Apologia di Nick Kyrgios e dei (suoi?) ventun anni

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Apologia di Nick Kyrgios e dei (suoi?) ventun anni

Maleducato, irrispettoso, indecente. Ma anche talentuoso, coinvolgente e spettacolare. Sopratutto, giovane. E se Nick Kyrgios fosse soltanto l’esempio dell’insoddisfazione tipica di un ventunenne?

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L’ansia per la fine di un percorso universitario a due passi, che contro ogni aspettativa stai riuscendo a concludere rispettando le tempistiche. Un appartamento condiviso con altri studenti fuori sede, andando a sbattere la testa contro le sbronze, le delusioni amorose e il terrore di non riuscire ad emergere. La patente di guida in parte degli USA, la possibilità di acquistare alcolici, un’arma o sposarsi nel resto degli USA. I primi voti ai referendum, la sensazione di avere il mondo in mano e poterlo tagliare in due come un’arancia, soltanto con le proprie mani. L’idea di iniziare ad avere un peso in questa dimensione, il sogno di poter contribuire a migliorarla, l’ansia di non essere in grado, la gioia del comprendere che basta metterci l’anima, l’amarezza di realizzare che a volte l’anima non basta. Il motorino truccato come lo descrivevano negli anni novanta, se ancora esistono, il documento di identità da mostrare all’ingresso dei locali quando si decide di non portare la barba incolta. La pressione di una famiglia che aspetta soltanto te, togliendoti il respiro nonostante la voglia di stimolarti. Il desiderio infinito di scoprire ogni angolo che non può essere scoperto, con la zip del borsone sempre a metà per buttarci dentro fotografie, conoscenze, fumo e piatti esotici.

Le feste di laurea degli amici più grandi, dove ti senti ancora un po’ a disagio con quella giacca e quell’abbigliamento classico che non usi quasi mai, ma il bar è gratis e alla fine va bene. Le feste di diciotto anni degli amici più piccoli, dove ti senti importante con quella giacca e quell’abbigliamento classico che i ragazzini non vedono quasi mai. L’istinto di prendere il primo volo o il primo treno per andare a trovare chi potresti non vedere mai più, per renderti conto che “alla fine se non lo fai adesso quando lo fai?”, consapevole che però “non è mai detto, magari una follia diventa una realtà”. La carbonara all’alba, dopo tre ore di salti con quel DJ di nicchia che si rivela un fenomeno. La carbonara all’alba, dopo l’ultimo spettacolo del cinema in centro e il drink bevuto per dimenticare, per conoscere o per conoscere come dimenticare. La carbonara all’alba e basta. “Scendo a prendermi un caffè con gli altri” in un giorno di pausa all’ora di pranzo, senza avere programmi per il pomeriggio che poi è già sera e “tanto vale mangiamo una cosa al volo”, che poi è già notte.

Essere troppo immaturi per capire certi discorsi e goderne, essere troppo maturi per rimanere disinteressati davanti a questioni che nessuno si aspettava avresti potuto cogliere. Il jeans e la t-shirt per sembrare dritto ad un primo appuntamento, con un preservativo in una tasca e l’ansia da prestazione nell’altra, tanto tutti sanno alla fine che lato del pantalone verrà svuotato. Il jeans e la t-shirt per sembrare stanco all’ennesimo esame, con il libretto in una tasca e l’ansia da prestazione, tanto nessuno può prevedere quale lato del pantalone verrà svuotato. I tatuaggi pregni di significato, per lo più utili a coprire quelli di anni prima che adesso sembrano bambinate. I tatuaggi senza alcun significato, semplici dimostrazioni di come sia arrivato il momento di buttare il cuore oltre l’ostacolo. Il cordone ombelicale che alla fine tagli da solo, spesso nel sangue sentimentale che ti legava alla tua città e alla tua famiglia quando ti trasferisci per quel tirocinio, o il legame strettissimo che ti vincolava alla tua cerchia di amici e compagni di squadra, quando capisci che le tue priorità cambiano e hai bisogno di tempo.

Il paradosso più totale di questa situazione è la possibilità che Nick Kyrgios sia effettivamente, seppur in una condizione remota e cervellotica, una vittima. Protagonista di un mondo che lo vorrebbe più anziano ma comunque nel complesso guascone, più educato ma deve spaccare una racchetta, più morigerato ma impulsivo perché “dopo McEnroe nessuno più”. E i suoi vent’anni? C’è chi li passa nella miseria, nella fame, nella guerra. Chi manco ci arriva. E già solo questa condizione dovrebbe fungere da chiodo morale a cui dovrebbe attaccare i suoi modi di essere, per rispetto nei confronti della sua fortuna e del suo talento, oltre che di tutti quelli che questi doni non li hanno. Ma i suoi vent’anni? Se volesse la carbonara, il jeans, l’ansia, il caffè, mentre si sta costruendo attorno delle pareti d’oro da cui non riesce più a districarsi? La vera ricchezza quale sarebbe, il denaro o la libertà di essere sereni? Se una carbonara all’alba non l’avesse manco mai mangiata, vi rendereste conto?

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