Rio 2016: una medaglia è sempre una medaglia. E allora il doppio resuscita. Ma lo si giochi così

Olimpiadi

Rio 2016: una medaglia è sempre una medaglia. E allora il doppio resuscita. Ma lo si giochi così

Un’arte diversa e difficile dove servono abilità e talento. Così la pensano Bob Bryan e Martina Navratilova. Le ingenuità dei singolaristi “prestati” al doppio. Ecco perchè mi piace. Uomini e donne, non è la stessa cosa

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Quello delle Olimpiadi è il solo torneo nel quale pare – quasi eh, Federer forse non la pensava così – che il doppio valga quanto il singolare. La filosofia olimpica, pur discutibile, è che ogni medaglia pesi quanto un’altra. Di certo il bilanciere cui tutti paiono far riferimento non le distingue se non per il conio, oro, argento, bronzo.

Sarà perché, un po’ per via degli studi e un po’ per una certa pigrizia (sposata ad una fame di successi agonistici meno spinta quando si trattava di allenarsi), in singolare sono arrivato in cima alla seconda categoria ma non di più, mi sono sempre espresso meglio in doppio, vuoi per le caratteristiche tecniche, migliori nei primi 4 palleggi che dopo, meglio il servizio, soprattutto lo smash e le volée che i fondamentali (rovescio deboluccio…), vuoi perché nel doppio contano di più i riflessi che le gambe e il fisico dovendo coprire solo metà campo. Tralascio di elencare i risultati di doppio perché non interessano a nessuno, ma mi contento.

Sono quasi due sport diversi, che richiedono diversa abilità, diverse strategie, a prescindere che comunque una è un’esperienza che si vive e si combatte da soli e l’altra invece va condivisa con un partner, con i pregi e i vantaggi, di una lotta condotta da due persone che possono avere caratteristiche tecniche ed umane diverse. Non inferiori però, a mio avviso. Semplicemente diverse.

Giocare bene il singolare aiuta a giocare meglio in doppio (in fase di risposta e di servizio, nei colpi d’inizio gioco soprattutto insomma), ma è anche vero viceversa (in termini di reattività, di volée, di aggressività). In singolare, a seconda delle proprie caratteristiche si può giocare in modo più aggressivo o difensivo. In doppio vincere giocando difensivo è quasi impossibile, anche se talvolta si può variare. Ad esempio quando uno risponde e il partner si posizione sulla riga di fondo.

Giocare singolare e doppio aiuta a completare le proprie lacune. Mats Wilander era un regolarista da fondocampo pazzesco quando battè Guillermo Vilas nella finale del Roland Garros 1982 senza quasi giocare una volée. Ma imparò a farle e in coppia con Jokke Nystrom vinse il doppio a Wimbledon, sull’erba veloce di quei tempi. Dove sarebbe stato impossibile farlo, pur essendo i due svedesi formidabili ribattitori, giocando da fondocampo, senza aggredire gli avversari. Se Mats Wilander non avesse imparato a giocare a rete non avrebbe battuto Ivan Lendl nella finale US Open del 1988 (dopo aver perso da Ivan quella del 1987) venendo a rete un centinaio di volte e giocando grandissime volée.

Molti tennisti hanno poi prolungato la loro carriera – il canadese Nestor, 43 anni, il ceco Stepanek, 37 – per essersi dedicati principalmente al doppio una volta che in singolare avevano perso un po’ di smalto atletico. Le donne top 20, che non giocano mai tre set su cinque, si sono schierate più spesso nei tornei di doppio degli uomini, più preoccupati dei tempi di recupero e di programmazioni a volte conflittuali.

Lasciando perdere la disastrosa esperienza di quest’anno a Rio – dove sono state battute a primo turno dalle ceche Safarova e Strycova – la n.1 del mondo Serena Williams ha fatto coppia con la sorella maggiore Venus per trionfare in 14 Slam e 3 medaglie d’oro olimpiche. Ma le top-star degli uomini hanno per la maggior parte disertato i doppio fino al 2008, quando Roger Federer e Stan Wawrinka hanno vinto l’oro a Pechino. Eccezioni furono Becker e Stich che vidi vincere il doppio alla mia prima Olimpiade, Barcellona 1992. Nel 2008 sette top-ten si sono iscritti al doppio quando Djokovic lo perse al primo turno e Nadal al secondo. Tanto per cambiare Federer era stato l’eccezione. Normalmente sono gli specialisti del doppio che vincono o arrivano in fondo. A Londra nel 2012 i vari Federer, Djokovic e Murray, persero nei primi turni senza destare clamori. L’oro fu vinto dai fratelli Bryan, l’argento andò a Tsonga che però aveva come partner Michael Llodra, vittorioso in 3 Slam.

Quest’anno di top-ten ce ne erano solo cinque. Assenti fra gli altri i campioni di Pechino Federer-Wawrinka. Quattro dei cinque top-ten hanno deciso di scendere in campo anche in doppio. Djokovic e Tsonga l’hanno subito perso, forse perché prematuramente eliminati in singolare. Fuori anche Andy Murray che con il fratello Jamie avrebbe sicuramente tenuto a vincerlo – mamma Judy non è tenera con chi si arrende – ma i due scozzesi hanno avuto la sfortuna di imbattersi nel duo di casa, Bellucci-Sa, sospinti da una torcida entusiasta e trascinante. Così il solo sopravvissuto a livello di quarti è Rafa Nadal che gioca con uno specialista come Marc Lopez, vittorioso in passato anche alle finali ATP Barclays Bank di Londra.

Fra le top10 donne sei erano iscritte anche al doppio (e fra quelle non ho considerato le due n.1 Hingis e Mirza… che fra l’altro stanno divorziando).

Se osservaste quei singolaristi di vario ranking che improvvisamente, magari solo alle Olimpiadi, si trovano a giocare il doppio, vedreste che…..

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