Due semifinali femminili assai poco memorabili alla vigilia di due semifinali maschili da ricordare?

Editoriali del Direttore

Due semifinali femminili assai poco memorabili alla vigilia di due semifinali maschili da ricordare?

E’ questa la speranza. Lucie Safarova batte Ana Ivanovic in un match costellato di errori. Serena Williams risorge dalla febbre e dal 6-4 3-2 con l’aiuto di una distratta e “generosa” Timea Bacsinszky nel duello delle lacrime. Hanno pianto entrambe. Tsonga sogna… Noah, Wawrinka ricorda d’aver battuto Djokovic

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Non sono riuscito ad entusiasmarmi per le semifinali femminili. Il nostro superesperto di tennis femminile AGF – il cui ottimo “pezzo” del 2014 su Lucie Safarova ho trasmesso a Gianni Clerici perché gli servisse da informazione e spunto – mi perdonerà.

Non mi hanno entusiasmato i 66 errori gratuiti della prima semifinale, quella vinta appunto dalla Safarova sulla Ivanovic – più di un terzo dei 170 punti complessivamente giocati – anche se mi ha fatto in fondo piacere che Lucie Safarova, della quale per anni si è parlato quasi esclusivamente perchè… la fidanzata di Tomas Berdych, abbia raggiunto la prima finale di uno Slam, dopo che fino a due anni fa sembrava incapace perfino di fare il suo ingresso tra le top 20 nonostante l’indiscutibile talento che di tanto in tanto mostrava. Ma che la sua fragilità nervosa disperdeva. Come quando in Australia contro la Li Na perse un match incredibile dopo essere stata avanti 6-1 5-3. Il vizio di commettere doppi falli nei momenti importanti, decisivi, non l’ha abbandonata nemmeno oggi: sul 5-4 nel secondo, dopo aver rimontato il primo da 1-4 a 7-5, sul primo matchpoint ne ha infatti commesso uno che – ancora una volta – poteva costarle carissimo. Ma la Ivanovic oggi era più… perdente di lei, ha sbagliato l’impossibile, compresa – in un punto assai importante sul 6-5 del primo set – una volèe sulla rete talmente facile che – come fece una volta l’ex campione d’Italia (1939 e 1949: nel ’39 anche campione d’Italia con la Virtus di basket) Pier Giovanni Canepele – Ana avrebbe potuto fermare con la mano scusandosi e dicendo: “Troppo facile!”, rifiutando così di concludere il punto con la racchetta.

Scena memorabile, indimenticabile anzi. Ma l’Ivanovic non ha lo stesso sense of humour – davvero unico – che aveva Canepele, ex capitano di Coppa Davis del 1959-1960. Ricordo un brevissimo aneddoto di Canepele, un anno che io – dopo una serie di set a girare giocati al Tennis Roma di Forte dei Marmi (dove insegnava il papà di Paolo Bertolucci, il maestro Gino con i pantaloni lunghi di flanella anche in piena estate… e come insegnava il rovescio lui non c’era nessuno al mondo) – avevo vinto 3 set e persi 2 con vari amici (Fausto Gardini fra gli altri, Paolo Galgani etcetera…), fui consigliato a chiedere le mille lire di scommessa che veniva “giocato” su ogni set: io le avevo vinte e il “tiratissimo” avvocato Canepele invece le aveva perse. “Avvocato, pare che lei mi debba mille lire“ mi avvicinai con una certa timidezza all’ex campione, 30 anni più anziano di me. E lui pronunciò una sola parola: “Umorista!”. Al che io, un po’ imbarazzato replicai: “Beh avvocato se non può oggi me le darà domani…”. E lui: “Ottimista!”.

Va be’, scusate la digressione personale, ma qualunque cosa da scrivere nel giorno di queste semifinali femminili, e dopo un doppio maschile in cui i soliti Bryan hanno inflitto la solita lezione di doppio (6-3, 6-3, pur essendo stati indietro di un break nel primo set: “Quasi un miracolo strappare la battuta al mancino dei Bryan, di solito non arrivavamo a 30…” ha detto Bolelli) ai nostri due singolaristi prestati al doppio Fognini e Bolelli (qualificati di fatto per il Masters di fine anno), mi pare più divertente. E su Canepele ho tanti di quegli aneddoti che credo i lettori si divertirebbero a conoscere, anche se non hanno mai conosciuto di persona l’ex giocatore bolognese nonché capitano azzurro. Personaggio più unico che raro (al di là del fatto d’essere stato campione d’Italia di due sport nello stesso anno! La prossima volta se voleste… ma solo dietro eventuale richiesta!)

