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Everyday America: il tennis è ancora uno sport per ricchi (e bianchi)

Lo sport è spesso uno di quei campi dove è più semplice aggirare le differenze sociali, economiche ed etniche. Il tennis, però, resta quello che riflette più da vicino le disuguaglianze che affliggono la società americana e che hanno portato alla nascita di movimenti come Black Lives Matter

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Se queste pressioni ulteriori a cui sono esposte le atlete, ed anche gli atleti, afro-americani abbiano un effetto concreto sul numero di praticanti è difficile da stabilire. I numeri, però, indicano come effettivamente ci sia una fetta di popolazione che al tennis non si avvicina, non lo guarda e non lo gioca. Secondo un report del 2013 della USTA, la federazione nazionale tennistica USA, il tennis resta uno sport elitario. Della totalità dei praticanti di tennis, il 77% è bianco e solo il 9% nero. Il dato dei praticanti afro-americani è notevolmente più basso rispetto a quello riscontrato negli sport di contatto (basket, football), dove rappresentano il 15% del totale dei praticanti, e rispetto al numero dei praticanti negli altri sport non di contatto (golf, nuoto, atletica), dove sono il 13%, in linea con la popolazione afro-americana negli Stati Uniti. Il report è straordinariamente accurato e un grafico dopo l’altro dipinge l’immagine di un tennis a tinta unita. La possibilità che un adolescente nero inizi a giocare a tennis è il 44% più bassa rispetto a quella di un suo coetaneo bianco. Peggio di nuoto e calcio e meglio solo del baseball. La situazione è migliore tra le ragazze, spinte forse proprio dalle sorelle Williams e dai successi delle varie Stephens, Keys e compagnia. Il problema della scarsa partecipazione delle minoranze etniche nel tennis è la conseguenza però di una discriminazione che prima ancora che etnica è socio-economica. Il tennis infatti resta uno sport per ricchi ed educati. Secondo il report USTA, il 73% dei genitori dei tennisti adolescenti ha conseguito la laurea, rispetto al 65% degli altri sport non di contatto e al 57% di quelli di contatto.

Il dato economico più interessante emerge da uno studio Ipsos del 2014, secondo cui il pubblico di Tennis Channel, il principale canale tennistico americano, è più abbiente di quello di qualsiasi altro canale televisivo. Il reddito familiare medio del telespettatore di Tennis Channel è infatti di $259.700 dollari. Coloro che si sintonizzano sul TC sono anche quelli con più assetti liquidi (quasi $900.000 a famiglia) e che spendono di più in viaggi e auto. Curiosamente, TC è anche il canale sportivo con la più grande percentuale di telespettatori donne, il 43%. L’aspetto socio-economico e quello etnico sono ovviamente collegati. Lo stipendio medio di una famiglia afro-americana è di $35.000 dollari, il 35% in meno circa dei $53.500 della famiglia americana media. Il tennis resta quindi per eccellenza lo sport dei ricchi e spesso, di conseguenza, dei bianchi. Il problema parte dai costi associati con la pratica dello sport: dall’affitto dei campi (il numero dei campi pubblici di tennis è spesso inferiore rispetto a quello di altri sport), al costo delle lezioni, all’attrezzatura necessaria, il tennis è un hobby costoso. La prospettiva poi di diventare professionista non è così allettante. Come emerso dall’intervista con Evans, per rendere proficua una carriera da tennista bisogna restare per anni tra i primi cento. Sono in pochi a riuscirci. Il tennis è infatti uno fra gli sport più diseguali nell’assegnazione del montepremi. Il confronto con il golf è imbarazzante, così come lo è quello con gli sport di squadra. Sono passati i tempi in cui Richard Williams decideva di far giocare le sue figlie a tennis perché colpito dal montepremi ricevuto dalla vincitrice di un torneo di fine anni ’70. La situazione, a dire il vero, è peggiore tra gli uomini che tra le donne. Mentre le tenniste sono spesso la categoria meglio retribuita in ambito sportivo, i tennisti faticano a posizionarsi fra i primi posti, fatta esclusione appunto per i primi quattro-cinque giocatori.

La disuguaglianza presente nel mondo del tennis nasce perciò da diverse aspetti, difficili da contrastare alla radice perché figli di problemi della società nel suo insieme. A livello nazionale parte da una cultura che tutt’ora associa il tennis ad uno sport d’élite e per le élite. Gli esempi di tennisti uomini afro-americani di successo si possono contare sulle dita di una mano: James Blake, Artur Ashe e pochi altri. Prosegue poi con i costi troppo alti associati con il praticare l’attività, che tagliano una fascia dalla popolazione dalla possibilità di accedere allo sport. E termina infine con un problema che affligge il tennis a livello globale: la disparità nei montepremi. Gli effetti sul successo del tennis sono devastanti: la perdita di popolarità negli USA è sotto gli occhi di tutti ed è testimoniata dal costante calo di telespettatori negli eventi principali. Gli Stati Uniti hanno rappresentato per decenni il principale mercato per lo sport e il tennis non è forse ancora pronto a farne a meno. Il tentativo di spostarsi verso Oriente ha finora avuto scarsi successi e sembra comunque un progetto a lungo raggio, che potrebbe forse fruttare fra una ventina d’anni. Nel frattempo gli appassionati diminuiscono e ragazzi, afro-americani e non, atleticamente portati verso lo sport preferiscono giocare a qualcosa che possa essere più remunerativo e di cui hanno più esempi di successo. I casi delle Williams, di Stephens, restano isolati e non indicativi di un sistema inclusivo.

Che il tennis sia un esempio di “razzismo sistematico” è forse eccessivo da sostenere. I problemi sono più complessi e variegati. È innegabile tuttavia che il sistema debba rendersi più accessibile ad una fascia più ampia della popolazione. Un numero maggiore di spettatori vuol dire più praticanti e quindi più soldi per la costruzione di campi, per le attività di promozione e più possibilità di far emergere giovani talenti. Rendere il tennis uno sport popolare, nei costi e nell’impatto, è la grande sfida dei prossimi anni. Ne va del futuro del tennis americano e, di conseguenza, del futuro del tennis globale.

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