Djokovic «Mai pensare di perdere. Così si vincono gli Slam» (Crivelli), Barazzutti: Errani, terra e pubblico per lanciare l'Italia (Paglieri)

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Djokovic «Mai pensare di perdere. Così si vincono gli Slam» (Crivelli), Barazzutti: Errani, terra e pubblico per lanciare l’Italia (Paglieri)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Djokovic «Mai pensare di perdere. Così si vincono gli Slam»

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 03.2.2015

 

High five. Cinque alto. Altissimo. Il primo Slam dell’anno è ormai proprietà di Novak Djokovic, che in Australia ha perso una sola partita (i quarti con Wawrinka di 12 mesi fa) in quattro anni. Cinque successi nel Major che apre la stagione, otto in totale. Cominciano ad essere i numeri di un giocatore destinato a lasciare un marchio indelebile negli albi d’oro. Nella notte della grande festa, Nole ha dormito solo un paio d’ore e forse ha sognato l’ultimo traguardo, la terra di Parigi che lo ha sempre respinto. Con Nadal sempre più incerottato, Federer con la mente ai prati londinesi, Murray sospeso tra ricchezza e povertà, il numero uno minaccia una stagione da dominatore. Novak, che significato ha rag• «Quanti sacrifici: dopo la premiazione avrei voluto finire quella coppa di champagne…» giungere nel numero degli Slam vinti giocatori come Lendl, Agassi e Connors? «Ha citato campioni che hanno segnato epoche, giocatori di cu i si parla ancora adesso e si parlerà per sempre, quindi sono molto orgoglioso di questo traguardo, sono dove vorrei essere e dove mi ha portato la mia carriera. Per un tennista, gli Slam sono il massimo, sono l’obiettivo che sogni quando prendi in mano una racchetta, ma io voglio vincere tutto ciò che mi sarà possibile, sono nella fase centrale della mia vita agonistica, devo sfruttare il momento, se la salute me lo consentirà». Baratterebbe una o due vittorie in Australia con un titolo al Roland Garros? «È una domanda difficile a cui rispondere dopo aver vinto per la quinta volta questo torneo, un’impresa che nell’era Open non è riuscita a nessuno. Quando competi a questi livelli vuoi sempre il massimo, quindi è ovvio che un successo a Parigi mi manchi. Ma lavorerò ancora più duramente e sarò ancor più concentrato». Ma perché il numero uno del mondo non è mai riuscito a domare Parigi? «Perché giocare sette partite sulla superficie più lenta al meglio di cinque set ti richiede un enorme dispendio d’energie. Io ci sono andato vicinissimo un paio di volte, ma quando il tuo avversario è uno come Nadal, che a Parigi ha perso un solo match in carriera, ci sta che ti possa fermare in finale. Il favorito è ancora lui». II Grande Slam è obiettivo raggiungibile? «Quando vinci il primo Slam stagionale, è ovvio che tutti si chiedano se esiste quella possibilità. Io dico soltanto che al Roland Garros mancano cinque mesi, in mezzo ci sono tanti tornei importanti e quest’anno voglio fare bene anche la coppa Davis. E, lo ripeto, se a Parigi non ho mai vinto un motivo ci sarà. Però pensare in grande dà molti stimoli»……Quanto c’è di Boris Becker nei successi di Djokovic? «Quando scegli di farti seguire da un campione come Boris, è evidente che ti aspetti un ulteriore salto di qualità. Tutti hanno posto l’attenzione sull’aspetto psicologico, che certo è stato importante. Ma con lui, ad esempio, ho imparato a servire in modo ancor più incisivo e a chiudere i punti anche a rete. È una collaborazione molto eccitante». Non finirà mai l’era dei Fab Four? «Questa generazione ha avuto la fortuna di conoscere alcuni tra i più grandi giocatori della storia e io sono orgoglioso di farne parte. Ci sono tanti giovani interessanti, si stanno avvicinando, ma quando si tratta di vincere uno Slam, devi avere qualcosa in più. Devi volerlo con tutte le tue forze, devi toglierti dalla testa la parola sconfitta».