Torno alla Safarova, ancora scusandomi per dire che… dovreste rileggere l’ottimo articolo che le ha dedicato l’altro giorno la nostra Laura Guidobaldi dopo le due vittorie su Sharapova e Muguruza.

Il segreto della Safarova che gioca bene su tutte le superfici anche se in 12 anni sul circuito non aveva mai raggiunto prima una finale di Slam? L’essere nata in un Paese in cui d’inverno sei obbligata a giocare su superfici veloci indoor e d’estate su campi anche abbastanza lenti in terra battuta. Si impara a giocare tutti i tipi di tennis, così”.

E, sebbene nessuna tennista al 100 per 100 ceca fosse più arrivata a giocare una finale al Roland Garros dai tempi di Hana Mandlikova nel 1981… solo perchè la Navratilova aveva preso nel frattempo la cittadinanza americana, che altrimenti ha vinto questo torneo nel 1984 sulla Evert, da cui avrebbe poi perso nelle finali dell’85 e dell’86, per perdere poi da Steffi Graf anche quella dell’87, forse la ragione principale per cui il tennis “made” nell’ex Cecoslovacchia ha sempre avuto grande tradizione e ottimi risultati sia in campo maschile sia in quello femminile è proprio quella ricordata da Lucie Safarova: i tennisti di quel Paese imparano e sanno giocare su una superficie come sull’altra. Più che negli altri Paesi cui mancano o i campi coperti (nell’ex Jugoslavia a Belgrado Ivanovic e Jankovic si allenavano sul fondo di una piscina senza acqua e che era così stretta che non potevano giocare in diagonale; in Spagna ce ne sono pochissimi e forse solo, al di fuori della Caixa Magica di Madrid, nelle academies di tennis dei vari Sanchez-Casal, Bruguera et similia) o in campi in terra battuta (in Svezia ci sono quasi soltanto a Baastad).

Serena Williams nella seconda semifinale ha vissuto uno dei suoi innumerevoli psicodramma: sembrava moribonda ancor prima di perdere il primo set 6-4 con la Bacsinszky. Aveva probabilmente la febbre, ai cambi campo si cingeva la testa con un asciugamano bagnato, a volte pareva che stesse per svenire, per cadere, quasi non correva più… e poi invece è improvvisamente risorta dal 2-3 e sotto di un break nel secondo set, inanellando dieci games di fila per vincere secondo e terzo set, 6-3, 6-0 contro un’avversaria che non c’era più con la testa, comprensibilmente distratta dalla situazione. Ha pianto più volte Serena nel corso del match, avrebbe pianto Timea Baczsinszky a fine match per la grande opportunità sfuggitale.

La svizzera – di cui invito a leggere la storia personale assai particolare, con tanto di intervista esclusiva per Ubitennis (invito già rivolto più d’una volta, ma a qualcuno potrebbe essere sfuggito) – era assai frastornata e le ha dato una bella mano sbagliando lo sbagliabile. Non era mai successo a Serena di perdere 4 volte il primo set nello stesso Slam, per poi arrivare in finale.

Ma meno male che ci è arrivata, perché credo che una finale Safarova-Bacsinszky avrebbe battuto tutti i record negativi in termini di audience televisiva… molto peggio che Cilic-Nishikori all’ultimo US Open dove almeno tutto il Giappone e buona parte della Croazia si erano mobilitati davanti alla tv.

Per quanto riguarda invece le semifinali maschili mi aspetto due buone partite. Per la Francia sarebbe super ritrovare un francese in finale a Parigi, come – anche per le origini africane e il colore della pelle – era stato Yannick Noah, campione del 1983 su Mats Wilander (campione dell’anno precedente).

Tsonga, che torna a buon diritto ad essere il n.1 di Francia – scavalcando Simon – è il secondo francese che riesce a raggiungere le semifinali del Roland Garros per più di una volta (l’altra fu nel 2013). No, l’altro non era Noah, ma Henri Leconte, semifinalista tre volte, 1986, 1988 e 1992, con una finale giocata e persa nel 1988 con Wilander, fra i fischi per come “Riton” mollò clamorosamente dopo il primo set ben lottato: 7-5 6-2 6-1.

