Ora Roger è tornato l'uomo da battere, anche Miami è sua (Valenti, Azzolini, Clerici, Piccardi, Semeraro, Mancuso, Marino)

Rassegna stampa

Ora Roger è tornato l’uomo da battere, anche Miami è sua (Valenti, Azzolini, Clerici, Piccardi, Semeraro, Mancuso, Marino)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Ora Roger è tornato l’uomo da battere

 

Gianni Valenti, la gazzetta dello sport del 3.04.2017

 

Voilà, tre su tre. E tutti a casa. Roger Federer, il Re del tennis, s’è ripreso il trono. La vittoria di Miami contro il rivale di sempre Rafa Nadal va a sommarsi ai trionfi di Indian Wells e degli Australian Open e ci restituisce definitivamente il campione più forte della storia di questo sport. In soli tre mesi il passato si è trasformato in un meraviglioso quanto inaspettato presente. Lasciate stare la classifica che da stamane vede lo svizzero occupare «solo» la casella numero quattro del ranking. Quella è il frutto di calcoli matematici e storici. La realtà è che Federer, l’uomo che ha vinto diciotto Slam e novantuno titoli dell’Atp , torna ad essere l’avversario da battere, il totem con cui tutti dovranno rifare i conti. Chissà cosa sarà passato nella testa di Andy Murray e Novak Djokovic, rispettivamente numero uno e due del mondo, nel vedere cotanta bellezza seduti davanti alla tv di casa. Di certo non avrebbero mai pensato di ritrovarselo nuovamente tra i piedi a questi livelli. E il loro ritorno al vertice, già ostacolato da problemini vari, si farà adesso un po’ più complicato. Anche perché questo è un nuovo Federer, soprattutto nel gioco. La cura imposta da Ivan Ljubicic l’ha arricchito di un rovescio in top che non faceva parte del suo repertorio. Un colpo che lo rende ancor più competitivo contro avversari dalle rotazioni importanti e profonde con i quali il back può essere insufficiente. Non a caso Roger pare aver invertito quella sorta di sudditanza tecnico-psicologica che per anni ha patito verso Nadal. Il bilancio resta ancora nettamente dalla parte dello spagnolo (23-14) ma le tre vittorie consecutive nei confronti diretti di questo inizio del 2017 sono un segnale importante di cambiamento. La finale di ieri a Miami è filata via liscia. Un break per set, quasi fosse ordinaria amministrazione. E’ stata invece, per tecnica e tattica, una meravigliosa sinfonia tennistica suonata in un ambiente caldo e molto umido che ha reso l’impresa del 35enne di Basilea ancor più significativa. Tutto fa presagire un prosieguo di stagione davvero interessante. Sarà Roger, però, a dettarne i tempi. Chi vorrà sfidarlo dovrà accettare le sue condizioni o, dall’altro lato, sfruttarne le assenze per racimolare vittorie e punti. Il fisico dello svizzero, infatti, è oggi come una macchina perfettamente rimessa a punto ma estremamente delicata. Che non può permettersi il rischio di grippare. Per questa ragione non mancheranno le soste ai box. A cominciare proprio dalle prossime settimane. Federer vuole un approccio soft con la terra rossa europea e, a meno di sorprese, salterà Montecarlo, Madrid e anche Roma. Tornerà per il Roland Garros che diventa così un altro suo grande obiettivo.

 

Rischiatutto Federer stende ancora Nadal

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 3.04.2017

 

L’incubo al contrario prende forma su un nastro molto svizzero, che giunge con perfetta scelta di tempo, e per Fe-derer è dolce come cioccolato al latte. È una nuova forma di vendetta. Roger sembra deciso a far provare a Rafa tutti quei sensi d’insufficienza cui lo spagnolo l’aveva costretto per 23 dei 33 match giocati fino all’inizio di quest’anno. Ora è lui che vince tutto, lui che vince sempre, e seppure le distanze nei testa a testa siano ancora ampie, sono quattro i successi colti in fila dallo svizzero. Quel nastro, così simbolico, smorza il drittone di Federer e costringe i due a fronteggiarsi separati appena dalla rete, Rafa cerca il passante, Roger alza il lob. E l’introduzione al secondo break di Federer. Siamo sul 4 pari nel secondo set, e già c’è aria di vittoria. Un quarto di stagione se n’è andato, e Federer ha vinto tutta Australian Questione di età A dettare la scelta di chiudere velocemente i punti sono i suoi trentasei anni Open, Indian Wells e Miami. Come nel 2006, quando Roger dominava al punto che molti avversari davano quasi l’impressione di scansarsi. Erano undici anni là. Stamattina si ritroverà quarto nella classifica ATP, e ha già scalato dodici posizioni. Federer sembra diventato più forte. E siccome non può essere, non sarebbe logico, allora significa che è più libera Di fare e disfare, soprattutto di rischiare. Lo fa anche in questa occasione. Nulla è cambiato Eppure, fra le ultime, è proprio questa di Miami la finale che più somiglia alle antiche battaglie. L’Operazione Vintage è corredata da una scenografia ispirata ai primi anni Duemila, che va dalle quinte con il pubblico balneare, ai ventilatori accesi in campo, allo squaglio dei pantaloncini di Nadal. Federer potrebbe perfino recitare nei panni del giovane se stesso, non è cambiato granché. Un po’ II cammino Niente MonteCarlo per il campione. Poi andrà a Madrid. A Roma solo se non sarà stanco meno Rafa, per via dei capelli che non ci sono più, e delle canotte sbracciate che facevano tanto “figlio della giungla”. Anche il gioco s’ispira a quei lontani duelli. Si vede Nadal organizzare una rimpatriata nella strategia più classica, una sprangata da una parte e una dall’altra. E si ammira Federer nella tenuta del servizio, giocato con cinquanta e più sfumature. Vi sono quattro palle break a testa nel primo set, e dunque, anche qui il conto è in parità, ma sono la quinta e la sesta ad allontanare Rafa dalla meta. Roger non rinuncia ad attaccare spesso, a cambiare dinamica ai suoi tentativi, e se ne sta coi piedi bene infissi sulla linea di fondo, preferendo i contro balzi agli scambi troppo prolungati. E alla fine la scelta paga. A cambiare volto al match sono proprio le nuove giocate che Federer ha inserito nel suo repertorio. I suoi trentasei anni lo obbligano a fare in fretta, e forse è proprio quella fretta ad aver messo in gioco l’obbligo (l’arte) di rischiare. Vicini Roger ha fatto di più, e forse l’ha fatto meglio. Nadal gli è stato a ruota Alla terza sconfitta consecutiva, corre l’obbligo di dire che i due non sono lontani. Glielo dice anche Federen «’E ripeto quanto ti dissi la prima volta che ci affrontammo qui: vedrai, prima o poi vincerai anche questo torneo, ne sono sicuro». ono gli auguri di Roger per stagione sulla terra rossa, e s’intuisce che questi siano ancor più spassionati, forse perché non lo interessano direttamente. Roger si prenderà un mese di riposo. Non giocherà a Monte-Carlo, si ripresenterà a Madrid, giocherà Roma solo se in Spagna non si stancherà troppo.

 

Così Federer il giovane fa invecchiare Nadal

 

Gianni Clerici, la repubblica del 3.04.2017

 

Non mi aspettavo di vedere, tra due veterani, il più vecchio, Federer, ringiovanito, e il meno vecchio, Nadal, invecchiato. Le mie speranze di rivedere un gran match, come alcuni dei trentasei precedenti tra i due, che Nadal conduceva con 23 vittorie a tredici, sono presto svanite, osservando la posizione in campo dei due. Federer era come sempre piazzato sulla riga di fondo, e le sue mezze volate toglievano il tempo a Rafa. Quanto al maiorchino, era evidente la sua difficoltà nel non servirsi, vista la rapidità e brevità delle traiettorie avverse, della sua grande arma del passato, il diritto anomalo, o se preferite il gergo del tennis, inside out. Ha sempre avuto bisogno di tempo, per quel suo grande diritto che fu, Nadal. Oggi Federer gli ha tolto la possibilità di servirsi della sua arma principale, e a Rafa è rimasto poco, un tentativo di rovescio bimane sul diritto di Roger, che non ho capito, e che comunque ha accentuato la sua passività tattica. Federer mi aveva impressionato, nei turni precedenti, per la sua capacità di vincere ben sei dei sette tiebreak disputati. Ciò significava una sicurezza non solo gestuale, ma soprattutto psicologica, che appare, insieme alla posizione avanzata, la principale ragione della sua rinnovata qualità di winner. Nadal appariva, a tratti, una sorta di fratello maggiore di se stesso, e la rapidità dell’avversario ne suggeriva i difetti attuali, la posizione arretrata, l’incapacità a prendere il pallino, a permettersi il grande gesto che aveva reso difficilmente contrastabile il suo diritto. II match si è deciso su due soli break, nell’ottavo game del primo set, e nel nono del secondo. Alla sua sesta palla break Roger si è permesso un diritto anomalo imprendibile, dopo aver salvato con qualche agio a sua volta quattro palle break a favore di Nadal. Soltanto l’atroce calura avrebbe forse potuto trarre Rafa dalle difficoltà tattiche, ma anche il secondo set ha seguito gli schemi del primo, e si è concluso, di fatto, su una palla break che Roger ha insolitamente colpita con un rovescio lungo linea, sorprendendo l’impreparato Nadal. C’è ora da domandarsi se questo Federer ringiovanito saprà opporsi al ritorno di Murray e Djokovic, e ai miglioramenti di Kyrgios, il giocatore che pia è andato vicino a batterlo in questo suo supertorneo. Non possiamo che augurarcelo, noi vecchi ammiratissimi aficionados. Nadal e Federer dopo i16-3, 6-4 per lo svizzero: il loro bilancio ora è 23-14 per lo spagnolo; accanto, Federer co i raccattapalle di Miami

 

Le strade di Federer sono infinite: Miami è sua

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 3.04.107

 

Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? E invece rleccoli qui, i due fieri rivali, tredici anni dopo la prima volta (2004: un niño 17enne, Rafa Nadal, batteva i122enne Roger Federer 6-3, 6-3 negli ottavi di finale), stessa spiaggia di Key Biscayne e stesso mare, affacciato su Miami e sul torneo che fino a qualche tempo fa veniva considerato il quinto Slam. La forma olimpica dell’uomo sopravvissuto alla sua stessa leggenda si allunga come un’ombra sulla terza sfida stagionale tra Roger e Rafa, nulla a che vedere con l’epica della finale dell’Australian Open ma l’incrocio tra lo svizzero e lo spagnolo (ora stiamo 14-23 nei precedenti, incluso l’ottavo di finale di Indian Wells due settimane fa) genera sempre una chimica nettamente superiore a qualsiasi altra sfida tra top players. Miami è di Federer perché nel mucchio delle palle break (4 su 4 salvate da Roger, 7 su 9 da Rafa) il migliore si annette le due che contano — con un attacco profondo sul dritto dell’avversario sul 4-3 del primo set, con una risposta di rovescio sul 4-4 del secondo —, e perché nessuno vorrebbe spostare di un grammo l’inerzia di questo tennis di inizio anno, che in tre mesi ha sparato in orbita il grande infortunato del 2016. In un’ora e 35′, con Ronaldo (il primigenio, quello vero) spettatore in tribuna nel box dello spagnolo, Federer centra il 26 titolo in un Master woo della carriera, il terzo a Miami undici anni dopo l’ultimo (era il 2005, proprio contro Nadal), il 91 in assoluto in 139 finali, quarto successo di fila negli scontri con Rafa, che rimane piantato in mezzo al campo a grattarsi la capoccia, domandandosi cosa dovrà inventarsi la prossima volta per fermare questo satanasso lanciato verso l’immortalità. La stagione sul rosso, che scatta a Pasqua a Montecarlo, ridarà linfa alla truppa di inseguitori frustrati: Nadal che sul rosso è nato e piuttosto che cederne un granello è disposto a morire, il desaparecido Djokovic alle prese con i suoi fantasmi, il numero i Murray chiamato a dimostrare di essere il più bravo nell’era del cinghiale bianco, più le giovani pistole (Kyrgios sembra quello più vicino a botto nei prossimi Slam) cui manca sempre il colpo in canna del kappaò. Federer prende moglie, figlie, coach e preparatore fisico, torna in Europa e saluta la compagnia: «È probabile che non farò tornei sulla terra prima di Parigi: non ho più vent’anni, ho bisogno di tempo per recuperare, curare il mio corpo e prepararmi al Roland Garros. Insomma, non ci rivedremo presto…» dice il nuovo numero 4 del ranking, felice come un bambino. A 35 anni e 7 mesi, giusto così. Il tennis rimane alla mercé degli altri, e non sarà la stessa cosa. Ma poi arriva Wimbledon, grazie al cielo.

