Ubi tennis, ibi domus

Rubriche

Ubi tennis, ibi domus

L’avventura semiseria di un piccolo mattoncino nella migliore casa che palline e racchette possano avere

Pubblicato

il

 

Flavia e Roberta non sono state le uniche a camminare sulle acque nell’ultimo settembre storico per il tennis italiano.
C’è un sito specializzato, una testata, un giornale on-line, chiamatelo come volete, che in quei giorni ha polverizzato ogni record a livello di contatti, tanto per capirci ben oltre un certo roseo quotidiano, vera bibbia della cattolicissima Italia.
Ma chi credono di essere questi di Ubitennis? Cosa fanno? Come vanno avanti?
Io collaboro con loro da gennaio 2015 e ancora non l’ho capito bene, posso solo raccontarvi la mia esperienza e come sono entrato a far parte della banda.

Mi chiamo Raffaello, ho quarantacinque anni, gioco a tennis da quando ne avevo sei e da allora mi sono perso pochi incontri, fin da quando Wimbledon era sulla Rai, il Roland Garros su Telemontecarlo e Lea Pericoli, fra una smorzata e un doppio fallo, divulgava pettegolezzi e amenità su ogni singolo vip presente in tribuna.
Ho visto Adriano Panatta perdere in Davis contro il cameriere magiaro Peter Szoke (in realtà non lo era, ma non era neanche un tennista), McEnroe porre fine al regno di Bjorn a Wimbledon, Chang servire da sotto contro Lendl a Parigi.
Ho imparato con le racchette di legno, quelle col piatto così ridotto che se non colpivi esattamente nel centro ti vibrava il braccio per una settimana e una volta ho tampinato mia madre finché non me ne ha comprata una che volevo a tutti i costi. Il giorno dopo, nel corso di un accanito match da circolo, l’ho scagliata contro il palo dell’illuminazione e si è spezzata in due. A casa non ebbi il coraggio di dirlo e per un anno giocai facendomene prestare una dal maestro.
Ho sempre amato questo gioco complesso da apprendere e diabolico da attuare e preferisco il doppio, perché mi sento meno solo in campo.
Non vado oltre ma ci siamo capiti, amo molti sport ma il tennis conserva un posto speciale nel mio cuore.

Sono passati una trentina d’anni da allora e nel dicembre scorso scartabellando su Ubitennis ho notato un banner che recitava “collabora con noi”. Leggo incuriosito e mando un articolo di prova come richiesto. Faccio il figo e scrivo un pezzo critico sul capitano francese Boetsch che aveva schierato Gasquet nel singolare decisivo contro Federer nella finale di Davis. Solo che il capitano era Arnaud Clemént, non Boetsch (lo sapevo, credetemi, ma certe cose succedono così). Mi accorgo dell’errore e mi sento un cretino, una risata mi seppellirà. Col cuore messo in pace mi rassegno all’inevitabile, sono stato cronista per un giorno e tanto basta. Sono alquanto scettico, non avrò risposta. Per di più siamo in Italia e forse quel banner era finto.
Qualche giorno dopo invece ricevo una mail, il mittente è Ubaldo Scanagatta, la apro. L’incipit è “Boetsch o Clement?”, ecco che sono ufficialmente un cretino. Decido di bere l’amaro calice fino in fondo e leggo il resto. La lettera è lunga, gentile ed esauriente. Forse l’ha scritta veramente lui, mi dico, e al termine pare addirittura che la mia collaborazione possa interessare nonostante la mia idiozia. Prima sorpresa. Ubaldo dice che verrò contattato da un tale Roberto Salerno che mi spiegherà meglio il tutto. “Siamo daccapo” penso, non mi chiamerà nessuno. Ed ecco la seconda sorpresa, ricevo una mail poco dopo dal suddetto che mi chiede il mio account Skype. Io Skype non l’ho mai usato ma mi affretto a scaricarlo, corro a comprare le cuffie e lo contatto. Ci presentiamo, si chiama Salerno ma è di Palermo e vive a Malta. Ho un po’ di confusione in testa…

