WTA
WTA Madrid, Match of the Day: continua la corsa di Chirico, battuta Gavrilova
Louisa Chirico supera Daria Gavrilova e si qualifica con merito per la semifinale di Madrid. Il nostro inviato ci racconta la sua impresa

dal nostro inviato a Madrid
“Là fuori è sempre una battaglia” aveva detto Roberta. “Non ha mai molto senso guardare il ranking perché può ingannare. Tu sei numero 7 e giochi contro la numero 50 e allora non ci dovrebbe essere partita ma non funziona sempre così”. La Vinci ha depositato il brevetto di cosa significhi stravolgere un pronostico e certo non starò qui a rammentarvi come; è per questo che oggi, per scegliere il “partido del dìa”, mi sono affidato all’istinto più che alla ragione. Perché la ragione diceva di tornare da Kyrgios, impegnato nella classica prova del nove contro Cuevas, o di puntare direttamente sulla sfida più equilibrata (sulla carta) degli ottavi maschili, ovvero quella tra Milos Raonic e Jo-Wilfried Tsonga.
Niente di tutto questo. Perché ci sono incontri che travalicano i numeri e sconfinano direttamente nella realtà parallela, facendo scendere dalle nuvole la scala per salire verso il paradiso. E allora cosa meglio della possibilità, per una ragazza di quasi venti anni nata a Morristown, nel New Jersey, che due settimane fa ha passato la più brutta mezzora della sua carriera subendo un eloquente 0-12 da Petra Kvitova in quel di Stoccarda, di riscattarsi e giocarsi l’ingresso in semifinale in un Premier Mandatory?
Louisa Chirico, pronuncia Cirico anche se la speaker dell’Arantxa Sanchez Stadium non lo sa, è numero 130 del mondo e ha rischiato di venire a Madrid in gita perché non aveva nemmeno la certezza di poter giocare le qualificazioni. Poi si sa come vanno a finire queste cose, no? Giochi una partita e la vinci, ne giochi un’altra e la vinci e sei in tabellone. Bene, ma spesso il sorteggio ti fa tornare subito con i piedi sulla terra e invece al primo turno ti capita una rumena che, ok, ti potrebbe anche indurre a cambiare disciplina sportiva (e già Louisa aveva un futuro nel calcetto e dunque il passo sarebbe breve) con tutti quei dritti in chop e quelle palline fatte a fette che ti mandano al manicomio e invece lei no, là fuori nel caos del ground soffre un set e liquida Monica Niculescu in due ed è già secondo turno.
Adesso però basta. Si va sul Sanchez-Vicario contro la Ivanovic che è vestita come lei e, anche se la serba non sta proprio attraversando il miglior momento della sua carriera, è pur sempre 113 posizioni più in su in classifica e ha vinto uno slam ed è stata numero 1 e via dicendo. Stadio gremito, molti a fare il tifo per la bella Ana (ma anche Louisa non scherza, in quanto a bellezza) e atmosfera che intimorisce. Invece la nostra gioca come una veterana, sopporta lo smarrimento di un set (il primo) già vinto e riparte nel secondo come nulla fosse e alla fine è lei la più tranquilla. Ok, bella vittoria ma insomma la Ivanovic non è proprio la tesi di laurea. E poi adesso c’è Vika, che non perde una partita da un secolo ed è la più autorevole candidata a tornare regina del mondo tra qualche mese, quando Serena non sarà più in grado di fermare l’emorragia di punti che dovrà difendere.
Invece la schiena di Azarenka fa le bizze e la bielorussa si ritira, spianando la strada a Louisa che è audace e quindi aiutata dalla buona sorte.
E torniamo a oggi e alla sfida contro Daria Gavrilova, una che (sempre sulla carta) vorresti sempre incontrare in un quarto di finale così importante, non fosse che l’hai vista il giorno prima demolire la campionessa in carica Petra Kvitova e allora ti viene qualche dubbio. Poi ritorni nello stadio in cui hai battuto la Ivanovic ma a mezzogiorno, come primo incontro, e sembra di essere in un acquario, con quattro gatti sugli spalti, il cielo gravido di nubi minacciose e Kader Nouni, il Barry White del tennis con il suo vocione da tenore, seduto sulla sedia del giudice. E potrebbe prenderti l’ansia e iniziare a sbagliare, dominata dalla tensione.