 

Roger e Rafa, delirio da Beatles Federer vince e ferma il tempo

 

Stefano Semeraro, la stampa del 3.04.2017

 

Più Federer di così, è difficile. La prima volta che il Genio ha giocato a Miami era il secolo scorso, dal suo penultimo successo sono passati 11 anni, ma il Tempo gli è scivolato addosso. In Florida ha battuto 6-3 6-4 Rafa Nadal, ed è la terza volta quest’anno che gli riesce dopo gli Australian Open e Indian Wells. Quando i due fenomeni entrano in campo il pubblico delira, ormai sembrano gli ultimi due Beatles. Solo che testi e musica li firma sempre lui, il McCartney del tennis. non si parla di yesterday, day, ma di Let it be: lascia che sia. Lascia che Roger Federer, che ad agosto compirà 36 anni, provi a riprendersi il numero 1 della classifica. Tre mesi fa sarebbe sembrata follia pura, Fe-derer era di ritorno da sei mesi di pausa, nessuno avrebbe scommesso a cuor leggero un franco sul suo menisco ricucito. Oggi siamo ai calcoli, alle ipotesi di fattibili-ta. II terzo successo contro l’antico rivale gli ha restituito la quarta posizione (era sceso a 17 a inizio anno), a 6610 punti di distacco da Andy Murray, il Number One in bacino di carenaggio per un gomito malridotto. Ma da qui agli Us Open, il quarto e ultimo Slam della stagione, Federer dovrà difendere solo 1260 punti, visto che nel 2016 ha saltato Parigi e da Wimbledon in poi non ha più giocato. Murray invece ha in 4 nel ranking MONDIALE Con il risultato ottenuto in Florida lo svizzero continua la sua risalita nel ranking: da oggi sarà numero 4 dopo aver iniziato il 2017 da n.17 LO SCONFITTO «Qui a Miami ogni tre anni arrivo in finale e perdo Mi impegnerò per non aspettarne altri tre…» scadenza una cambiale da 6620 punti, Novak Djokovic di 5900, Stan Wawrinka di 3745. Nadal, che l’anno scorso non ha giocato a Wimbledon, di 2400. Negli ultimi 8 anni chi ha chiuso l’anno in cima al ranking ha vinto – in media – 8 tornei, di cui 2 Slam e 4 o 5 Masters 1000. Dopo tre mesi Roger – a cui non riusciva il triplete Australian Open-Indian Wells-Miami dal 2006, il migliore dei suoi anni da professionista – è a quota 3 tornei, 1 Slam e due Masters Series. Anche i numeri, oltre che il cuore pulsante e incredulo di tutti i federeromani del mondo, dicono che sì: si pub fare. Si pub sognare. Per lo meno With a little help from my friend, con un piccolo aiuto dei suoi vecchi e nuovi amici, da Murray e Djokovic a Kyrgios e Zverev, ovvero i due talenti più convincenti della Next Gen, la nuova generazione inventata dai creativi del marketing che però stenta a prendersi un diploma di maturità sul campo. IIcoach Ljubicic Il più anziano numero 1, da quando esistono le classifiche computerizzate, è stato Andre Agassi, a 33 anni e 131 giorni; più anziano a finire l’anno davanti a tutti Ivan Lendl, 29 anni e 299 giorni nel 1989. Se a 35 annie7mesiFederer è in corsa per l’ennesimo dei suoi tanti record la colpa, certo, è anche di una concorrenza in conclamato affanno. Ma molto merito è suo. Con l’aiuto di Ivan Ljubicic, che a Miami nel 2006 fu suo avversario in finale e oggi gli fa da coach, ha saputo ricucirsi addosso un tennis altrettanto lussuoso, ma più rigoroso, più essenziale di un tempo. Quest’anno lo ha indossato con la solita eleganza da modello 19 volte su 20 (unica sconfitta, molto casual, contro il russo Donskoy a Dubai), compreso ieri, nel bagno turco di Miami, contro un Nadal mica da buttare, ma incapace di nascondere, lui sì, le rughe del tempo, di tenere il ritmo come un tempo: servizio ad alte percentuali (quando ottiene il 70 per cento dalla prima palla SuperRog è praticamente imbattibile), scambi ridotti all’essenziale per evitare sprechi di energia, diritto e soprattutto rovescio, soprattutto in risposta, giocati con i piedi sulla riga *** di fondo, se serve di controbalzo. La sua terza giovinezza si sta trascinando dietro quasi per osmosi vecchi nemici, come Nadal, che da oggi risale al numero 5, nuovi discepoli come Kyrgios, e sta riuscendo nel miracolo di trasformare un abbozzo di Medioevo (tennistico) in un nuovo Rinascimento. Lunga vita, all’uomo che continua a comporre la colonna sonora della nostra meraviglia. 0 sr NC w ALCUNI olam list aven II saluto ai fan: «Ci rivediamo a Parigi» «Ci rivediamo a Parigi». Così Federer ha saluto i tifosi dopo il trionfo di Miami, il 14 su 37 scontri diretti contro Nadal.