La prima cosa che mi dice è che le collaborazioni non sono retribuite e questo era logico e prevedibile. Però l’interesse reciproco sembra reale, parliamo un po’ di tutto, di quello che mi piacerebbe scrivere, di quel che serve al sito e via così. Il contatto è avvenuto ma ora…?
Rimango qualche giorno fra color che son sospesi poi ricevo un messaggio dal mio reclutatore, che trascrivo fedelmente.
Roberto: “Che disponibilità mi dai per gli AO?”
Io: “Cosa sono gli AO?”
Roberto: “Australian Open…”
I puntini di sospensione mi fanno capire che non appaio tanto sveglio.
Fornisco comunque i miei orari di reperibilità, da mezzanotte alle tre per cominciare. Altre mail dei giorni seguenti definiscono meglio il tutto, mi viene assegnato il primo turno femminile Goerges-Bencic e devo inviare il pezzo entro mezz’ora dal termine del match. Buttati e nuota, insomma. Teso come una corda di violino mi preparo all’esordio ma dopo cena apprendo con orrore che Sky non copre il mio incontro. Accendo il computer e mi getto furiosamente alla ricerca di uno streaming ma non so dove cercare, non sono esperto di queste cose e vado un po’ a casaccio. Il danno è dietro l’angolo. Mi faccio abbindolare da un sito che dice qualcosa tipo “scarica per vedere lo streaming”, eseguo e il mio pc si spegne di colpo. Riaccendo e le icone del desktop sono scomparse, cancellate. Ora è terrore, volo in camera di mia figlia, fortunatamente dorme quindi le sottraggo con destrezza il suo computer, tra l’altro molto più moderno e aggiornato del mio, e torno on-line. Si dice che “l’asinello sardo si fa fregare una volta sola” e quindi ora sto molto attento, scopro che il sito degli Australian Open fornisce la lettura statistica di tutti gli incontri e mi organizzo. Con lo smartphone seguo le statistiche del match, con il pc continuo a cercare uno streaming e contemporaneamente abbozzo la cronaca su un bloc notes. Ho le mani spugnate e come se non bastasse uno dei miei gatti penetra in dispensa e rovescia un milione di croccantini sul pavimento. Moglie e figlie dormono quindi non me ne curo. Finalmente verso la fine del primo set trovo le immagini e seguo il match per intero, mando le dieci righe richieste e crollo sul divano. La sudata cronaca va on-line nella notte, con il mio nome accanto. Nel frattempo cani e gatti hanno fatto piazza pulita sul pavimento e mia moglie il giorno dopo mi dice che è preoccupata perché gli animali non hanno mangiato. “Tranquilla” – rispondo – “non sarà nulla, vedrai”.

Ecco come è cominciata, da allora sono diventato esperto di fusi orari e ho viaggiato molto anche se solo con la scrittura, come il grande Emilio Salgàri. Sono stato a Melbourne, Bogotà, Acapulco, Charleston, Cincinnati, Parigi e Londra. La prima volta che mi ha telefonato Ubaldo ho rischiato subito la frittata. Mi squilla il cellulare, il numero non è in memoria e rispondo cauto.
“Pronto, sono Ubaldo Scanagatta”
“…”
“Pronto Raffaello, mi senti? Sono Ubaldo Scanagatta”
Ho qualche caro amico che ama le burle e sto per rispondere a tono ma mi trattengo e faccio bene perché non si tratta di uno scherzo. Parliamo solo un paio di minuti ma mi servono per cominciare a capire di più. Questo è uno dei decani del giornalismo sportivo italiano e chiama me che sono l’ultima ruota del carro? Solo allora ho iniziato a comprendere. Ho capito che a Ubitennis contano passione, rispetto e fiducia e se ci sono le prime ti viene accordata l’altra, chiunque tu sia e da qualunque parte tu provenga. Io sto a Milano, un altro è di Napoli, alcuni vivono in Francia. Solo Gibertini non ho capito di dov’è perché è sempre in giro per il mondo. Quello che ci accomuna è l’amore incondizionato per il gioco, per la sua tradizione di sportività, per le storie che sa raccontare. In un match di tennis te la devi cavare da solo e in fondo è la vita stessa ad esser così. È vero, non ballano denari ma se fosse proprio questo a renderci speciali? Pensateci. Non esistendo compenso è molto probabile che chi collabora lo fa solo per motivazioni profonde e questo genera una lealtà e una disponibilità reciproche che non hanno prezzo. Insomma, se siete delle mosche bianche e il soldo non è il vostro solo interesse avete trovato la vostra casa, rumorosa certo, a volte disordinata ma calda e accogliente come non mai.
E se hanno aperto a me, fatevi avanti perché… Ubi Tennis, ibi Domus.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement