Juan Martin del Potro: n.1 senza infortuni, parola di Federer

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Juan Martin del Potro: n.1 senza infortuni, parola di Federer

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Juan Martin del Potro non prenderà parte a Indian Wells. Una carriera costellata da infortuni ai polsi e continue ricadute, simili a quelle di campioni come l’asso NBA Derrick Rose o l’ex interista Ronaldo, che ne hanno limitato la possibilità, altrimenti concreta come riconosciuto  da Federer, di diventare n.1 del mondo

 

È notizia delle ultime ore l’ennesimo ritiro di Juan Martin del Potro da un torneo di tennis. Il gigante di Tandil ha dovuto rinunciare alla wild card che aveva recentemente accettato dagli organizzatori del Masters 1000 di Indian Wells a causa del protrarsi del problema al polso. La mancata partecipazione di del Potro al primo Mille della stagione non è un fulmine a ciel sereno, dal momento che in una recente intervista  l’argentino aveva dichiarato di contare in un ritorno nei tornei americani oppure per la stagione sulla terra. Si tratta comunque dell’ennesima rinuncia cui è costretto il campione dello US Open 2009.

Dopo quell’exploit, la carriera di del Potro sembrava avviata verso la conquista di altri tornei dello Slam, ma nel 2010, quando a Gennaio fu n.4 del mondo, il primo grave infortunio al polso destro costrinse Juan Martin a saltare quasi tutta la stagione. Da quel momento in poi la carriera del campione argentino è stata caratterizzata da ritorni e continue, apparentemente inevitabili, ricadute. Tornato in campo nel 2011, ha lentamente ricostruito la sua classifica fino al ritorno nella Top Ten (alla fine del  Gennaio 2012), e alla Top Five nell’Ottobre 2013. Dopo l’Australian Open 2014, la sfortuna si abbattè sull’altro polso, quello sinistro, rendendogli in poco tempo impossibile giocare il rovescio a due mani. Da qui l’intervento chirurgico in primavera e la fine prematura della stagione passata. Quest’anno il ritorno a Sidney, con le vittorie su Stakhovsky e Fognini (allora n.18) prima dello stop contro Kukushkin. Poi di nuovo ai box, prima di Melbourne.

Merlisa Lawrence Corbett, editorialista di Bleacher Report, paragona il destino amaro di del Potro a quello di un suo coetaneo altrettanto talentuoso, il cestista NBA Derrick Rose, asso dei Chicago Bulls e MVP (miglior giocatore) del 2011, vittima di numerosi interventi al ginocchio, esattamente come Del Potro col polso.
Entrambi amatissimi dai fans perché al contempo talentuosi ed umili, apprezzati dentro e fuori dal campo, per entrambi “fino a qualche tempo fa si parlava del loro pieno recupero con la parola quando, ora con la parola se”.

Il focus della columnist si sposta poi sul dritto devastante di Del Potro, che tanto manca agli appassionati (“il botto che la palla emette quando incontra la sua racchetta è roba da rompere i timpani”) e sulle frasi a riguardo di Richard Berger, il chirurgo che ha operato il polso dell’argentino, che ne descrive il colpo come il suo tallone d’Achille, in termini fisici: “è quasi come se la palla viaggiasse a velocità supersonica, dovuta a un enorme trasferimento d’energia su tutto il suo corpo. A partire dalle gambe, attraverso tutta la schiena, lungo il braccio passando per il polso fino alla racchetta. Ad un certo punto, sia per motivi genetici sia per i movimenti cui si sottopone, l’integrità di qualcuna di queste strutture corporee viene oltrepassata. La forza esercitata è superiore a quella cui le strutture sono in grado di resistere. Da qui hanno origine i suoi infortuni”.

Da queste parole, un altro paragone di lusso che salta alla mente è quello con Luis Nazario de Lima, meglio noto come Ronaldo. Anche la carriera dell’asso brasiliano di Inter e Real Madrid è stata funestata da numerosi e gravi infortuni, fino a quello del 2008, all’epoca in cui giocava nel Milan, che ha posto fine alla sua carriera europea, prima degli ultimi due anni al Corinthians. Quello che più accomuna il tennista argentino al Fenomeno sono proprio le parole del chirurgo dell’argentino: l’enorme potenza che il corpo non riesce a sopportare e alla quale finisce per cedere.