 

Roger delle meraviglie

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 3.04.2017

 

Ha ragione Federer quando dice che il tennis è uno sport crudele perché non prevede il pareggio. E forse è un’ingiustizia quando di fronte ci sono lui e Nadal, due fenomeni che si divertono a ingannare il tempo che passa. Come prevedibile la differenza nella finale sul cemento di Miami (la prima over 30 della storia del torneo) l’hanno fatta pochi punti. Ha vinto King Roger e mai in passato era riuscito a battere per quattro volte di fila l’unico abitante della terra che nei confronti diretti con il fuoriclasse svizzero può dire di essere in vantaggio: 23-14. Si è imposto in due set: 6-3 6-4. Più forte dell’avversario di sempre, più forte della fatica per le tre ore spese in semifinale per superare Kyrgios, più forte del caldo umido opprimente. Federer per battere Nadal non aveva che una strada: servire bene (oltre il 70% di prime) e velocizzare gli scambi per non cadere nella ragnatela di Rafa, nel suo diritto a uncino e nel suo top spin esasperato di rovescio. Come a Melbourne ha usato pochissimo il back per non rallentare il gioco. Nel primo set ha centrato il break alla sesta occasione (5-3), nel secondo sul 4-4 grazie a una magica risposta di rovescio lungo linea. Lo svizzero ha centrato l’accoppiata coast to coast Indian Wells-Miami per la terza volta in carriera a distanza di oltre 10 anni dai trionfi del 2005 e 2006. E’ il 26esimo titolo nel Masters 1000 e sale al n.4 del ranking Atp dopo che a fine 2016 era scivolato in 16esima posizione. Il suo bilancio nel 2017 sale a 19 vittorie e una sola sconfitta: era partito così forte solo nel magico triennio che va dal 2004 al 2006. RIVALI STORICI La finale dei recenti Australian Open era stata definita come l’ultimo intrigante atto della rivalità tra Federer e Nadal. Una sfida maestosa, vinta da King Roger al termine di un match epico di 5 set. Nessuno avrebbe osato immaginare che nel giro di poco più di un mese si sarebbero affrontati altre due volte: a Indian Wells dove ha stravinto ancora Federer e ieri a Miami. Come nel 2005, quando sullo stesso campo si contesero in Florida la loro prima finale. Una partita che Roger affannosamente rimontò, sotto di due set e 1-4 nel terzo, contro un ragazzino che non parlava una parola d’inglese. Eppure il suo modo stare in campo aveva qualcosa di unico, un’aggressività e una tigna spaventose. Tanto da incrinare le certezze e la disarmante perfezione tecnica di un ragazzo arrivato da Basilea, cui era stato affidato il tesoro del tennis più bello di sempre. Rafa è diventata la nemesi di Roger. IL ROMANZO PERFETTO A tempo razionalmente scaduto e contro ogni logica (King Roger veleggia verso le 36 primavere, Rafa va per i 31) il 2017 ci sta regalando nuove memorabili puntate di questa saga infinita: neanche ai tempi d’oro si affrontavano con tanta frequenza. Tutti a casa, il n.1 Murray, l’ex imbattibile Djokovic, “Stanimal” Wawrinka, la Next Gen di Kyrgios e Zverev. La rivalità tra lo svizzero e lo spagnolo ha trasceso il tempo in un’epoca che viaggia ad alta velocità tra tecnologia e business, diventando una sorta di religione. Destro contro mancino, classico contro moderno, discese a rete contro passanti. King Roger è la nobiltà dell’arte in un’epoca di bruti con la racchetta in mano: disegna tennis e mostra cose che mai nessuno aveva osato o solo pensato. Rafa ha sublimato il concetto di sport come rifiuto della sconfitta, resistenza al dolore, capacità di andare oltre con quei sui ritmi forsennati e pallettoni avvelenati. Probabilmente non è mai esistito in nessuna disciplina un atleta con la sua forza mentale, qualità che a differenza del talento, in buona parte è figlio del fato, nessuno gli ha regalato. Se l’è costruita giorno dopo giorno sudando e soffrendo sul campo con una abnegazione totale. Federer-Nadal è il romanzo perfetto: quello che sfogli in estasi, capitolo dopo capitolo, per scoprire il finale. Ma non vuoi mai arrivare all’ultima pagina.