 

Barazzutti: Errani, terra e pubblico per lanciare l’Italia

 

Claudio Paglieri, il secolo XIX del 3.2.2015

 

 

Corrado Barazzutti è arrivato a Genova prima delle ragazze, per studiare il campo e le condizioni del 105 Stadium. Sabato e domenica la sfida in Fed Cup alle francesi si prospetta molto equilibrata e a fare la differenza potrebbero essere proprio la superficie, e il calore del pubblico. Barazzutti, cominciamo dalla scelta del campo. Perché la terra rossa? «Siamo partiti dalle nostre. Er-rani, la nostra numero 1, ha fatto grandi risultati sulla terra. E anche la Vinci. Due anni fa con Sara e Roberta abbiamo battuto la Repubblica Ceca sulla terra». Per la Giorgi però sarebbe meglio un campo veloce… «Forse Camila è più abituata a giocare sui campi duri, ma lei quando gioca bene gioca bene dappertutto. A Roma ha battuto la Cibulkova e la stessa Cornet. Tra l’altro essere su un campo indoor la favorirà. Anche Karin Knapp può giocare su diverse superfici». Considerando la Errani titolare, c’è qualcuna in vantaggio per il posto di seconda singolarista? «Vedremo durante la settimana chi si adatta meglio al campo, chi è più in forma». Sfida aperta, quindi. Quanto alle francesi, dovrebbero giocare Cornet e Garcia. Come le vede sulla terra? «La Cornet ha fatto un grosso risultato a Roma, nel 2008, arrivando in finale. Ora mi sembra che si trovi meglio sui campi sintetici, anche se si adatta a ogni superficie. La Garcia tecnicamente ha un gioco aggressivo e preferisce i campi duri». La loro capitana è Amélie Mauresmo, che adesso allena anche Andy Murray. Ma c’è chi ha dichiarato che una donna farebbe meglio a non allenare gli uomini. Che ne pensa? «Porre la questione è di per sé maschilista. Non ne faccio una questione di sesso, ma di competenza. Conosco la Mauresmo, è stata una ottima giocatrice ed è in grado di allenare maschi e femmine». Eppure i tennisti spagnoli hanno rifiutato la Gala Leon come capitana di Davis. «Non conosco Gala Leon e non posso giudicarla, chi l’ha nominata conoscerà la sue competenze. Comunque ripeto, il nostro è un lavoro come tutti gli altri e non si può farne questione di sesso». Lei è capitano di Davis dal 2001 e di Fed Cup dal 2002. Pensa di avere fatto meglio da giocatore o da allenatore? «Si potrebbe dire che sono quasi meglio i risultati da capitano che da giocatore. Ma la verità è che sono due cose completamente diverse. La Davis del 1976 è mia, nel senso che ho contribuito in maniera sostanziosa a vincerla. Le quattro Fed Cup invece sono risultati di riflesso, le hanno vinte le ragazze.Io ho avuto solo la fortuna di trovarmi in un gruppo eccezionale, con giocatrici tra le più forti al mondo». In molte squadre le giocatrici migliori danno spesso forfait. All’Italia non è mai capitato. Perché? «Perché il nostro è davvero un gruppo di cui tutte sono contente e orgogliose di fare parte. Ed è la nostra forza rispetto alle altre». A proposito di gruppo, agli Australian Open c’è stata la vittoria sorprendente di Fognini e Bolelli nel doppio. «Non la considero sorprendente. Quello è un doppio nato in Coppa Davis, nel quale ho sempre creduto: sapevo che per caratteristiche e caratteri poteva funzionare molto bene. Hanno cominciato a giocare insieme nei tornei ed erano già stati in semifinale agli Us Open 2011 e in Australia nel 2013. È una coppietta che dà fastidio a tante supercoppie di specialisti, insomma i segnali erano nell’aria». Con un doppio così, che nelle gare a squadre è spesso decisivo, era quasi meglio giocare adesso la Davis… «No, no, adesso abbiamo ancora un mesetto, lasciamo che Fognini giochi i tornei in Sudamerica, questa vittoria gli ridarà fiducia anche nel singolo. Su Fabio si danno spesso giudizi troppo severi, basta che dica «ah» e tutti sono lì a criticarlo. In Davis si è sempre comportato bene, ha dato tanto e ha portato punti decisivi». Torniamo alla Fed Cup e alla Francia. In una sfida così equilibrata, quanto conterà il pubblico? «Tanto. Sarà un bellissimo incontro e noi speriamo in un pubblico numeroso. Le ragazze lo sentono molto, più gente c’è e più si motivano. Genova ha già ospitato la Davis e sappiamo che ci può dare una grossa mano»…

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