Invece niente. Un primo set splendido per intensità e rapporto vincenti-errori, di gran lunga favorevole ai primi. La terra di Madrid è veloce e l’altitudine si fa sentire; la pallina viaggia che è una bellezza e sia Louisa che Daria imprimono agli scambi un ritmo forsennato, che solo stando seduti a due passi dalla vicenda è possibile apprezzare nella sua interezza. Louisa è la terza generazione delle statunitensi e sembra che l’indirizzo dell’USTA di intensificare la preparazione sulla terra (sia pur quella verde, che nel circuito ITF Futures americano la fa da padrona) possa dare i suoi frutti. Di suo, l’allieva di Jay Gooding (che da sotto il cappellino non la perde di vista un istante) ci mette un dritto alla Roddick che lascia sul campo scie lunghe come la coda di una cometa e prime di servizio sempre sopra i 160 km/h.
Daria è favorita, sia per ranking che per lustro di avversarie battute (prima di Kvitova, Svitolina e Watson), e tiene la scia in attesa che l’altra rallenti; perché rallenta, vero? sembra chiedere a Nicole Pratt l’australiana d’adozione. Invece niente, non rallenta. E allora bisogna inventarsi qualcosa, Daria, tipo cambiare ritmo e alzare qualche traiettoria per confondere le idee all’americanina, farla pensare e metterle dei dubbi, disinnescare quel dritto in top che a volte non lo vedi. Oppure un paio di drop, così per vedere come se la cava a correre in avanti. Ma niente, il massimo che la Gavrilova può fare è guardare una palla dubbia subito tranquillizzata da Kader (che, detto tra noi, non potrebbe cantare quest’oggi, raffreddato com’è) che alza il sopracciglio verso il giudice di linea in segno di approvazione.
Così, senza break, si arriva al gioco decisivo e qui a Daria non resta che mettersi a parlare alla sua Yonex perché Louisa proprio non gliela fa vedere: 7-1 e benedizione con la solita prima a 161 orari doppiata al mento dal dritto vincente. Pugnetto contenuto e sotto con il secondo set. Perché un set ok, ci sta, ma alla lunga dovrebbe calare la ragazzina. Invece niente. Mescolato alla folla, che nel frattempo è aumentata, c’è anche Ben Rothenberg del New York Times e pure lui, di solito piuttosto distaccato, si lascia andare a qualche applauso. Meritato. Meritatissimo. Perché Louisa è solida. Solidissima. Il suono della palla sulle corde della sua Babolat è come lo schiocco della frusta e la belva Gavrilova che aveva infierito sulla povera Petra indietreggia, perde una prima volta la battuta (2-1) e di nuovo nel settimo gioco, quando Louisa Chirico afferra la scala per il paradiso affidandosi a una veronica di rovescio bimane che muore sotto la sedia di Nouni dopo aver rimbalzato a due centimetri dalla riga laterale. Del resto, quando è il tuo giorno va bene tutto (o quasi). Ma spesso quando è il tuo giorno inizi a pensarci e così ti irrigidisci e il tuo giorno diventa un giorno qualsiasi, anzi diventa il giorno della tua avversaria.
Louisa serve per la semifinale in un Premier Mandatory e per cambiare il corso della stagione e, perché no?, forse della sua carriera. Daria ha ancora qualche ruggito da dispensare, ha tre palle della sopravvivenza ma siamo alle solite: Louisa la domatrice ha il controllo della situazione e si va a prendere la semifinale.
Domani, nell’immenso Santana contro la più navigata Cibulkova, sarà dura. Ma domani è un altro giorno, non è vero?
