Mistero Sharapova. Oggi l'annuncio di Maria. C'è lo spettro del ritiro (Giorni), Pete Sampras. L'artista degli Slam (Clerici), C'è l'Argentina per l'ItalDavis: Barazzutti ci crede (Ferri)

Rassegna stampa

Mistero Sharapova. Oggi l’annuncio di Maria. C’è lo spettro del ritiro (Giorni), Pete Sampras. L’artista degli Slam (Clerici), C’è l’Argentina per l’ItalDavis: Barazzutti ci crede (Ferri)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Mistero Sharapova. Oggi l’annuncio di Maria. C’è lo spettro del ritiro

 

Alberto Giorni, il Giorno del 7.03.2016

 

Una diva che si rispetti adora circondarsi di un alone di mistero. Non poteva fare eccezione la star più glamour del circuito, Maria Sharapova, che ha messo in allarme i suoi tantissimi tifosi e tutto il mondo del tennis dando appuntamento a Los Angeles (stasera alle 21 ora italiana) per un «annuncio importante». Apriti cielo: sono cominciate subito a circolare le ipotesi più disparate. La siberiana, tra le più fotografate la settimana scorsa alla notte degli Oscar, è ferma per un infortunio all’avambraccio sinistro e ha giocato solo tre tornei negli ultimi otto mesi; per questo motivo molti temono che possa comunicare il ritiro dall’attività agonistica. La sua ultima partita è stata la sconfitta con Serena Williams ai quarti degli Australian Open, a fine gennaio, e il più recente fatto tennistico che la riguarda è il forfait all’imminente torneo di Indian Wells, mentre risulta ancora iscritta al Wta di Miami. La Sharapova ha 28 anni, ma ha iniziato la carriera da giovanissima ed è stata spesso tormentata dagli infortuni, in particolare alla spalla. Oggi tra l’altro è prevista l’ufficializzazione del ritiro di Peyton Manning a un mese dal successo nel Super Bowl di football e negli Stati Uniti parlano già di «giornata degli addii». C’è invece chi ritiene che la notizia sarà meno drastica: la decisione di operarsi con relativo lungo stop, sera però appendere la racchetta al chiodo. Oppure niente di tutto questo. UNA REGINA del marketing come lei potrebbe aver creato un’attesa così spasmodica per presentare l’ennesima attività imprenditoriale (nel 2013 aveva fatto scalpore la richiesta di cambiare il cognome in Sugarpova nel periodo degli US Open, mossa per pubblicizzare la sua linea di dolciumi). Altri ancora immaginano che sorprenderà tutti con l’annuncio di una gravidanza: le scommesse restano aperte.

 

Pete Sampras. L’artista degli Slam

 

Gianni Clerici, la Repubblica del 7.02.106

 

