Rio 2016: una medaglia è sempre una medaglia. E allora il doppio resuscita. Ma lo si giochi così - Pagina 2 di 3

Olimpiadi

Rio 2016: una medaglia è sempre una medaglia. E allora il doppio resuscita. Ma lo si giochi così

Un’arte diversa e difficile dove servono abilità e talento. Così la pensano Bob Bryan e Martina Navratilova. Le ingenuità dei singolaristi “prestati” al doppio. Ecco perchè mi piace. Uomini e donne, non è la stessa cosa

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…essi tendono a tirare gran parte dei loro colpi nei corridoi, perché così sono abituati dalle loro esperienze di singolaristi. Tirare un passante nel mezzo, per sfondare la coppia avversaria, non viene loro istintivo.

“Il doppio ha ben poco a vedere con il singolare – dice Mike Bryan, vittorioso in 16 Slam di specialità – devi saperlo giocare. Se pensi che basti giocare come in singolare e venire avanti non hai capito niente. In doppio devi essere più preciso. Hai appena fra i 18 e 25 centimetri di campo dove devi tirare e ad ogni colpo i margini di errori sono molto inferiori. Salvo eccezioni questo è il motivo per cui i punti si chiudono in 4 o massimo 5 punti, quando non meno”.

Martina Navratilova, che di Slam in doppio ne ha vinti… soltanto 31, potrebbe a buon diritto sostenere che i singolaristi puri sono quasi una sorta di… dilettanti del doppio.

E difatti dice: “L’errore che commettono quasi tutti è quello di preoccuparsi principalmente di voler coprire il proprio corridoio. Se perdono un punto perché “passati” dalla loro parte, si incavolano da matti. Ma in realtà è la copertura al centro quella che fa la differenza. Il 90 per cento dei colpi degli specialisti è tirato al centro, dove l’affiatamento dei doppisti è fondamentale. L’atteggiamento del “singolarista prestato al doppio” è… anch’esso singolare: magari sono stati persi 10 punti di fila, o quasi, al centro, ma lui si dice: ‘Beh, però non mi sono fatto infilare dalla mia parte, quindi il mio partner non se la può prendere con me’. Un’altra ingenuità del “singolaristi prestati al doppio” è legata alla preoccupazione di non farsi scavalcare dal lob. Quante volte si viene scavalcati da lob vincenti? È molto più importante stare appiccicati a rete, perché una volée colpita dall’alto in basso, quando la palla ha appena superato la rete, è molto più facile da chiudere che quando la palla è scesa”.

Ricordate la mitica frase di Rino Tommasi: “Palla calante punto vincente!”? Secondo me questo è giusto… con riserva, perché sono un po’ cambiati i tempi, rispetto a quando giocava Martina e anch’io. Nel mio piccolo ero sempre appiccatissimo a rete e poiché avevo buoni riflessi e con la volée a due mani giocata avanti al corpo riuscivo a fare – ai miei livelli si intende – molti punti, sarei stato d’accordo con Martina al 100 per 100. Però allora si usavano racchette diverse, legno,ovali e sweet spotmoltopiù piccoli: i lob liftati e vincenti erano arte di pochi. Fra i pro il primo lob liftato costantemente efficace lo sapeva fare Manolo Santana. In campo nazionale italiano Roberto Pellegrini, che difatti a dispetto di un fisico inadeguato, vinse tutta una serie di campionati nazionali di seconda categoria (uno anche con il sottoscritto) emergendo anche in prima categoria fino a quarti di finale degli Assoluti (sempre con il sottoscritto). Ma già negli anni Ottanta giocatori come Pernfors, Wilander, Nystrom, ed altri, erano capaci di lasciarti secco con il pallonetto se ti attaccavi troppo a rete. Figurarsi oggi uno come Andy Murray che i lob li mette dove vuole come se andasse dall’altra parte del campo e li piazzasse depositandoli con le sue mani…

Però anche Bob Bryan sostiene – è anche bello alto e ha un’apertura alare da aquila reale – che “se mi metto a pochi centimetri dalla rete a) non mi passano b) saprò angolare meglio le volée e qualsiasi volée angolata o smorzata io giochi diventa difficile da riprendere e da non alzare per l’avversario che finirà per darmi probabilmente un assist”.

