Ci sono due storie da raccontare.
La prima ha luogo in Canada il 31 gennaio 1992. Siamo a Vancouver, British Columbia; precisamente all’interno del Pacific National Agrodome. Qui, in un giorno ipotetico di sette anni prima, Rocky Balboa e Ivan Drago si sono caricati sulle spalle possenti il peso della guerra fredda tra le rispettive nazioni e se le sono date di santa ragione.
Ma quella era fiction. Invece adesso, sul tappeto sintetico steso dove in passato hanno suonato celebrità come Rolling Stones, Led Zeppelin e Pink Floyd, si fa sul serio. In verità, se fosse hockey su ghiaccio, quella tra le nazionali di Canada e Svezia sarebbe una sfida stellare. Invece si gioca a tennis, in Coppa Davis, e con la racchetta in mano gli svedesi sono Golia e i canadesi forse meno di Davide.
Però, la conoscete tutti la storia della fionda. Così, quando Grant Connell strapazza Magnus Gustafsson nel singolare d’apertura, i padroni di casa sono già più che soddisfatti e il diciannovenne Daniel Nestor può giocare a mente e braccio sciolto contro Edberg. Pur avendo perso la finale degli Australian Open contro Jim Courier, “Stefanello” è rimasto n°1 del mondo mentre il suo avversario lo diventerà (ma in doppio) dieci anni più tardi. Tra i due ci sono nientemeno che 237 posizioni di differenza nel ranking e non potrebbe essere diversamente se pensiamo che Daniel ha giocato appena quattro incontri nel circuito principale e a Melbourne le ha prese da Stefano Pescosolido al primo turno.
Invece il solito, maledetto clima della Davis rimescola carte e valori tanto che Nestor si trova avanti di due break nel quinto e decisivo set (5-2). Nella prima occasione va a cercare troppe volte il rovescio di Edberg in risposta e viene punito mentre, due giochi più tardi, sul 30-30 cerca il dritto dello scandinavo con identica (s)fortuna e deve fronteggiare una palla del 5-5. La prima slice a uscire di Nestor cade nei pressi della riga esterna ma sembra fuori, Edberg la guarda sfilare con tranquillità e inizia a saltellare in attesa della seconda ma, quando capisce che il giudice di linea alle sua spalle l’ha vista dentro, non crede ai suoi occhi. Insieme al suo capitano Sjögren, il solitamente imperturbabile Stefan si precipita sotto la sedia del giudice e gli fa segno che “era fuori tanto così” ma diversi minuti di sbigottite proteste non portano a nulla. Edberg allarga le braccia sconsolato e non si dà pace ma “occhio di falco” non è ancora stato inventato e l’ace di Nestor viene convalidato. Palesemente contrariato, Edberg affonda a mezza rete la successiva risposta e, sul match-point, risponde alto e si dirige a rete per stringere la mano all’avversario prima ancora che quest’ultimo abbia piazzato la volée vincente del definitivo 6-4.
Per la cronaca, Edberg si riscatterà battendo due volte Connell (in doppio e nel primo singolare della terza giornata) mentre Nestor servirà per il match contro Gustafsson sul 5-4 del quarto set ma finirà per perdere al quinto e la Svezia vincerà 3-2.
La seconda storia inizia a Doha nei primi giorni del 1994 e ha per protagonisti un re e un principe. Il re (del tennis) è Pete Sampras, il principe (del Marocco) è Karim Alami. Il primo, non del tutto insensibile ai petrodollari garantiti dagli organizzatori, ha fatto tappa in Qatar nel lungo viaggio verso l’Australia. Il secondo invece ha viaggiato sui campi secondari del Khalifa International Tennis Complex per disputare le qualificazioni e ha eliminato nientemeno che Jerome Potier, Menno Oosting e Xavier Daufresne. Il primo ha appena chiuso la sua prima di sei stagioni consecutive al n°1 del ranking ATP. Il secondo è n°205, di quel ranking.