Flash
WTA Miami: Kvitova, prima finale al Sunshine Double
Petra Kvitova vince in rimonta il primo set poi chiude di slancio il secondo sconfiggendo Sorana Cirstea. Per lei l’ostacolo Rybakina per tentare il ritorno in Top 10

(da Miami il nostro inviato)
[15] P. Kvitova b. S. Cirstea 7-5 6-4

Nella sua novantanovesima apparizione in un torneo WTA 1000 Petra Kvitova è riuscita a raggiungere la sua prima finale al Miami Open sconfiggendo in due set una delle giocatrici più calde di questo periodo di stagione, la rumena Sorana Cirstea.
Un irresistibile strappo tra la fine del primo set e l’inizio del secondo che le ha permesso di vincere sette giochi consecutivi ha deciso la partita in favore della ceca, che dopo aver iniziato il match sbagliando un po’ troppo alla ricerca di angoli molto accentuati, ha poi messo a fuoco il mirino ed è stata assolutamente irresistibile facendo letteralmente a brandelli la seconda dell’avversaria (2 punti su 13 per un 15% nel primo set, per poi chiudere con un globale 26% a fine match).
PRIMO SET – Inizio di partita molto equilibrato tra due giocatrici che si conoscono molto bene, essendosi incontrate già 10 volte in oltre un decennio a tutte le latitudini e su tutte le superfici. Kvitova provava a sfruttare le sue traiettorie mancine tagliando il campo con angoli molto acuti. La ceca arrivava per prima alla palla break, ma Cristea rispondeva alla situazione molto bene. Sul 3-2 era Cirstea che con tre splendide risposte vincenti (o quasi) si conquistava tre palle break, tutte però annullate da colpi lungolinea di Cirstea che mancavano il bersaglio. Sulla quarta però il suo rovescio incrociato finiva in corridoio concedendo il primo allungo alla rumena.
Kvitova continuava imperterrita a cercare gli angoli, ma la precisione le faceva difetto, e Cirstea, dopo che i suoi fan erano stati redarguiti dall’agente di Kvitova per aver fatto rumore tra la prima e la seconda di servizio, rimontava da 0-30 issandosi 5-2.
Nel game in quale Cirstea serviva per il set sul 5-3, Kvitova trovava tre splendidi colpi risalendo da 40-15 a palla break, ma mancava poi la risposta sul punto decisivo. Due punti più tardi le andava meglio, affondando il rovescio dell’avversaria con un lungolinea e recuperando il break di svantaggio per il 5-4.
Con un parziale di 13 punti a 1, Kvitova rivoltava il set come un calzino recuperando il break di svantaggio e mettendosi nella posizione di servire per il set sul 6-5. Anche per la ex campionessa di Wimbledon servire per il set non era una cosa banale: un doppio fallo e un gratuito da fondo la portavano 0-30, ma quattro punti consecutivi le consentivano di chiudere il parziale 7-5 dopo 58 minuti di gioco, 16 minuti più tardi rispetto ai set point avuti da Cirstea.
SECONDO SET – La furia di Kvitova non si arrestava anche nel secondo parziale: portava a sette i giochi consecutivi vinti sprintando subito sul 2-0. Petra sembrava incapace di sbagliare, tutti i suoi colpi finivano sulla riga, tanto da indispettire un po’ Cirstea che chiamava “il falco” per controllare il punto di rimbalzo della palla. Sullo 0-2 15-40, con due chance del secondo break, la rumena aveva un’impennata d’orgoglio e metteva a segno quattro vincenti per rimanere in scia dell’avversaria.
Da lì in poi però Kvitova diventava sempre meno trattabile sui suoi servizi, arrivava a servire per il match sul 5-4 quando sciupava il primo match point con un doppio fallo, ma sul secondo una micidiale curva mancina le consegnava la sua prima finale a Miami per tentare di conquistare il suo nono titolo WTA 1000.