Però per il doppio femminile il discorso cambia. Le donne di solito sono mediamente meno alte e non chiudono agevolmente le volée non facili, in linea di massima salvo eccezioni, sono più facili da scavalcare. La grande forza del suo Errani/Vinci sta nella capacità di Sara di scavalcare chi delle due avversarie sta a rete – nel femminile quasi sempre in una coppia una gioca a rete e l’altra tira e palleggia da fondo – spesso cercando di fare andare l’avversaria con la quale scambia da fondo… dalla parte dove gioca peggio. Così facendo può essere che l’avversaria in corsa giochi corto o alto, consentendo a Robi Vinci ben piazzata a rete di chiudere il punto intercettando e chiudendo la volée come smecciando.

Nell’epoca delle racchette di legno e del mio tennis direi che, pur giocando tutti a rete fra chi era ad un certo livello (in cima alla seconda categoria, sull’orlo della prima), i nostri doppi assomigliavano come velocità di palle, più che per schemi, forse più al tennis femminile di oggi. Nessuno batteva alle velocità folli con cui servono gli uomini oggi, cioè sopra i 200 km orari, anche 230/240. Le racchette erano ben diverse. Troppo. Ricordo che una volta mi misurarono il servizio a 167 km orari in un test a Francoforte durante un Masters-ATP Finals (seguite da giornalista eh… magari fossi riuscito a parteciparvi come giocatore), ma avevo avuto cinque servizi di prova e avevo tirato al mio massimo rischiando di lussarmi la spalla cercando di mettere almeno un servizio dentro. Insomma potevo servire, come velocità come una donna dal servizio medio. Non certo come Serena Williams. Peraltro ho la sensazione (illusione?) che su battute alte, corte e deboli tipo quella di Sara avei potuto o fare il punto o prepararmelo per fare al colpo successivo.

Mi è venuta in mente la somiglianza con il doppio femminile perché 40 anni fa lo smash non era un colpo quasi banale come oggi, tanti li sbagliavano, soprattutto sui primi lob liftati dell’epoca. E per me che invece lo smash anche al rimbalzo era forse la mia arma più incisiva poteva essere una buona tattica scavalcare l’uomo a rete con il lob, costringere lui o il compagno a rincorrere e a difendersi con un altro lob, sul quale potevo avventarmi per tirare lo smash. Per questo quando vedo Sara che scavalca un’avversaria a rete e la sua compagna che alza un lob che diventa preda dello smash di Roberta, mi ci riconosco e dico… ehi queste due ragazze giocano un po’ come giocavo io. Vederle giocare mi diverte perché giocano con la testa, ragionano, sono lucide, quasi mai sbagliano tattica. Hanno meno forza, meno altezza, meno potenza di altre coppie, ma le battono usando il cervello e applicandosi con grande attenzione.

Nel doppio ovviamente diventa fondamentale anche saper comunicare con i partner. Non solo per mettersi d’accordo sulle intercettazioni e i segnali che è meglio fare quando è possibile per allertare il compagno. Ma anche per decidere una tattica, individuare insieme i colpi più deboli dei due ribattitori, capire insieme se insistere a seconda dei momenti più su uno o sull’altro avversario, più su uno quando si trova a rete o sull’altro quando si trova a fondo, stare entrambi avanti sulla risposta o meno, etcetera. Comunicare quasi di continuo insomma, capendo anche il momento psicologico del compagno che va incoraggiato se è entrato in crisi, consigliato se sta commettendo lo stesso tipo di errore, esaltato se è in piena “erezione agonistica”, per utilizzare una felice espressione di Gianni Clerici.

Battere nei primissimi games, a freddo, non è come battere a caldo. Battere ogni 4 games non è come battere ogni due (cui il singolarista è abituato). Gomito e spalla possono risentirne, se non sono caldi. O può mancare il ritmo. I primi punti del game si possono servire in modo, e con angolazioni, leggermente diversi. Io ricordo, ad esempio, che volendo cercare l’ace con le battute esterne da destra nei punti pari – essendo io destro, ma la stessa cosa vale per il mancino che l’ace esterno lo cerca sui punti dispari a sinistra – non riuscivo quasi mai a metterne di efficaci sullo 0-0. Sul 15 pari o 30 pari (o insomma 0-30, 40-15) era già più facile. Occorre rendersene conto, regolarsi di conseguenza: o lo fai tu oppure il tuo compagno. Spesso in una coppia c’è un leader, quello che ha più senso strategico. Talvolta quello che, semplicemente, ha più personalità.

Un altro difetto in cui si può incorrere nel doppio è quello di…..

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