Maria Sharapova su Serena Williams: “She is the best!” E lo dice dopo aver lottato come una tigre siberiana

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Maria Sharapova su Serena Williams: “She is the best!” E lo dice dopo aver lottato come una tigre siberiana

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Serena Williams ha conquistato il suo 19esimo Slam in quello che non è stato un grande torneo, ma in cui si sono messe in mostra due giocatrici su tutte: Madison Keys e Camila Giorgi. La finale maschile varrà il costo del biglietto? Per come hanno giocato fin qui, Murray potrebbe essere considerato favorito

Dopo 15 vittorie di Serena Williams su Maria Sharapova non era affatto scontato assistere ad una bella finale, e il primo set pareva confermare le cattive previsioni.

Ma il secondo set invece ha smentito ogni cosa. Non è stato solo bellissimo e combattutissimo. Il merito oltre che naturalmente alla campionessa americana che con il suo diciottesimo ace ha conquistato il suo 19mo Slam staccando Evert e Navratilova e avvicinando Steffi Graf a quota 22 e a quota 24 Margaret Court (che ho intervistato l’altro giorno) va ovviamente anche a Maria Sharapova che, anziché arrendersi dopo 15 sconfitte consecutive e un primo set che aveva dato modo agli statistici di ricordare che Serena quando aveva vinto il primo set in finale aveva poi vinto tutti i 16 dei suoi 18 Slam, ha lottato con tutta la grinta di cui è capace e non solo quando ha annullato due matchpoint con quello stesso dritto rabbioso con cui ne aveva annullati due alla Panova nel secondo round.

C’è stato di tutto e di più in questa finale durata 1h e 51 minuti (6-3, 7-6 e 7 punti a 5 nel tiebreak che era solo il terzo giocato da loro in 18 incontri, e anche questo come gli altri due vinti da Serena), prima della serie infiniti di salti entusiasti con cui Serena, dapprima quasi incredula di aver messo a segno un altro ace dopo che un net millimetrico l’aveva costretta a ripetere il servizio e l’ace annullato, ha celebrato il suo diciannovesimo trionfo. Tanti salti a piedi uniti che la Rod Laver Arena sembrava tremasse e quel burlone di Ivo Karlovic ha subito twittato “Earthquake in Melbourne, terremoto a Melbourne”. Grandissimo (non solo d’altezza).

Dicevo che è successo di tutto perchè Maria ha però ceduto il primo game all’avvio con un doppio fallo, segno di inqeuvocabile tensione. Chi non l’avrebbe accusata al suo posto. L’altra settimana quando aveva giocato male contro la Panova papà Youri l’aveva chiamata al telefono e, ha confessato lei in russo ad un collega che me l’ha riferito, me ne ha dette di tutti i colori, e anche che se volevo continuare a giocare così era meglio che me ne tornassi a casa! Beh, non volevo davvero ricevere più telefonate di quel genere…ma contro Serena può anche capitare che lei ti salti addosso e ti demolisca se non riesci a tenerle testa fin da subito”.

Beh, fin da subito non c’è riuscita. Non è più stata in grado di recuperare quel break in quel set in cui non ha potuto conquistare neppure una pallabreak per restituirlo fino al 2-5, dopo che però sul 2-4 ne aveva subito lei un altro e a zero, con il doppio fallo n.2.

Ma sul 3-2 30 pari, dopo una ventina di minuti di gioco, la pioggia annunciata aveva fatto interrompere la partita per una decina di minuti, onde consentire la completa chiusura del tetto prudentemente già chiuso per un terzo dopo che le previsioni meteo avevano messo Craig Tyler, il direttore del torneo, in allarme.

Beh, la sensazione generale è stata che Serena fosse favorita dalla chiusura del tetto. Per la quarta volta su sei ha vinto l’Australian Open in una finale…indoor: con il tetto chiuso (per il troppo caldo) nel 2003 aveva battuto la sorella Venus, nel 2005 e nel 2007 (per la pioggia) Lindsay Davenport e proprio Maria Sharapova.

Com’è o come non è, fatto sta che dopo l’interruzione dovuta alla pioggia sul 2-3 30 pari Maria è rientrata in campo e in due turni di servizio non ha fatto un solo punto. Due giocati e due persi a zero, e via il primo set in 31 minuti.

La partita poteva scivolarle definitivamente via se – sull’1-0 e 30-40 per Serena – non avesse messo a segno il secondo ace della sua partita (sarebbero stati cinque alla fine) evitando il break letale. Lo ha fatto seguire da un altro servizio vincente e dall’ace n.3. E lì sono cominciati i suoi strozzati “com’on!”. Che hanno avuto l’effetto di svegliare Serena che non solo ha reagito tenenedo un game a zero per il 2 a 1, ma cominciando anche lei a gridare dei “com’on!” belluini ad ogni punto conquistato, quasi a voler intimidire l’avversaria.