 

Infinito Federer: batte Nadal, Miami è sua – Federer ‘cannibale’: è triplete

 

 Francesca Marino, il Quotidiano nazionale del 3.04.2017

 

Non si ferma più. Federer, Federer, Federer, Federer, sì quattro volte Federer. Per la quarta volta consecutiva lo straordinario campione di Basilea ha battuto il suo storico rivale Rafa Nadal, anche stavolta in due set, 6-3,6-4 in un’ora e 35 minuti con un break per set, trasformati sul 4-3 del primo e sul 4 pari del secondo. Vittoria in due set come a Indian Wells, dunque, (6-2,6-3 là) e quarto posto in classifica Atp per lui in questo magico 2017 iniziato con 19 vittorie su 20 dopo che all’Australian Open si era presentato da n.17 e con sei mesi di digiuno agonistico.  Roger ha vinto Miami per la terza volta, ma l’ultima risaliva a 11 anni fa quando per l’appunto aveva battuto in finale con un triplice 7-6 proprio il suo attuale coach croato Ivan Ljubicic, quello che lo ha convinto a cambiare il rovescio, a non subire più i dritti della sua bestia nera Rafa Nadal. E quell’anno, il 2006, era stato anche l’ultimo nel quale gli era riuscita la stessa tripletta di quest’anno: Australian Open, Indian Wells, Miami. Uno Slam e i primi due Masters 1000. Ha perso, con il matchpoint, solo con il russo Donskoy a Dubai. Sembra davvero d’essere tornati indietro di 11 anni. Pazzesco.  Nadal conserva la leadership nei confronti diretti, 23 a 14 ora, ma in questo bilancio pesano naturalmente le sfide giocate sulla superficie prediletta da Rafa, la terra rossa. Quella che Rafa adesso si appresta ad attaccare, torneo dopo torneo, Montecarlo, Barcellona, Roma, Madrid, Parigi, mentre probabilmente Roger ne giocherà soltanto uno, massimo due prima di Parigi. Per Federer è il 91mo torneo vinto, il 26mo Masters 1000, il 64mo sul cemento. Ivan Lendl, 94 tornei vinti, è a un tiro di schioppo. Il primo set è stato caratterizzato da 6 pallebreak per Roger e 4 per Rafa, ma Roger è stato il solo a trasformarne una. Non è stato il miglior Nadal, ma Federer a 35 anni e 8 mesi è stato più forte delle 6 ore cui lo avevano costretto alle fatiche di Ercole prima Berdych (due matchpoint mancati) e Kyrgios, battuti soltanto al tiebreak del set decisivo. “Avevo giocato qui a Miami già nel ’99 grazie alla wild card avuta per aver vinto l’Orange Bowl. Con Rafa abbiamo ingaggiato grandi battaglie. Lo battei la prima volta proprio qui che era un ragazzino e pensai che prima o poi avrebbe vinto lui questo torneo. Sono ancora sicuro che prima o poi ci riuscirà” ha detto Federer rispondendo a Nadal che, alla quinta finale persa qui, non ha sconfitto il suo tabù: “”Arrivo in finale ogni 3 anni. Spero di non doverne aspettare altri tre e…di non riprendere sempre lo stesso trofeo del secondo”.

 

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