Buon compleanno a Gardnar Mulloy: 102 anni di tennis, guerra, scrittura e grande vitalità

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Buon compleanno a Gardnar Mulloy: 102 anni di tennis, guerra, scrittura e grande vitalità

Spegne 102 candeline l’americano Gardnar Mulloy, il più anziano campione Slam ancora vivente. Non si è mai fermato neanche per un attimo e probabilmente continua anche oggi a giocare a tennis. Riviviamo la sua storia a partire dalla foto di Art Seitz

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Domani, Domenica 22 Novembre, Gardnar Mulloy compirà 102 anni. È il più anziano vincitore di Slam ancora in vita, con 5 titoli in doppio di cui 4 agli US Championships e uno a Wimbledon. Per capire chi è, prima di elencare le sue vittorie, conviene concentrarsi sulla foto di Art Seitz, il ritratto del Mulloy 102enne, che vedete sopra. Il fotografo non si accontenta mai di una foto asettica, vuole metterci del suo. Art Seitz immortala magnificamente il profilo di Mulloy in controluce, esaltando al massimo il candore dei capelli di Gardnar: il fulgore quasi accecante di quei capelli sembra rivendicare i successi del campione, mentre di contrasto il suo volto reso scuro dal gioco di luci e ombre di Seitz tradisce il peso degli anni e apparentemente trasmetterebbe tutta la malinconia per il passato che non c’è più. A ben guardare, però, l’espressione è serena: Mulloy sa che ha fatto molto nella sua vita, infatti ogni sua ruga, ogni segno della sua vecchiaia, è una traccia di qualcosa che lo ha caratterizzato, qualcosa per cui anche in futuro si parlerà di lui.

Non è stato un campionissimo del calibro di Nicola Pietrangeli, Ken Rosewall, Bjorn Borg o Roger Federer, ma ha vinto 5 titoli dello Slam in doppio, in un’epoca in cui il doppio era il doppio, tutt’altro che snobbato dai migliori singolaristi come succede oggi. Di questi 5 successi, 4 sono gli US National Championships (antesignani degli US Open) in coppia con Bill Talbert, nel 1942, 1945, 1946 e 1948, poi il titolo di Wimbledon nel 1957, in coppia con Budge Patty, a 44 anni suonati, superando Neale Fraser e Lew Hoad. In singolare gioca una finale Slam agli US National Championships del 1952, sconfitto dall’australiano Frank Sedgman, venendo classificato come n.1 americano in quella stagione. Raggiunge una semifinale in Australia nel 1947 e una a Wimbledon nel 1948. Agli Internazionali di Francia non va oltre i quarti di finale, raggiunti 3 volte consecutive dal 1952 al 1954. Anche la sua carriera in Coppa Davis è vincente: ha giocato 14 match vincendone 11, contribuendo ai successi degli Stati Uniti nel 1946, 1948 e 1949.
Viene insignito della presenza nella Hall of Fame di Newport nel 1972.

Tutto questo è esaltato da quei capelli bianchissimi, così vitali sebbene fedele specchio della sua età. Il suo volto più scuro e rugoso raffigura il resto della sua vita. Altrettanto vitale, intensissima: ha combattuto nella Seconda Guerra Mondiale come ufficiale di comando della Marina statunitense nel Mediterraneo, si è laureato nel 1936 all’Università di Miami, dove poi è stato allenatore di tennis, scorgendo il talento di Pancho Segura, l’equadoregno che vinse tre titoli universitari NCAA sotto la sua guida prima di diventare professionista e vincere tre U.S. Pro Tennis Championships tra il 1950 e il 1952, per poi dedicarsi anche lui al ruolo di coach, seguendo anche Jimmy Connors.

Hai poi scritto un’autobiografia, “The Will To Win”, pubblicata nel 1960. Nel 2009 ha aggiornato il libro della sua vita, intitolandolo “As it was”, con introduzione di Billie Jean King. In un passaggio di quel testo, esprime grande ammirazione per Arthur Ashe: “Tra tutti gli sportivi che ho conosciuto, quello che ho più ammirato è stato Arthur. L’essere di colore lo ha costretto a superare di diversi ostacoli, tipici di questo mondo pieno d’intolleranza”.

Uno dei tanti motivi per cui verrà ricordato è anche l’assidua presenza nei tornei del circuito Senior, dove ha giocato regolarmente fino agli anni Novanta, contribuendo alla creazione di un torneo che porta il suo nome, la Mulloy Cup, riservato ai tennisti dagli 80 anni in su. Fino al 2006, alla veneranda età di 93 anni, Mulloy ha giocato e vinto match a livello senior.
Secondo Rino Tommasi, altro grande decano del tennis che qui non ha certo bisogno di presentazioni, il circuito Senior non ha un gran significato. “Ho avuto la fortuna di vedere McEnroe e Edberg nei loro anni migliori, vederli ora mi mette un po’ di tristezza”. A chi gli ribatte che i giovani guardandoli oggi possono comunque esaltarsi, Rino adotta un’espressione come per dire: ”Io li ho visti quando esprimevano il meglio, oggi i giovani si esaltano per Federer, Nadal e Djokovic”. Insomma, per Tommasi quando gli anni passano meglio dedicarsi ad altro. Eppure, eventi come la Grande Sfida continuano ad attirare molta gente, come abbiamo appena visto a Verona con McEnroe e Wilander. Il merito è anche di Gardnar Mulloy, un arzillo signore di 102 anni che non ha la minima intenzione di vivere senza passione il resto della sua vita.

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