Da quel momento in poi è stato tutto un “Com’on!” da una parte e dall’altra – vi ricordate quando Lleyton Hewitt 18 anni anni fa aveva chiesto di ottenere una sorta di “copyright?”- e il set è diventato il più intenso, emozionante e bello dell’intero torneo. Anche se Serena con la gragnuola dei suoi aces buttava un po’ d’acqua gelata sul calore di quegli scambi.

Potrebbe vincere i tornei femmnili anche solo servendo la seconda – mi aveva Todd Woodbridge, uno dei due celebri Woodies, prima che il match cominciasse – nessuna donna al mondo ha mai servito come lei”.

In realtà invece sulle seconde palle di Serena Maria si avventava come una tigre siberiana, tanto che alla fine del match avrebbe fatto il 62% dei punti. Ma sulle prime soltanto il 16%.

Maria avrebbe detto a fine incontro: “Non solo nessuna donna serve forte come lei (il servizio più rapido a 202 km orari) ma lo piazza come lei, cambia sempre angolo ed effetto. E’ lei la più forte del mondo, e per me riuscire a giocarci contro in una finale è già un piacere ed un onore. She is the best”.

Dopo che nel quinto game è stato battuto il record dei “com’on” – con Serena che, sotto 0-30, in pieno orgasmo mentre metteva a segno l’ace n.18, n.9 e n.10 inframezzati da un servizio vincente e mi faceva pensare perplesso al suo fidanzato e coach Patrick Mouratoglou che quelle grida li sente anche in tutte altre situazioni- Maria salvava un’altro momento increscioso con grande coraggio: la pallabreak del 2-4.

Sul 4-4 e servizio di Serena un “com’on troppo anticipato quando l’ace non era ancora assegnato” le costa il punto. Le era già costata cara una vicenda analoga all’US Open contro la Stosur mi pare in una finale persa. Così quando Serena, di lì a poco, ha messo a segno un altro si è contenuta per 5 secondi e poi ha sussurrato ironicamente, ridendo e ammiccando all’arbitro: “Come on!”.

Seguendo la regola dei servizi , ma scambiando a tutta forza come ossesse, le due ragazze sono andate al tiebreak, dopo che sul 6-5 per Serena Maria era andata a servire mentre il dj della Rod Laver Arena, quasi invocasse il tiebreak, metteva in onda “Staying alive” dei Bee Gees, famoso gruppo aussie dei frateli Gibb (…per chi non lo sapesse, roba della mia generazione).

La cronaca del tiebreak l’avrete letta nell’articolo di Angelo Lo Conte, ma Serena che era avanti 4-1 e che avrebbe chiuso 7-5 con il suo diciannovesimo ace e trentottesimo colpo vincente ha commesso almeno tre errori gratuiti, segno che la tensione l’aveva aggrappata.

Serena è la degna vincitrice – e come poteva esserecene una più degna? E’ lei la più forte tennista di questo quindicennio (ma si può dire?), dopo il suo primo Slam vinto da diciassettenne nel 1999 all’US Open a oggi.

Evitiamo i confronti con altre epoche, racchette e superfici, con Steffi Graf e ancor più con le più anziane “extraterrestri” della loro epoca, Martina Navratilova e Chris Evert, perchè i GOAT non esistono se si devono confrontare epoche diverse, ma sulla superiorità di Serena su tutte le altre nessuno può obiettivamente…obiettare!

Non è stato un grande torneo, non si sono viste grandissime partite, ma almeno due nomi mi sento di fare per come hanno giocato: Madison Keys più di tutte ma anche la nostra Camila Giorgi. La Keys ha impegnato seriamente Serena per un set, Camila poteva battere una Venus resuscitata.

Poichè nemmeno il torneo maschile ha offerto match davvero memorabili, anche se senza peccare di sciovinismo i due match di Seppi, contro Federer e contro Kyrgios valevano il prezzo del biglietto, spero che lo valga anche la finale maschile. Il biglietto costa 300 dollari, 250 euro circa. Non pochi. Murray e Djokovic sapranno onorarlo? Per come hanno giocato nelle semifinali Murray potrebbe essere considerato il favorito. Ma solo se ci si dimentica con quale facilità Djokovic l’ha battuto nelle tre volte che l’ha affrontato qui a Melbourne, due in finale e una in semifinale. Un Novak che punta a vincere il suo quinto Australian Open. Contro un Murray che vorrebbe vincere il suo terzo Slam.

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