà rete e un doppio fallo Trevisan deve ricominciare da capo: 3 pari. Senza mini-break di vantaggio Trevisan va a servire sotto 5-4. Chiude di rovescio lungolinea il primo punto ma la volée successiva la tradisce: 6-5 per la kazaka che le restituisce in fretta il favore con una pallonetto fuori dalla riga di fondo: 6 pari. Doppio fallo di Putintseva: 7-6. Ma finalmente, da sotto 7-8, la giocatrice toscana si aggiudica due punti consecutivi uno più bello dell’altro che le regalano il primo match-point di questa sfida. Senza forze, quasi in lacrime, Martina Trevisan si aggiudica il secondo turno degli US Open in 3 ore e venti minuti.
[3] J. Pegula b. C. Giorgi 6-2 6-2 (Federico Martegani)
Si sapeva che sarebbe stata dura per Camila Giorgi, che non aveva certo goduto di un sorteggio fortunato pescando al primo turno la testa di serie n° 3, nonché n° 3 del mondo, Jessica Pegula, e il pronostico è stato in tutto e per tutto rispettato, con un punteggio, 6-2 6-2 in un’ora e 24 minuti, forse anche troppo severo per quanto visto sul campo. Fatto sta che era l’undicesima volta che le due si affrontavano e solo in due circostanze l’italiana aveva avuto la meglio. Chiaro segnale che la solidità dell’americana, per di più sospinta dal pubblico ovviamente di parte, è per la marchigiana quasi sempre inscalfibile.
Giorgi ha mostrato un buon tennis soprattutto verso la metà di entrambi i parziali, ma è andata sotto troppo presto di un break sia nel primo che nel secondo, non riuscendo poi a rimontare. Il game chiave è forse stato proprio quello che ha offerto l’allungo decisivo a Pegula, avvenuto sul 2-2 del secondo set. Un gioco in cui Camila ha avuto cinque palle per rimanere con il naso avanti, ma che alla fine le è costato il break, decisivo per spezzare anche quei pochi appigli rimasti. Pegula avanza dunque al secondo turno e dovrà ora affrontare, in ogni caso da netta favorita, o Patricia Maria Tig o Rebecca Marino.
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US Open, Pegula: “Accordo tra WTA e Arabia Saudita? Se ci pagano abbastanza…”
Jessica Pegula parla anche del rapporto straordinario con Gauff: “Coco favorita, io vivrò alla giornata”

C’è grande fermento e attesa negli Stati Uniti per l’edizione 2023 dell’US Open. In campo femminile le speranze sono riposte in Coco Gauff e Jessica Pegula. Le due sono pronte a riportare la propria nazione sul gradino più alto, spolverando i grandi fasti delle sorelle Williams. Gauff e Pegula sono state protagoniste nella stagione sul cemento che ha condotto le atleti all’ultimo Slam dell’anno: “Sono molto felice di essere qui – spiega Jessica – da americana poi si sente una responsabilità differente”.
La n. 3 del mondo debutterà contro Camila Giorgi lunedì 28 agosto e ha motivato la presenza di Ace, il cane che fa parte del suo team: “Esce sempre con me! Sto raccogliendo fondi anche per la fondazione di Elina (Svitolina) ed è molto divertente farlo. Mercoledì sera abbiamo contribuito a questa causa facendo un bel match di esibizione. Mi è servito per respirare l’aria pre torneo alla presenza di tanti tifosi. Mi sono adoperata anche per l’evento promosso dalla WTA. È stato davvero carino”.
Che effetto le fa arrivare all’US Open da atleta n. 3 del ranking: “Anche l’anno scorso ero in una posizione simile e so cosa si prova. Quest’anno sarà molto più impegnativo. In generale mi sento come se rappresentassi il tennis americano”. Pegula ha anche parlato del suo splendido rapporto con Coco Gauff: “La sconfitta subita a Wimbledon l’ha spinta a migliorare. E’ venuta fuori molto affamata da una situazione negativa ed è bello vedere che una tennista così giovane abbia già vinto tanto. Ho giocato a Montreal contro di lei, io poi ho vinto con Iga e lei ha fatto la stesa cosa a Cincinnati. Ha detto che la mia vittoria l’ha spronata a far bene. Succede spesso che le vittorie delle tue amiche o colleghe ti siano da stimolo, ti aiutano ad avere più fiducia. Sono felice che anche lei abbia acquisito sicurezza da quella settimana e sia riuscita a portarla a Cincinnati. Penso che sia davvero in fiducia. Quando un giocatore è in questo stato è più difficile da battere. So che adora giocare con il pubblico. Penso che ci siano molti favoriti, ma il pubblico potrebbe aiutarla molto. Sono felice che stia migliorando e imparando. Lei è il futuro di questo sport, quindi… è bello da vedere”.