Tre dei dieci semifinalisti francesi al Roland Garros erano poi riusciti a raggiungere la finale. Patrick Proisy nel ’72 (perse da Andres Gimeno, il più anziano dei campioni dell’era open a Parigi), Noah nel 1983 e Leconte nel 1988.

Tsonga può battere Wawrinka anche se le ultime due partite con lui le ha perse (2013 a Madrid e 2014 nella finale di Coppa Davis ma Jo Wilfried era menomato…) e ci aveva vinto nel 2013 a Montecarlo e nel 2012 qui al Roland Garros 6-4 al quinto dopo averci perso 63 al quinto l’anno prima pur essendo stato in vantaggio per due set a zero.

Francamente chiunque vinca di loro due a me sta bene. Mi piacerebbe rivedere un francese in finale dopo tanto tempo. Credo che la federazione francese – la migliore di tutto il mondo – lo meriterebbe dopo tutto l’eccellente lavoro che fa a tutti i livelli, per tirar su dei giovani, con i club, con il Roland Garros, per il tennis in generale. E per lo stesso Tsonga che è un personaggio positivo, per nulla montato, semplice, disponibile, onesto, corretto, e piacevole da vedere giocare: attaccante, aggressivo, generoso, istintivo. Deboluccio di rovescio, ma esplosivo al servizio e con il dritto, atletico quasi come lo era Yannick Noah, brillante a rete.

Agli effetti però di una finale che prevederei più interessante se l’avversario sarà – come immagino – Novak Djokovic, forse sarebbe meglio che anziché Tsonga ci arrivasse il suo avversario Stan Wawrinka.

Mentre Tsonga era stato battuto nettamente 9 volte da Djokovic dal 2012 fino a che a sorpresa, ma in circostanze particolari, Tsonga è riuscito a battere Djokovic lo scorso anno all’Open del Canada, le battaglie fra Djokovic e Wawrinka sono state fra le più belle ingaggiate negli ultimi due anni. Ben quattro sono finite al quinto set, tre delle quali all’Australian Open in tre edizioni di fila: con un 12-10 finale per Djokovic nel più bel match dell’edizione 2013 (in ottavi), il 9-7 al quinto per Stan the Man nel quarto di finale del 2014, fino al 6-0 al quinto di questo gennaio 2015. Nel mezzo il 6-4 al quinto della semifinale dell’US Open 2013 nella quale lo svizzero conduceva due set a uno, ma la perse 6-4 al quinto.

Insomma ci sono più chances che ne venga fuori una finale migliore, se vincono sia Wawrinka sia Djokovic.

Francamente anche se Murray quest’anno è imbattuto sulla terra rossa, non vedo come lo scozzese possa battere Djokovic sulla terra rossa: la cosa più curiosa, direi, è che su 26 duelli fra i due, soltanto due siano avvenuti sulla terra rossa. Un 6-0 6-4 per Novak a Montecarlo 2008 e un 7-6 al terzo sempre per Novak a Roma nel 2011: ma la spiegazione è abbastanza semplice. Mentre Djokovic è quasi sempre andato molto avanti in tutti i tornei sul “rosso” in tutti gli ultimi anni, invece Andy ha perso spesso prima delle fasi finali e quindi non ha potuto incontrare Novak.

Lo ha incontrato invece sulle superfici sulle quali è stato più competitivo. Comprese diverse finali di Slam in Australia, Wimbledon e Us Open.

Con risultati alterni anche se Murray ha… goduto più sull’erba di casa, e Djokovic sui campi in cemento.

Insomma non mi sbilancio un granché se pronostico Djokovic vincitore oggi su Murray. Mentre, ribadisco, sull’altra semifinale, chiunque vinca va bene. Se fossi Djokovic non so se preferirei avere contro Tsonga, battuto tante volte, e tutta la Francia, oppure Wawrinka che contro Federer mi ha davvero impressionato (ma è ormai un Federer che è sceso un gradino sotto ai migliori, a parer mio) e potrebbe rivelarsi un avversario più ostico. Perchè a mio avviso Wawrinka è più forte sulla terra rossa che sul cemento, anche se il suo unico Slam lo ha vinto in Australia un anno e mezzo fa.

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