Gli articoli più letti dell'anno. Ottobre: Federer e Nadal, c'eravamo tanto amati

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Gli articoli più letti dell’anno. Ottobre: Federer e Nadal, c’eravamo tanto amati

Vi riproponiamo gli articoli di maggior successo del 2015 di Ubitennis, quelli più apprezzati da voi lettori. A ottobre, Roberto Salerno ci ha presentato la finale di Basilea, che vedeva in campo Roger Federer e Rafael Nadal

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A Basilea si gioca LA partita per antonomasia in un primo novembre di gradissimo tennis.

Qui l’articolo originale

Che dietro la sobria e ostentata eleganza, sia permesso il mezzo ossimoro, di Roger Federer scintilli un pizzico di luciferina cattiveria si sa almeno da quando con risentito cipiglio disse al povero  Jake Garner “Don’t tell me to be quiet, ok? When I want to talk, I talk“, durante una delle tante occasioni sprecate dallo svizzero. Chissà quindi se anche oggi, al servizio per chiudere il match contro un brav’uomo come Jack Sock, non gli sia passata dalla mente l’idea di far saltare tutto. Il match, la finale, la pizza con i raccattapalle, l’agognato trentaquattresimo atto di una storia che sembrava finita, scordandosi che con quel diavolo di Manacor non finisce mai. Il doppio fallo con cui ha aperto il game, le tre clamorose risposte di Sock, il break, chissà. Alla fine non se l’è sentita Roger. Ha scordato ventritre sconfitte, un paio di grandi slam mandati al diavolo, tanti Roland Garros che non vale più la pena contarli, quel dritto inesorabile che andava, va, andrà a finire giusto un po’ sopra l’anca sinistra, è ha fatto quello che doveva: ha vinto. E domani incontrerà Rafael Nadal, l’uomo che non muore mai, che perde, cade, risorge, ma ancora non giace, attaccato all’ultimo match com’è sempre stato attaccato a qualsiasi punto.
L’ultima volta era stato due anni fa, in un paese lontano e caldo, all’aperto, in una semifinale slam. Sono neanche due anni ma sembrano cento. Da allora sono successe talmente tante cose che era persino giusto che i due interrompessero i loro confronti. Proprio alla vigilia di un rimpianto di Rafa, che però vincerà – solo lui sa come – solo un’altra  volta Parigi. Roger non vincerà un’altra volta Wimbledon, andrà sempre in finale ma non vincerà. E Rafa cederà lo scettro della terra rossa anche se poi l’usurpatore di Parigi è l’uomo che non ti aspettavi. Tra i due, tra Roger e Rafa è calata un’ombra. Ma solida compatta, forse ancora più mefistofelica, sicuramente più di Rafa ma probabilmente anche del troppo titubante Roger. Un’ombra in grado di passare ore e ore a rifare sempre la stessa cosa e a non sbagliarla mai. Rafa è uscito scorato dal confronto con quel tipo, si è rifugiato nei suoi malanni, è riuscito ad evitarlo ma solo perché i dubbi si sono fatti così tanto largo nella sua mente da  fargli perdere non tanto le partite quanto l’idea di vincerle. Doppi falli sulle palle break, set iniziati a rincorrere l’avversario, match point buttati al vento, dritti una volta definitivi che finivano sul nastro. Rafael ha dato ai suoi sostenitori, tenaci come lui nel credere ad un’ennesima rinascita, tutto il bello del tennis – la sconfitta, ripetuta dell’uomo bello e inavvicinabile – e tutta la disperazione delle gambe che girano meno, del dritto che non fila più.  E mentre tutti scrollano la testa, lui compreso, Rafa lavora, fa un passo alla volta, fino a sentirsi pronto a incontrare l’usurpatore, uscendone con le ossa rotta certo; ma 4 mesi fa era stato peggio.
Il diavolo serbo, il kaiser soze dei campi da tennis, non ha intaccato un altro tipo di testa dura, quella di un uomo che da quattro anni declina ma che è ancora lì, tra i primi 3 del mondo. Che non vince un torneo vero – per lui –  da più di tre anni ma che nel frattempo ha messo insieme una terza carriera che al 95% dei tennisti parrebbe da sogno. Però nonostante master 1000, Coppa Davis, finali slam, sembra che Roger abbia scherzato in questi ultimi tempi. Forse proprio perché dall’altra parte mancava lui, il maiorchino, quello che – dice lui, ma chissà – lo ha reso un giocatore migliore e si capisce che per lui il giocatore non è una cosa tanto diversa dall’uomo.  Forse era questo che mancava a Roger, l’incontro con Rafa, quel dritto assurdo da provare ad addomesticare in qualche modo, quel punto che non finisce mai, ma proprio mai. Se una cosa si può dire è che Rafa è mancato a Roger molto di più di quanto Roger non sia mancato a Rafa, troppe cose aveva da fare lo spagnolo per preoccuparsi di presentarsi all’appuntamento. Quante volte lo ha piantato lo spagnolo, dopo aver promesso l’incontro? Roger ha aspettato paziente, e stavolta ha fatto in modo che fosse Rafa ad arrivare in anticipo. Entrambi hanno fatto in modo che l’ombra fosse altrove, che non disturbasse più di tanto. E finalmente si incontrano, i due che hanno vinto più di tutti, quello che gioca meglio di tutti contro quello che lo batte, quelli che sono i più amati da tutti. Oscureranno qualsiasi finale lontana, faranno apparire poca cosa gli ultimi slam, torneranno a dare un’occhiata al tennis appisolati telespettatori che hanno chiesto asilo al motociclismo, alla Formula 1 o a santa madre il pallone.  Sarà l’ultima volta? Forse, chissà, che importa?

Un torneo minore? Sono Roger Federer e Rafael Nadal.

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