Come membro del consiglio dei giocatori, come Pegula giudica l’impatto dell’Arabia Saudita sul tennis e sulla WTA che sta per stilare un accordo con i sauditi? “Parliamo di voci e non so se accadrà. Bisogna valutare i pro e i contro: di positivo c’è che entreranno più soldi nel nostro sport al femminile e lavoreremo per i diritti delle donne in Arabia Saudita per sperare in un cambiamento e sostenere le giuste cause. Se riusciamo a cambiare quei popoli sarebbe un grande successo. Sfortunatamente, molti posti non pagano abbastanza le donne e purtroppo non possiamo permetterci il lusso di dire no ad alcune cose. Credo che se i soldi fossero giusti e l’accordo fosse qualcosa per cui possiamo creare un cambiamento, andrebbe bene giocare là. Vediamo come andrà a finire”. Ma i soldi arabi hanno un attivo profumo, a sentire il direttore Scanagatta.
Ma come sta Pegula? “Non mi sento più in fiducia delle altre volte, a dire il vero. Ancora una volta, il tennis è così e cambiam di settimana in settimana. Ho vinto a Montreal, poi sono stata sconfitta e ho perso a Cincinnati. In un certo senso sono tornata al punto di partenza nell’analizzare le cose su cui lavorare. Prendo questo Slam come un’ulteriore sfida con me stessa”.
Per l’americana c’è il taboo semifinale e finale in uno Slam da abbattere. Sei quarti di finale negli ultimi suoi otto Major: “Mi manca solo vincere i quarti di finale (sorride). Questo mi aiuterebbe a superare i quarti di finale e arrivare in semifinale. Ci sono andata molto vicina a Wimbledon. Non so cos’altro dire. Cercherò sempre di vincere ogni singola partita, non importa in quale round sia. Il mio “must” è pensare una gara alla volta: penso che questo sia il modo migliore per giocare senza troppa pressione, affrontando una partita alla volta. Saranno due settimane lunghe. Ogni giorno mi sentirò diversa. Probabilmente ci saranno delle sfide mentali e fisiche da combattere o non mi sentirò al top. Dovrò vivere giorno dopo giorno”.
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Martina Navratilova sulle atlete trans: “Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti”
L’ex campionessa statunitense torna nel mirino dei social: il commento sulle atlete trans che stona con la sua veste di icona Lgbtq+

Martina Navratilova contro le atlete trans: un paradosso che sa di reazionarismo. L’ex campionessa di tennis e icona Lgbtq+ nel panorama sportivo mondiale, tuona sulla questione legata alla presenza di atlete trans nei tornei per donne over 55 organizzati dall’USTA (United States Tennis Association) la Federazione tennis a stelle e strisce. Prima atleta professionista a fare coming out nel 1981, la tennista ceca (naturalizzata statunitense) si butta a capofitto nel mezzo di una discussione su Twitter riguardante, nello specifico, la vittoria di una tennista nata uomo, Alicia Rowley che ora partecipa ad eventi per donne dopo il periodo di transizione: “Il tennis femminile non è per atleti maschi falliti” commenta Navratilova.
E continua ribadendo: “Hey, Usta: il tennis femminile non è per atleti maschi falliti, qualunque sia l’età. Questo sarà consentito allo US Open di questo mese? Solo con un documento d’identità? Non credo. […] È patriarcato per gli uomini biologici insistere sul diritto di entrare negli spazi creati per le donne. Quanto è difficile da capire? È patriarcato che gli uomini biologici insistano sul diritto di competere nella categoria femminile nello sport“.
Per quanto sorprendente, la posizione presa da Navratilova non è tuttavia una completa novità: nel 2019 era stata espulsa da un’associazione che combatte battaglie in sostegno di atleti omosessuali, l’Athlete Ally, accusata di transfobia per aver pronunciato le seguenti parole (riportate dal Sunday Times): “È sicuramente ingiusto per le donne che devono competere contro persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere contro di lei”. A distanza di quattro anni, nulla è cambiato. Almeno per lei.