NEL settembre 1987 ci trovavamo, con il mio amico Bud Collins, nell’enorme e scomoda sala stampa di Flushing Meadows, che ancora non gli era stata dedicata. Poiché da sempre ci consultiamo, «Non mancarlo» mi suggerisce «E’ il futuro campione Usa. Gioca gli junior, sul n.16». Mi avviai verso quel campetto lontano, e mi sedetti, insieme a una dozzina di sconosciuti, parenti o curiosi. I due non avevano un’aria anglosassone, uno era addirittura cinese, l’altro un brunetto, sudamericano o mediterraneo. Avranno avuti al massimo 17 anni. Dopo 5 minuti mi ero reso conto della regolarità del cinese, ottimo passatore. Quanto al bruno … c’era qualcosa… qualcosa che avevo intuito palleggiando con Rosewall sedicenne, giocando con Sedgman, ammirando la Hingis dodicenne. Tornai in tribuna stampa, mi buttai al computer per afferrare l’ultima edizione «Ho ammirato per la prima volta il futuro campione del mondo scrissi – si chiama Pete Sampras». Spedito che ebbi,mi sedetti al ristorante che chiamavamo Junk, Spazzatura. Ed ecco Collins. «L’hai visto?» «Visto. E’ straordinario». «Soprattutto il rovescio». «Mi sembra meglio il diritto». «Ma come il diritto! Quel passante bimane ricorda Wilander». Quel ‘bimane’ ci lasciò confusi per un minuto, sinché capimmo che non ci eravamo capiti. lo parlavo del moretto. Bud del giallo. Certo di aver ragione, telefonai al mio amico Tacchini, al quale già avevo suggerito di vestire Mac, e ne ricevetti un ringraziamento che doveva, per più di un anno trasformarsi in dubbiose e scettiche domande di mie precisazioni. Era parso infatti, all’inizio, che avesse avuto ragione Collins. Chang avrebbe vinto il Roland Garros 1989 che resterà associato al mito del servizio dal basso contro Lendl, incredulo, furioso, e battuto. Quanto al mio Pete, eccolovincitore l’anno seguente, a Flushing. Erano giunti, i due successi, un pochino in anticipo sulla storia. Chang infatti non avrebbe mai più vinto uno Slam, mentre Peter, per me ormai Pietrino, avrebbe veleggiato tra il n. 5 e il n. 3, soffrendo per un triennio la valanga Courier, gli ultimi fuochi di Edberg e Lendl, Becker sul rapido e l’attaccante dal fondo Agassi sul veloce. Mi par giusto ricordare, tra i cento immigrati europei che hanno fatto grande il Tennis Usa, che non ce n’era stato uno solo, come Sampras, proveniente dalla Grecia, addirittura portatore, insieme ai geni spartani, di una anemia mediterranea che avrebbe insidiato i suoi successi forse più degli avversari . E, così come era accaduto a Borg con Rosberg, si era rinnovato il fatidico incontro con un Pigmalione quale il Dottor Fisher, capace di sommergere Peter di pellicole e miti di Laver, e di trasformarlo da bimane in mono-mano. Di Laver, con il quale sarebbe stato, anni dopo, ammesso a uno mitico palleggio a Melbourne, al termine del quale avrei avuto l’onore di stringere le mani benedette, Pete non ebbe né la sovrumana pazienza né, forse, il rovescio, per accedere all’unico Slam dei suoi 14 , fallito. Il Roland Garros, quello in cui, secondo Rod «bisogna portare con sé il pranzo, e magari la cena». Era riuscito solo una volta, nel 1996, a raggiungere una semifinale, dopo una asfissiante tripletta di match di 5 set. E il russo Kafelnikov l’aveva raccolto col suo cucchiaio bimane. Quanto fu diverso, quasi fosse un gemello di se stesso, il Sampras da hard courts o da erba. Non solo negli anni ruggenti. I NUMERI quelli da due Slam (93, 94, 95 e 97) ma soprattutto negli ultimi dei 2000, a maggior esempio. Due sole inezie, due errorucci di un Rafter, australiano bello, potente, volleatore, aiutarono Pietro sui prati, per la settima volta. L’ultimo US Open (2002) parve ancor più incredibile, e mi spinse a comprendere che l’essere un winner é qualcosa di irrazionale, così come l’essere poeta, o grande musicista. Invecchiato, se posso definir tale un giovanotto di 31 anni, giunse al suo ultimo Flushing classicato n. 17, e definito negli spogliatoi da un tennista che non merita cenno «un morto che cammina. Ma contro il suo «miglior nemico., Andre Agassi, bastò la capacità di traformare singhiozzanti scambi di 4 tiri in winners , insieme a 33 aces, altro numero emblematico. Nel ricordare gli inizi e la fine sportiva di qualcuno che, quanto a Slam, si avvicina al mitico Federer ( battendo quindi non meno di 5 altri grandi professionisti, impediti a successi analoghi da leggi ingiuste quanto indiote), ho trascurato gli anni ruggenti. Non certo dimenticati i 6 anni d’oro nei quali nessuno, ad eccezione di un boemo d’Olanda, Krajicek, fu in grado di superarlo (6 a 4 ). Pete ci offrì dunque delizie e winners straordinari, dal ’93 al ’98, anni in cui ebbi a chiedermi più volte se non avesse avuto torto il Dottor Fisher a mutargli il rovescio, o fosse l’anemia mediterranea a renderlo, in qualche rarissimo caso, vulnerabile. Ma 2 Australian, 5 US, e infine e soprattutto 7 Wimbledon, a tutti i quali ebbi la fortuna di assistere, non si dimenticano facilmente. Insieme all’umana gentilezza che parve l’antitesi di un’aggressività esplosa solo sul campo.

