Rafael Nadal, qualcosa si è rotto. Cosa si agita nella mente del campione?

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Rafael Nadal, qualcosa si è rotto. Cosa si agita nella mente del campione?

Nadal non è più Nadal. O meglio, oggi è una nuova versione del ragazzino dalla forza mentale indistruttibile. L’uomo di oggi sembra mostrare tutte le sue fragilità

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Ricordate Rafael Nadal? Era il giovane in canotta con i muscoli in vista, quello con il pantaloncino che faceva storcere il naso ai più, forte, potente, e con gli occhi di chi vuole vincere e che le vittorie se l’è prese con una furia smodata nel corso degli anni. Pensate al personaggio che è nato dall’immagine che tutti abbiamo visto in tv e sui campi da tennis per anni, a quel ragazzo che ha osato battere Roger Federer ed intromettersi nella sua carriera sportiva, quello che aveva la forza mentale di un toro, diventato poi il simbolo del suo clan. E pensate poi a quanto quel personaggio sia stato costruito dai suoi meriti e dalla stampa, che ne ha descritto e lodato la forza e le capacità di mettere in difficoltà un avversario anche solo con il suo nome su un tabellone, quando ad affrontarlo sapevi che sarebbe stata la sfida più incredibile della tua vita tennistica.

Ma quel ragazzo è mai esistito? Quanto di quel Nadal descritto sulle pagine di blog e giornali esiste davvero? Lui, che vive ancora con i genitori, è lo stesso ragazzo che ha chiesto il permesso alla mamma per comprare la sua prima auto di lusso dopo la promessa mantenuta di alzare la coppa a Wimbledon. Rafel, come lo chiamano a Manacor, ha paura del buio e dei temporali. L’idea è che in Rafa si agita qualcosa di più grande della sua capacità di vincere 14 titoli dello Slam, ovvero che in lui coesista l’insicurezza e la fragilità di un ragazzo a cui hanno insegnato che si deve vincere a tutti i costi e che adesso, a 29 anni, emerga la difficoltà di affrontare la sconfitta.

Negli anni Rafa ha dovuto affrontare la sconfitta, ma non è vero che prima di questo complicato 2015 non sapesse cosa volesse dire perdere e rimettersi in piedi. La sua carriera è stata costellata da infortuni, la sconfitta forse più atroce per uno sportivo, la consapevolezza non di poter essere tranquillo ed in pace con il tuo corpo, che a volte ti dice di fermarti, che è troppo. Un magazine spagnolo realizzò proprio un anno fa una infografica dei problemi fisici che hanno afflitto Nadal durante la sua carriera. Ad un certo punto, anche quella sicurezza granitica che lo ha sempre accompagnato, la sua famiglia, sembrava essersi sgretolata. Accadde di ritorno dalla vittoria agli Australian Open del 2009, quando il padre, in aereo, gli disse che lui e Ana Maria (la mamma) si sarebbero separati. Un colpo durissimo per Rafa, che ha avuto pesanti ripercussioni anche sul suo gioco. Ma se nella famiglia Nadal sembra poi essere tornato il sereno, nel Rafael che cresceva e lottava contro il suo stesso fisico, contro i nuovi avversari, contro la sua testa, qualcosa ha iniziato ad emergere. Ed è un qualcosa che è sempre stato dentro di lui, una fragilità accresciuta negli anni, e celata dalle vittorie e dagli obiettivi giovanili.

Dei suoi problemi fisici è stato detto di tutto, oggi però sembra esserci qualcosa di diverso: l’incapacità di ricostruire la fiducia persa, fattore che la mancanza di vittorie sta minando sempre di più. E per quanto si possa notare un calo fisico dovuto all’età, tappa che tutti prima o poi attraversano in carriera, certi errori banali e grossolani che ha compiuto in campo fanno pensare ad una tranquillità persa. Dopotutto, basta leggere la sua biografia, pubblicata nel 2011, quando aveva solo 25 anni: un libro che non ripercorre una carriera, ma che racconta, attraverso la storica finale di Wimbledon del 2008, il Nadal più intimo. Un ragazzo per cui la vittoria nella vita rappresenta tutto, nonostante il mantra delle sue ultime interviste sia diventato ‘so perdere, so cosa significa’. Le 12 sconfitte subite quest’anno – la più dura forse arrivata al Roland Garros, torneo che il campione spagnolo ha vinto 9 volte – non sono solo il sentore di un declino atletico, ma anche il segno di quell’ansia che lo coglie quando prima era capace di risalire la china nei momenti di difficoltà.

Ripensando agli ultimi anni, forse il momento spartiacque della sua carriera è stata la finale dell’Australian Open 2014, un momento in cui il suo corpo lo ha tradito per l’ennesima volta, ma da cui non è più riuscito a riprendersi. Certo, ha vinto il suo nono titolo al Roland Garros pochi mesi dopo, ma la ferita, anche fisica, che quella sconfitta gli ha lasciato, sembra non essersene più andata. Lentamente lo abbiamo visto lottare contro i problemi fisici arrivati nel finale di stagione, cercare di tornare a galla, ma qualcosa nel suo sguardo sembra essersi spento. Non c’è quella cattiveria che lo ha sempre contraddistinto, e neanche quella fredda concentrazione che gli faceva superare i match più difficili.

Qualcosa si è rotto. Nell’equilibrio che aveva costruito fra il campione imbattibile e il ragazzo fragile, adesso che le vittorie non arrivano più e che la fiducia è ai minimi storici. Quel ragazzo senza paura probabilmente non è mai esistito, era solo l’immagine che gli si era attaccata addosso, quando la sua furia arrivò nel circuito, e che negli anni è stata accresciuta dalle vittorie. Se e quando Nadal riuscirà a ritrovare il suo gioco, i giusti stimoli, la voglia di vincere e lottare, non possiamo saperlo. C’è un equilibrio da ricostruire. E a 29 anni, con il peso di 10 anni già passati nel circuito, con il peso degli infortuni che sembrano diventare sempre più gravi e di difficile recupero, potremmo non rivedere più Nadal per come lo conoscevamo.

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