Ricorso contro Binaghi respinto, Massimo Rossi: "Vi spiego perché la Corte ha sbagliato"

Interviste

Ricorso contro Binaghi respinto, Massimo Rossi: “Vi spiego perché la Corte ha sbagliato”

Prosegue il contenzioso tra Massimo Rossi e Angelo Binaghi, fresco di rielezione a presidente della FIT. A seguito del mancato accoglimento del suo ricorso contro la candidatura di Binaghi, l’avvocato condivide con Ubitennis la sua verità

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Angelo Binaghi è stato rieletto per la quinta volta consecutiva presidente della FIT, questo certo non è un dato usuale. Il suo unico antagonista, l’avvocato Massimo Rossi, è stato escluso dalla lista dei candidati ammessi – alla fine composta dal solo Binaghi – per il mancato raggiungimento del numero di sottoscrizioni necessarie. In seguito Rossi ha scelto di fare ricorso contro la candidatura dello stesso vincitore della tornata elettorale ma la Corte d’appello federale non ha accolto la richiesta, confermando di fatto il verdetto emerso dell’assemblea dell’11 settembre. In questa lettera inviata al direttore di Ubitennis Massimo Rossi spiega le sue ragioni, soffermandosi sull’operato della Corte e soprattutto svelando alcuni retroscena riguardanti la documentazione presentata da Angelo Binaghi a corredo della sua candidatura.

“Se potessi avereee mille euro al meseee, a Rossi ed Azzolini farei un gran tappeto rosso per la mia felicitàaaaaaa!!

Caro Direttore, come prevedevo la Corte federale d’appello ha respinto, il giorno precedente l’assemblea, il mio ricorso contro la candidatura di Angelo Binaghi alla presidenza e quello di Fabio Azzolini contro la candidatura dei consiglieri degli affiliati. Ci ha pure condannati alle spese per “lite temeraria” (ma quale lite?!).

La decisione è totalmente sbagliata, oltre che basata su presupposti inesistenti o contrari alle risultanze documentali, come cercherò qui brevissimamente di spiegare.

Il primo aspetto della decisione su cui vale la pena soffermarsi – ancorché riguardi Fabio Azzolini e non me – è quello relativo alla inammissibilità della sua candidatura per mancata indicazione dell’affiliato di appartenenza. L’affermazione è francamente paradossale, soprattutto perché calata nel contesto della recente assemblea e delle modifiche statutarie di cui ho già scritto nella mia precedente lettera pubblicata da Ubitennis nei giorni scorsi.

Ed infatti è lo stesso Regolamento Organico della FIT (articolo 78) che consente e anzi impone il tesseramento alla FIT di chiunque giochi anche una sola ora a tennis senza essere socio di un circolo affiliato e quindi senza “appartenere” a nessun circolo. A maggior ragione oggi, considerato che l’assemblea di domenica scorsa ha approvato (malauguratamente) le modifiche statutarie che legittimano la norma sopra richiamata del Regolamento Organico.

Venendo ora più da vicino ai motivi che hanno indotto la Corte federale d’Appello a respingere il mio ricorso (e quello di Azzolini) voglio evidenziarne le seguenti gravi e macroscopiche debolezze.

La Corte dichiara, fra l’altro, la irricevibilità del mio ricorso perché RICEVUTO alle 00.00,26 di martedì 6 settembre, ma il fatto che la mia PEC sia PERVENUTA (come testualmente afferma la Corte) a mezzanotte e 26 secondi a nulla rileva in ordine a una pretesa tardività, dovendo la Corte basarsi sull’orario di partenza e non su quello di arrivo della PEC in questione.

Un altro tema affrontato erroneamente dalla Corte – questo riferito a entrambi i ricorrenti –  è quello secondo il quale “il ricorso è inammissibile perché mancherebbe il nostro interesse ad agire”. Afferma infatti la Corte che non si trarrebbe alcun vantaggio dall’accoglimento del ricorso avverso la candidatura altrui, considerata la nostra esclusione dalle liste.

Niente di più sbagliato. Per prima cosa va detto che qui l’interesse non è individuale ma collettivo , in quanto riferibile alla regolarità delle elezioni e delle relative candidature ammesse. Un interesse quindi che è di tutti. In secondo luogo va detto che anche individualmente esiste l’interesse dell’escluso a impugnare la candidatura dell’UNICO candidato ammesso. Infatti se per avventura il ricorso fosse stato accolto e la candidatura di Angelo Binaghi esclusa, io avrei potuto contare su una mia nuova candidatura per un’assemblea elettiva che necessariamente avrebbe dovuto essere nuovamente e da capo convocata.

Ma vengo ora al punto della questione che più mi sta a cuore, e cioè a quello che riguarda la regolarità o meno delle dichiarazioni di appoggio alle candidature ammesse e cioè a quelle del candidato presidente Binaghi e a quelle del suo gruppo di consiglieri, il cui numero è esattamente pari a quello dei posti a disposizione nel Consiglio federale.