Uscendo dai paragoni coi campioni di altri sport e tornando al tennis, è il caso di augurarsi che i toni funerei adottati dalla Corbett (che chiude il suo articolo così: “del Potro, come Derrick Rose, è peggio che infortunato: è propenso all’infortunio”) vengano presto smentiti e che del Potro possa definitivamente tornare all’attività agonistica con la possibilità di esprimersi ai massimi livelli, senza la paura di una ricaduta dietro l’angolo. Non è solo l’augurio di molti appassionati, ma un’autentica necessità per il tennis attuale. Non va dimenticato che Juan Martin è stato il primo a interrompere negli Slam il dominio dei Fab Four, strappando a Federer la possibilità di vincere nel 2009 lo US Open dopo aver trionfato sia al Roland Garros che a Wimbledon. Il titolo del 2009 è l’unica casella di un Major non firmata da uno tra Federer, Nadal, Djokovic o Murray dalla vittoria di Marat Safin all’Australian Open 2005. Per trovare un altro nome bisogna arrivare al Wawrinka campione a Melbourne 2014. Ciò che nella finale del 2009 colpì non meno del risultato fu la capacità dell’argentino di non mollare un millimetro, nemmeno quando, sotto 2 set a 1, tutti, Federer per primo, davano lo svizzero come sicuro vincitore. Il tennista di Tandil fu capace di riscrivere un copione già disegnato, giocando da veterano il tie-break del quarto set che, se perso, avrebbe consegnato il titolo nelle mani di Roger.

La necessità di un del Potro di nuovo al top deriva soprattutto dalla discontinuità di cui ancora difettano le “nuove leve”, non a caso ancora dietro i Fab Four. Kei Nishikori sta mostrando miglioramenti continui ma non sembra ancora in grado d’insediare la vetta del ranking, Stan Wawrinka è ancora capace di trovare le due settimane di grazia ma non certo di sovvertire l’attuale status quo, Grigor Dimitrov sta costringendo i suoi estimatori a rileggere James Joyce e la figura di Godot, Milos Raonic non ha ancora compiuto il salto definitivo verso un tennis al top anche in risposta e Marin Cilic, capace anche lui di vincere a New York, deve ancora dare un significativo seguito a quelle due settimane dove tutto funzionava alla meraviglia. Del Potro, dopo New York, arrivò fino al numero 4 del mondo, quando rientrò fece sempre molto bene (ricordiamo la semifinale fiume delle Olimpiadi di Londra 2012 con Federer, persa solo 19-17 al terzo set dopo 4 ore e mezza di partita, prima della vittoria del bronzo su Djokovic, e la semifinale di Wimbledon 2013, quando costrinse sempre Djokovic al quinto set dopo aver annullato due match point) e non è azzardato affermare che senza l’infortunio e le ripetute ricadute il gigante di Tandil avrebbe tranquillamente scalzato Murray dal gradino più basso dei Fab Four e sarebbe a giocarsi semifinali e finali di Slam e Master 1000 con i soliti tre.

Teoria, questa, cui ha ieri dato credito Roger Federer. Lo svizzero, come riporta ESPN, ha dichiarato di ammirare il gioco di Juan Martin: “colpisce molto bene la palla e riesce a essere sempre calmo in campo. Avrebbe potuto diventare numero 1 dopo la fine del 2009 ma l’infortunio gli ha negato questa possibilità”. Eloquenti le parole di Federer sul vantaggio avuto da lui, Nadal, Djokovic e Murray dall’infortunio di Del Potro: “Sono certo che in quel periodo noi abbiamo vinto tanto anche a causa dei guai fisici occorsi a Delpo e anche a Davidenko e Soderling. Ora spero possa tornare ai suoi massimi livelli, anche se sarà difficile nel breve periodo”.

È vero, Roger è sempre politicamente corretto dunque è normale, quasi ovvio che si auguri che del Potro torni a giocare al meglio, ma è meno ovvia l’affermazione sul possibile numero 1 senza gli infortuni. Soprattutto, è tutto tranne che scontata la frase sul vantaggio di cui lui e i suoi colleghi d’immortalità avrebbero avuto dall’assenza di Del Potro. Più che il rispetto per chi lo ha battuto nella finale di un Major, la frase dell’elvetico colpisce perché è ben lontana da quelle che, dichiarazioni di facciata a parte, i big hanno finora riservato a chi viene dopo di loro in classifica in quest’ultimo periodo.

 

 

 

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