Probabilmente Sampras non ha ancora smaltito i postumi della sosta natalizia ma, in fondo, non sono passate che tre settimane appena da quando ha perso 13-11 al quinto set un’incredibile quarto di finale della Grand Slam Cup a Monaco di Baviera contro il ceco Petr Korda. E allora forse il problema è che non si è riposato abbastanza. Però: n°1 contro n°205! Insomma, se i numeri hanno valore…
Anche perché, da quando, il 23 agosto 1973, Ilie Nastase è stato nominato primo numero uno del mondo, nessun leader della classifica mondiale ha mai perso in un torneo del circuito da un collega assestato nel terzo centinaio di quella stessa graduatoria. Oddio, a dire il vero ci era andato pericolosamente vicino “Big Jim” Courier, sconfitto al terzo turno di Wimbledon 1992 dal qualificato Andrei Olhovskiy in quattro set. In quell’occasione il rosso di Sanford veniva da due strisce consecutive niente male (15 vittorie negli slam – e Grande Slam ancora aperto – e 25 complessive con i titoli di Tokyo, Hong Kong, Roma e Parigi) e finì per cedere al n°193 del mondo, cresciuto però sui velocissimi sintetici e parquet di Mosca e dintorni e dunque decisamente a suo agio sull’erba di Church Road. “Quando deve giocare contro un solo avversario e non anche contro se stesso, Andrei vale più della classifica che occupa” dirà il suo coach Viktor Yanchuk al termine della sfida mentre Courier, il primo uomo dal 1969 ad essere arrivato a Wimbledon con mezzo Slam in tasca, la prenderà con filosofia: “Si vince e si perde, questa è la vita!”.
Ma torniamo a noi e a Karim Alami che, in un centrale pressoché deserto, mette a segno un’impresa ancora oggi ineguagliata o battuta, ovvero essere il tennista con peggior classifica ad aver sconfitto il numero uno in un torneo del circuito. Da quel giorno, la carriera del principe di Casablanca ha vissuto altri momenti felici: i due titoli vinti nel 1996 (Atlanta e Palermo) e, nel 2000, le semifinali di Dubai e Montecarlo che gli valsero l’ingresso fra i primi 30. Insieme a Younes El Aynaoui e Hicham Arazi, Karim spalancò le finestre del Marocco sul mondo della racchetta per una lunga stagione e portò la sua nazionale nel World Group di Coppa Davis per ben tre volte. Oggi è direttore del torneo di Doha e, quanto a imprese, vorrebbe concedere il bis: farlo diventare un Masters 1000.
Dunque: Nestor e Alami accomunati dal comune destino di essere gli unici due tennisti classificati oltre il n°200 ad aver battuto un n°1 del mondo. E tutti gli altri?
“Quante volte ho guardato al cielo” si domanda il buon Renato Zero dal lontano 1977, senza riuscire a darsi una risposta per via di un destino cieco. Noi invece abbiamo voluto vederci chiaro e ci siamo chiesti quante volte un numero 1 si è trovato solo con la sua sconfitta mentre l’avversario di turno alzava gli occhi verso il paradiso, grato di averci appena messo piede.
In principio fu Onny Parun. Sull’erba di South Orange, il neozelandese di Wellington diventa il primo tennista della storia a battere il n°1 del ranking. Dall’altra parte della rete c’è Ilie Nastase, fresco di nomina ricevuta qualche giorno prima dall’Associazione dei Tennisti Professionisti. Siamo agli albori del concetto di ranking e di classifiche stilate in base a una serie di calcoli piuttosto complessi che tengono conto dei risultati ottenuti dai giocatori e, in un clima di generale apprezzamento, sarà proprio il rumeno a sollevare qualche perplessità: “Adesso non sono più solo Nastase; sono il numero 1, una preda assai più ambita!”. Infatti, l’imbattibilità del migliore per definizione ha vita assai breve. A conferma dei propri stessi timori, o forse condizionato dal peso della responsabilità, Ilie stenta già contro il carneade Herb Fitzgibbon (a cui cede un set) e al secondo turno si fa battere per la prima e unica volta in carriera da Parun.
Segue a pagina 2: tutti i numeri dei numeri 1, i record di Federer e Borg, i peggiori esordi da primo della classe, dall’altra parte della rete