Con questo risultato Kvitova è sicura di risalire almeno al n.11 del ranking WTA lunedì prossimo, e potrà rientrare nelle Top 10 in caso di vittoria del torneo. Nel match decisivo di sabato (ore 15 locali, le 21 in Italia), Kvitova affronterà Elena Rybakina, contro la quale ha disputato due incontri, peraltro piuttosto recentemente (a Ostrava a fine stagione nel 2022 e lo scorso gennaio ad Adelaide), portando a casa una vittoria nell’ultima occasione.
Flash
WTA Miami, Rybakina oltre la stanchezza: “Avevo poche energie ma sono riuscita a tirarle fuori”
Elena ringrazia l’allenatore per il supporto durante il match con Pegula e si prepara alla terza finale stagionale: “Spero di riuscire a fare quest’ultimo sforzo”

Solo Kim Clijsters, Vika Azarenka, Iga Swiatek e Steffi Graf (quest’ultima due volte) sono riuscite a fare doppietta tra Indian Wells e Miami nella storia del tennis femminile. Non può quindi stupire che Elena Rybakina, a una sola vittoria dall’entrare, mostri a parole (e non solo) tutta la sua stanchezza in sala stampa dopo la vittoria su Jessica Pegula in due set molto equilibrati e con varie interruzioni per pioggia. In totale sono diventate oltre 20 le ore passate in campo dalla kazaka nelle 11 partite disputate tra la California e la Florida e così, come lei stessa ha ammesso, le energie residue sono tutt’altro che abbondanti: “Oggi è stata una partita difficile, e in realtà le due settimane sono state davvero dure. Forse non avevo abbastanza energia. Quando ero sotto nel punteggio, però, mi sono arrabbiata un po’ e così ho cercato di spingere me stessa oltre il limite. E anche il mio box, il mio allenatore mi ha aiutato”.
Elena potrà però sfruttare il giorno di riposo per ricaricare almeno parzialmente le batterie in vista di una finale in cui partirà in ogni caso da favorita. Contro Cirstea o Kvitova (in campo stasera non prima delle 21 italiane), infatti, sarà lei, che è diventata la sesta donna a raggiungere l’ultimo atto a Melbourne, Indian Wells e Miami nello stesso anno (dopo Seles, Graf, Davenport, Hingis e Sharapova), ad avere in mano le sorti del match: se servizio e dritto funzioneranno come nelle ultime settimane, difficilmente la stanchezza potrà diventare un fattore.
D: Non sono molti i giocatori che hanno fatto il cosiddetto Sunshine Double. Quanto è difficile affrontare un torneo per due settimane e poi andare da un’altra parte e rifare tutto da capo?
RYBAKINA: È davvero difficile, anche a causa delle condizioni diverse in queste due settimane, dalle partite si può vedere che è molto più difficile per me qui che a Indian Wells. La doppietta sembra vicina ma allo stesso tempo è ancora lontana. Farò del mio meglio e spero di farcela.
D: Hai detto di non essere al 100% dal punto di vista fisico, in termini di stanchezza e cose del genere ma sei riuscita a reagire dopo essere stata in svantaggio di un break. Ti sei accorta che dopo aver subito il break hai iniziato a colpire più forte, quasi più liberamente?
RYBAKINA: Sì, credo di aver iniziato a essere un po’ più aggressiva, anche perché sapevo che se si fosse arrivati al terzo set sarebbe stato molto più difficile. Quindi forse ho rischiato un po’ di più anche alla fine del secondo set. Ho cercato di spingere sulle sue seconde di servizio. Sapevo di poter vincere in questo modo nonostante i possibili errori. Pensavo che fosse l’unico modo per sfondare.
D: Quando sei arrivata a Miami dopo Indian Wells, prima di giocare il tuo primo match, se avessi saputo che saresti arrivata in finale, sarebbe stato un risultato sorprendente per te, visto come ti sentivi, o è quello che ti aspetti da te stessa ora?
RYBAKINA: No, non mi aspettavo di arrivare in finale. Sapevo che sarebbe stata molto dura fin dall’inizio, fin dalla prima partita. E così è stato, in effetti. I primi due incontri sono stati molto duri. Non mi aspettavo nulla. Ho cercato di giocare un match alla volta, di concentrarmi, di spronarmi e di lottare fino alla fine, quindi anche quando ero sotto, ho cercato di trovare una soluzione. Per ora ci sono riuscita.