 

C’è l’Argentina per l’ItalDavis: Barazzutti ci crede

 

Elisabetta Ferri, il corriere dello sport del 7.03.2016

 

Un rotondo 5-0 conclude la tre giorni di Coppa Davis allAdriatic Arena. Prima Marco Cecchinato bagna il suo esordio in maglia azzurra contro Adrien Bossel (6-3 7-5), quindi Paolo Lorenzi si sbarazza del 19enne Antoine Bellier (6-3 6-2). La Svizzera non ha più nulla da chiedere e dà spazio ai suoi giovani, mentre l’Italia guarda già avanti, all’Argentina, che ieri ha eliminato la Polonia, come aveva predetto il capitano azzurro Corrado Barazzutti. E dunque per i quarti di finale si dovrebbe giocare di nuovo a Pesaro, dal 15 al 17 luglio al Circolo Baratoff che, pur di ospitare l’evento, è pronto ad allestire una tribuna di 6.000 posti all’aperto. L’ufficialità avverrà nei prossimi giorni: Torino e Napoli sono le alternative. «A Pesaro ci siamo trovati bene sia dal punto di vista organizzativo che come risposta di pubblico – commenta il presidente federale Angelo Binaghi – In più la sede ha portato fortuna, perciò perché non tornarci?». Un ringraziamento più sentito nel momento del congedo è quello del toscano Lorenzi, che attribuisce al calore dei tifosi la svolta perla sua prima vittoria, quella che ha emozionato tutti e indirizzato poi nel verso giusto tutto il week-end. «Venerdì è stato il pubblico a darmi la spinta nel momento più duro, quando alzavo gli occhi vedevo gli spalti pieni e durante la mia rimonta la gente tutta in piedi. Ho preso tanta energia da questo clima e non dimentico anche le persone che ci hanno fermato per strada per incitarci in questi giorni». Tra i volti felici di ieri anche quello del siciliano Cecchinato, che a 23 anni ha sentito forte l’orgoglio di giocare perla Nazionale. «Ero emozionatissimo, anche se ormai eravamo qualificati. Vengo da un periodo non facile, costellato di un po’ troppe sconfitte, qui ero favorito contro il 300 del mondo e non volevo sbagliare, anzi proprio non potevo. Molto del merito è anche di questi fantastici compagni, che mi hanno accolto benissimo nel gruppo e insegnato tanto con la loro esperienza. Io? In qualche modo ho sentito di rappresentare qualcosa per i giovani che coltivano sogni di tennis, ma devo lavorare tanto. Sono contento al 100% del mio servizio, ma su tutto il resto devo migliorare per salire sopra il numero 90». Infine Barazzutti inquadra nel mirino l’Argentina. «Non sappiamo ancora quali giocatori schiereranno contro di noi, ma una cosa la so: siamo attrezzati per poterli battere, lo abbiamo già fatto in casa loro, possiamo fare il bis in casa nostra. Con il ritorno di Fognini avremo una squadra ancora più solida e competitiva, e un doppio fra i più forti al mondo. Bisogna fare tre punti per passare il turno e da qualche parte li tireremo fuori». La fiducia, oggi, è a mille.

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