In principio fu l’erba, aristocratica, imprevedibile e ricca di fascino. A quel tempo i campi duri erano riservati solo agli spazi pubblici, grazie principalmente al minor bisogno di manutenzione e videro crescere fenomeni veri come Maurice “The Comet” McLoughlin, Ellswort Vines o Jimmy Connors. Fin verso la fine degli anni ’70 l’erba è rimasta la superficie regina. Perfetta quella di Wimbledon, “buona per pascolare le vacche” quella australiana (come disse Rod Laver) scivolosa a Forest Hills ma sempre erba. La svolta, come spesso è accaduto nel ventesimo secolo, avviene a New York quando nel 1979 gli US Championships traslocano a Flushing Meadows sul cemento verde del Louis Armstrong Stadium e incoronano un diciannovenne del posto, tale John McEnroe. Dopo qualche anno lo slam australiano ne ha seguito l’esempio e oggi il rapporto si è capovolto con l’ATP che mette in palio proprio sul duro il maggior numero di punti. Per qualche tempo il nostro Nicola Pietrangeli è stato testimonial di uno spot televisivo che aveva lo scopo di promuovere la costruzione di un maggior numero di campi veloci in Italia, vedremo in futuro con che risultati. Per il momento accontentiamoci di questa classifica.
10. Dominic Thiem
Ora è dominante su terra ma la sua fluidità di braccio, il timing e il talento naturale ne possono fare un grande giocatore anche sui campi veloci. Dovrà imparare, crescere in potenza ma le caratteristiche di gioco sono adatte per farne un nuovo Wawrinka.
9. Jo-Wilfried Tsonga
Si tratta di un giocatore umorale, che quando è in giornata può battere chiunque ma il suo stile piatto e potente, dalle traiettorie rettilinee può essere letale sul cemento. L’interrogativo risiede piuttosto nella sua capacità di tenere un dato livello all’interno della stessa partita e, per estensione, di uno stesso torneo.
8. Rafael Nadal
Dopo aver conquistato nel 2013 il suo secondo titolo a Flushing Meadows, Rafa è calato e oggi sta disperatamente provando a rimanere col treno dei migliori nonostante una forma fisica in declino. Il dritto a uncino è meno veloce e profondo, la battuta non è mai stata al fulmicotone ma sempre piazzata e precisa, in funzione del colpo successivo che però, come detto, oggi non è più lo stesso.
Uniamo a questo le violente sollecitazioni che le articolazioni subiscono sul duro e avremo un quadro chiaro del motivo per cui, a discapito del leggendario spirito combattivo, appare molto difficile per Rafa rinverdire i fasti del passato.
7. Kei Nishikori
L’anno scorso a New York è stato incredibile. Ha sconfitto in incontri serrati Raonic, Wawrinka e Djokovic a dispetto di un evidente deficit di potenza. E’ un grande colpitore d’anticipo e finché comanda lui tutto bene. Però in difesa è poco efficace, è un giocatore molto meccanico e la battuta non costituisce mai un fattore nel suo gioco, costringendolo a sprecare energie preziose che mancano poi in termini di riflessi e lucidità in risposta, soprattutto contro i bombardieri.
6. Marin Cilic
Il croato ha vinto a sorpresa la scorsa edizione degli US Open ma la sorpresa non è stata il suo gioco bensì la consistenza mentale. Servizio-bomba, colpi pesanti da entrambi i lati e una potenzialità ancora inespressa a rete lo hanno condotto ad un record in carriera di 191-95 sul duro che appare molto migliorabile. L’anno passato tutto è stato perfetto, compreso il Federer spompato da Monfils incontrato in semifinale ma il power game di Marin è sempre in agguato.
5. Tomas Berdych
Il picchiatore ceco (sembra un ossimoro…) è premiato dalla sua consistenza nel corso di quest’anno e della carriera. Il suo purissimo talento di colpitore lo porta sempre nei dintorni dei quarti di finale dei maggiori tornei hard courtn nei quali servizio e dritto rivestono grande importanza. Spesso manca nei momenti decisivi e nel gioco di gambe, ma chi vorrebbe trovarselo di fronte, magari in giornata, sul cemento?
4. Andy Murray
Campione a Flushing Meadows 2012, Andy possiede un terrificante gioco su ogni superficie, colpi fluidi, tocco di palla grande mobilità e spettacolari doti difensive. Ma queste ai massimi livelli non sempre bastano. Rispetto a Nole o Stanimal, Murray ha meno potenza mentre e questo lo limita anche contro Roger, non consentendogli mai punti facili
3. Roger Federer
Il Re è il Re e merita il podio ancora oggi all’età di trentaquattro anni suonati. La sua velocità di palla sul duro non è frutto di potenza ma di fluidità e anticipo sovrannaturali, resi possibili dal gran gioco di gambe e da un intuito da indovino. Cinque titoli consecutivi nella Grande Mela ne fanno forse il migliore di tutti su questo tipo di superficie ma oggi come oggi sia Djokovic che Wawrinka, se in giornata però, possiedono la potenza pura per scardinare il gioco di Roger. Il quale peraltro in carriera ha sempre sofferto i super-picchiatori, quelli che ti strappano la racchetta di mano come Safin, Nalbandian o Del Potro.
2. Stan Wawrinka
Gli ottantuno chili per un’altezza di 1,83 di Stan si sentono tutti ogni volta che la sua palla colpisce la racchetta avversaria, soprattutto su prime di servizio che viaggiano facilmente sui 220 kmh. Stanimal, o “Stan the man” come recano le sue magliette d’allenamento, ha vinto due Majors in un anno e mezzo, uno sul duro e l’altro sulla terra incontrando e battendo entrambe le volte Nole. Incontri da ricordare e che lo svizzero ha vinto con la testa più che col braccio. Ora è libero di mente, come chi ha fatto una scelta convinta ed è felice di averla fatta. E la sua scelta è picchiare a tutta, sempre.
1. Novak Djokovic
Allo stato attuale c’è Novak Djokovic e poi tutti gli altri. In corsa per il terzo slam dell’anno solare, Nole è sempre il logico favorito di qualunque torneo. Soffermandosi sul suo rendimento sul cemento si nota che spesso risulta ingiocabile su superfici dure ma più lente e abrasive, come Miami o Indian Wells ma in linea generale l’estrema velocità di braccio, l’anticipo e la fluidità sono i motori che generano la sua distruttrice potenza di gioco. Un discorso a parte meritano il fisico e la mobilità. Novak non è un muscolare, punta sull’elasticità estrema del suo corpo. Quando fa stretching prima dell’incontro sembra un contorsionista e questa dote gli consente recuperi estremi in difesa. E come recita una legge eterna del tennis “…fai sempre giocare un colpo in più al tuo avversario”.