D: La prossima avversaria sarà Petra Kvitova [1-1 i precedenti] o Sorana Cirstea [2-0 per Elena]. Puoi dirci quali sarebbero le difficoltà con l’una e con l’altra e quanto l’esperienza di queste grandi finali può aiutarti sabato?
RYBAKINA: Penso che entrambe siano avversarie molto difficili. Entrambe colpiscono forte, sono aggressive e hanno ottimi colpi. Contro Petra ho giocato all’inizio dell’anno [ad Adelaide, vittoria in due set per la ceca, ndr] e lei ha giocato molto bene, ma lì i campi erano molto più veloci. Penso che sarà diverso se giocherò di nuovo contro di lei, ma di sicuro sarà molto importante l’aspetto fisico, perché qui i campi sono piuttosto lenti, soprattutto dopo la pioggia. Quando è così umido, non è facile. In ogni caso sarà una finale molto dura. Spero di riuscire a fare l’ultimo sforzo e che le cose vadano per il verso giusto [sorride, ndr].
evidenza
WTA Miami: Rybakina batte Pegula in due set e mette nel mirino il Sunshine Double
La kazaka regola l’americana in due set pur senza brillare: è finale. Attende la vincente di Kvitova-Cirstea

[7] E. Rybakina b. [3] J. Pegula 7-6(3) 6-4
Arriva in finale da testa di serie numero 7, ma probabilmente il suo valore attuale è ben superiore. Elena Rybakina si conferma la tennista più in forma del circuito WTA; dopo aver vinto Indian Wells, arriva in finale anche al Miami Open e può mettere nel mirino il Sunshine Double. Nella notte italiana ha sconfitto pur senza brillare l’americana Jessica Pegula in due set, 7-6(3) 6-4 in un’ora e 54 minuti, conquistando la sua tredicesima vittoria consecutiva (se non si conta il forfait di Dubai) in un match caratterizzato dalle interruzioni per pioggia ormai consuete in questa settimana di Miami. Attende in finale la vincente del duello Kvitova-Cirstea, che si giocherà venerdì, con il vantaggio di un giorno di riposo in più. Cogliesse il titolo a Miami, salirebbe al numero 6 del ranking WTA e al numero uno della WTA Race. Semplice conseguenza, quest’ultima, di una prima parte di 2023 quasi perfetta.
Primo set: Pegula serve due volte per il set ma non chiude
Il primo set è una battaglia senza esclusione di colpi e lo si capisce fin dal primo game, durato 19 punti e finito con il break di Pegula. Jessica ha un demerito: si trova per ben tre volte avanti di un break, ma non riesce a capitalizzare le occasioni create dilapidando i vantaggi accumulati, e sarà una costante per tutta la partita. In particolare, serve due volte per il set, avanti 5-4 e 6-5, ma si fa controbrekkare e alla fine il tie-break dà ragione a Elena al primo set point. Rybakina migliora il suo perfetto record nei tie-break del 2023: sette vittorie, zero sconfitte. Dopo la conclusione del primo set, c’è la seconda sospensione per pioggia della partita (la prima era stata poc’anzi, sul 2-2 nel tie-break).
Secondo set: aumentano i rimpianti per Pegula
Anche nel secondo set, per Jessica ci sono tanti rimpianti, perché si trova per due volte avanti di un break. In particolare, l’americana salva tre palle break nel primo gioco dopo l’interruzione per pioggia e poi fa lei il break, scappando sul 3-0. Rybakina controbreakka ma Pegula va nuovamente avanti di un break salendo 4-2. Da lì per Jessica si spegne la luce e la kazaka schiaccia l’acceleratore, infilando una serie di quattro game consecutivi. Elena chiude il match con 11 ace: è la prima donna da Serena Williams a Wimbledon 2016 capace di mettere a segno almeno dieci ace in cinque partite dello stesso torneo.