Con il ricorso avevo sostanzialmente affermato e documentalmente provato che:

  • i modelli su cui erano redatte le dichiarazioni di appoggio a Binaghi (ma anche ai consiglieri) erano TUTTI uguali;
  • nessuno di essi presentava segni di piegatura (come avrebbe dovuto essere se pervenuti per posta come quelli pervenuti a me e che ho prodotto a campione);
  • nessuno di essi era corredato da busta (come i miei prodotti a campione);
  • nessuno di essi era redatto su carta intestata dell’affiliato (i miei invece sì);
  • nessuno di essi era accompagnato da una nota di deposito di chi li aveva fatti tenere, nel caso, a mano, alla FIT;
  • la dichiarazione di candidatura di Angelo Binaghi, peraltro avente data molto anteriore (primi di agosto) rispetto alla data del 95% delle dichiarazioni di appoggio, non dava per allegato alcun documento di quel tipo; 
  • nessuna dichiarazione di appoggio portava un timbro di “ricevuta” (e tantomeno un numero di protocollo) della FIT; 
  • nessun elemento di data certa era dunque rinvenibile, se non per il fatto che in cima all’indice delle dichiarazioni è riportata la dichiarazione del segretario generale della FIT Massimo Verdina – che è un funzionario amministrativo nominato dal presidente della Federazione – secondo la quale quelle dichiarazioni erano tutte pervenute, senza specificare come, entro la data ultima del primo settembre 2016;
  • in calce ai modelli tutti uguali (modello da me non rinvenuto nella modulistica presente nel sito della FIT) esisteva la dicitura che la firma del presidente del circolo doveva corrispondere a quella depositata con le affiliazioni / riaffiliazioni, ma tale verifica non risultava (e non risulta) effettuata dal segretario generale e nemmeno è stata consentita al sottoscritto nonostante la esplicita richiesta inserita nel verbale della riunione presso FIT, per l’esame della relativa documentazione di comparazione (affilizioni e riaffiliazioni firmate dai presidenti di circolo);
  • esistevano mail circolari di delegati provinciali FIT che inviavano ai Circoli della loro provincia i modelli in questione invitando a restituirli compilati con i dati del Circolo, il nome del presidente, il timbro del Circolo e la firma del presidente lasciando IN BIANCO il nome del candidato;
  • una dichiarazione di appoggio rilasciata in bianco doveva considerarsi del tutto nulla e inesistente, posto che l’appoggio a un candidato è la dichiarazione più personale, fiduciaria e confidente che esista. Se fatta in favore di uno sconosciuto è quindi priva di valore; occorreva comunque verificare, eventualmente in contraddittorio con la Corte e i contro interessati le firme raffrontandole con le affiliazioni;
  • in ogni caso appariva evidente il supporto, in molti casi, anche della “macchina federale” nella raccolta delle dichiarazioni di appoggio, così come altrettanto evidente risultava il vantaggio per il candidato di potersi avvalere di tale macchina e delle mailing list in possesso della stessa.

A fronte di queste precise e documentate contestazioni la Corte si è limitata ad osservare che le due mail dei delegati provinciali (che pure si sottoscrivevano riportando la loro carica!) non riportavano il logo FIT; che le mailing list degli affiliati sono a disposizione di tutti (ho controllato e a me non sembra); che siccome Angelo Binaghi (e anche i consiglieri) avevano “corredato” (Come? Quando? ) le loro candidature con un numero molto superiore al necessario di dichiarazioni di appoggio, sia io che Azzolini avremmo dovuto fornire la cosiddetta “prova di resistenza , vale a dire avremmo dovuto dimostrare – indicando una per una le schede irregolari e il motivo di irregolarità – che togliendo quelle irregolari non sarebbe rimasto il numero minimo di appoggi richiesto dalla norma. Peccato che la documentazione per fare il controllo della eventuale irregolarità in questione (firme non riferibili ai legali rappresentanti dei Circoli in carica) non ci è stata messa a disposizione dalla segreteria generale (moduli di affiliazione / riaffiliazione) e che gli altri elementi di affinità nella compilazione dei modelli tutti identici (grafia, colore dell’inchiostro delle penne) così come specificamente sottolineato in ricorso, non siano stati per nulla considerati dalla Corte. 

Al Proposito la Corte si è infatti limitata a laconiche affermazioni del tipo: ” Non risultano interferenze di Organi Federali nella fase di presentazione delle candidature, né è censurabile l’attività di raccolta delle sottoscrizioni per il successivo invio alla FIT”.

Ma inviate come? Quando? Da chi? La Corte non si pone queste domande e quindi non da risposta a tutti i vuoti che ho sopra denunciato.

Dulcis in fundo, con un’altra decisione completamente errata perché fondata sul nulla normativo, la Corte ha deciso che la mia era una “lite temeraria” e che pertanto dovevo essere condannato alle spese in favore dell’ingegner Angelo Binaghi per l’ammontare di 1.000,00 euro (se potessi avereee…). Ma io non so neanche che Binaghi abbia avuto delle spese perché la Corte non mi ha trasmesso nessuna sua memoria difensiva né copia di mandati a difensori. Aggiungasi però che la Corte ha comunque preso fischi per fiaschi, applicando a questo ricorso le norme dei procedimenti previsti e regolati dal Regolamento di Giustizia. In realtà qui non c’è nessuna “lite”, posto che il ricorso riguarda solo la regolarità delle elezioni e dei suoi presupposti, che costituisce interesse generale e che quindi si tratta di un procedimento di “volontaria giurisdizione”.

La norma applicata dalla Corte (articolo 60 Regolamento Giustizia) si applica a procedimenti completamente diversi, che prevedono delle udienze (qui totalmente assenti) e soprattutto diversi gradi di giudizio (qui assenti perché il provvedimento non è impugnabile). È così, non è impugnabile, ma penso che un giudice a Berlino lo troverò anch’io.

Intanto devo dirTi caro Direttore che sono molto soddisfatto della mia decisione di candidarmi: ho capito tante cose e ho imparato tante cose. Forse qualcosa hanno capito e imparato anche i tanti tesserati e affiliati che mi hanno seguito in questa avventura, che comunque non finisce qui. 

E poi sono contento anche perché mi hanno riferito che, guarda caso, proprio alla vigilia dell’assemblea elettiva la FIT ha pubblicato il bilancio 2015 di cui io avevo stigmatizzato la mancanza.

Mah! Un caro saluto.

Massimo Rossi”

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