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Al femminile

Ana Ivanovic, un tentativo di valutazione storica

Ana Ivanovic si è ritirata. A carriera conclusa, come va considerata la sua figura nel tennis degli ultimi anni?

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Nel 2009 si verifica un repentino calo, con alcune controprestazioni sconcertanti. La giocatrice con un bel servizio teso, una dritto dominante e un rovescio meno potente ma comunque solido, lascia spazio a una specie di alter ego che sembra aver perso ogni sicurezza. Sintomatici delle sue crisi sono i lanci di palla alla battuta: sghembi e fuori controllo, che le impediscono di completare correttamente il movimento e di spingere la palla come saprebbe.

Fra le tante sconfitte ne ricordo una, emblematica per come arriva: Ana perde al primo turno degli US Open 6-2, 3-6, 6-7(7) da Kateryna Bondarenko (che già l’aveva battuta nella finale di Wimbledon Junior 2004). Nel tiebreak conclusivo, su nove punti persi, sei sono “regali” di Ivanovic: errori commessi tutti con il dritto, di fatto trasformando il suo colpo migliore in una debolezza, un boomerang che distrugge ogni speranza di successo.
Si trova ancora su youtube la conferenza stampa successiva a quel match, in cui Ana esprime i dubbi e le insicurezze che la stavano assillando in quei momenti:

Dopo i fulgori del 2008 comincia dunque un lungo periodo in cui le delusioni superano abbondantemente le gioie. I cambi di coach sono continui, e sono il sintomo di una profonda insoddisfazione: la frustrazione e il malcontento per come vanno le cose ricadono su se stessa ma anche sui componenti del team, che vengono avvicendati con grande frequenza.

Gli anni passano, e i risultati latitano. Nel 2010 Ivanovic rivince l’International di Linz e il “masterino” di Bali, che bissa nel 2011 non perché nel corso della stagione abbia ottenuto i requisiti necessari all’ammissione, ma perché riceve una wild card dagli organizzatori. Zero i tornei vinti nel 2012 e 2013. Il ranking di fine anno oscilla tra il tredicesimo e il ventiduesimo posto.
Dunque questa è la vera Ivanovic? La ventenne numero uno del mondo è stata una meteora svanita per sempre?

A negare questa interpretazione arriva la stagione 2014. Ma non solo: c’è almeno un secondo elemento che a mio avviso smentisce la tesi che tende a ridimensionare il valore di Ana. E questo elemento è il suo gioco.
Per come la vedo io, anche nei momenti peggiori, Ivanovic non è mai stata una tennista qualsiasi, perché ha mostrato di possedere il cosiddetto “big game”.

Cosa significa? Significa possedere un tipo di tennis dominante, che il più delle volte permette di essere artefici del proprio destino: capacità di produrre colpi vincenti, specie ad inizio gioco, che se ben utilizzati portano al successo.
Ivanovic aveva un efficace servizio, un discreto rovescio e soprattutto un grande dritto. Sul piano stilistico forse il più bello degli ultimi anni: estremamente coordinato, al tempo stesso elegante e potente, con la tendenza ad un uso classico, rispetto alla modalità più “contemporanea” inside-out. Intendiamoci, non che Ana non sapesse spostarsi a sinistra per colpire sulla diagonale a uscire, ma quella è una soluzione che tenderei di più ad associare a giocatrici come Stosur. Ivanovic aveva invece una impostazione più tipica del tennis femminile: vale a dire con meno topspin, traiettorie più tese e appunto la preferenza per la traiettoria della diagonale “chiusa”. Tanto da saper produrre anche da sinistra straordinari inside-in:

Un altro aspetto che credo sia giusto ricordare era la capacità di colpire in risposta con i piedi dentro il campo. Poteva spingersi in avanti, fino a un paio di metri oltre la linea di fondo, e coordinarsi con tempi eccezionalmente rapidi, trovando il modo di addomesticare battute anche molto veloci: un’altra dote che le permetteva di prendere il controllo del gioco più spesso della media.

Alta 1,84 e longilinea, possedeva leve lunghe, ideali per generare grande velocità di palla. Ci sono state tenniste più piccole di lei che hanno faticato moltissimo a contrastare il suo gioco; senza andare troppo lontano, ricordo due casi italiani: Schiavone 0-6 nei confronti diretti (con solo due set vinti) e Pennetta 0-5 (con appena un set vinto in carriera).

Discreta anche nei pressi delle rete, a mio avviso il maggiore punto debole di Ana era la mobilità: la statura non le permetteva di essere agilissima, e quindi nelle fasi di difesa esprimeva un tennis di contenimento più basato sugli allunghi che sulla rapidità di spostamento. Ma i casi di avversarie in grado di assumere il controllo del gioco, obbligandola a inseguire spesso durante lo scambio, erano rari.

Queste caratteristiche nell’insieme definivano il suo “big game” e per questo, anche nei momenti più bui, non ho mai del tutto escluso le sue possibilità di giocarsela alla pari con chiunque; anche quando era lontana dalla top ten poteva trovare la giornata in cui rivaleggiava con le prime del mondo.

a pagina 3: Valutazioni complessive

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