Azarenka, sorrisi amari e voglia di lottare. A Raonic serve... il servizio

Interviste

Azarenka, sorrisi amari e voglia di lottare. A Raonic serve… il servizio

Voci da Indian Wells. Vika si stupisce di non essere crollata, e prova a rialzarsi. Del Potro si veste da ‘consigliere’ per gli infortunati e aspetta Nole: “Gli voglio bene”

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Vika Azarenka e Sloane Stephens, direzioni opposte. L’incontro è finito piuttosto nettamente nelle mani di Stephens e gli stati d’animo hanno preso a viaggiare l’uno – quello della bielorussa – sulle strade cupe di un periodo già molto complicato dal punto di vista personale, e l’altro – quello della statunitense – verso lidi più rosei, bagnati dal mare salvifico che cancella le orme dei tanti risultati negativi dopo il trionfo di Flushing Meadows.

Oggi non è stato molto piacevole, ad essere onesti. Mi sembrava di aver iniziato bene ma poi tutto mi è sfuggito di mano. Non sapevo cosa stessi facendo, a un certo punto. Ho trovato un po’ più di ritmo nel secondo set ma il mio livello è rimasto basso ed è difficile vincere match del genere. Oggi sono molto dura con me stessa, ma se fossi arrivata pronta al 100% come avrei voluto sarei stata ancora più delusa. Sono comunque molto contrariata, pensavo di riuscire a giocare un po’ meglio“. A parlare è ovviamente Vika, sconfitta con il punteggio di 6-1 7-5. Non ci si poteva attendere atteggiamento differente da chi appena due anni fa conquistava in blocco i trofei di Indian Wells e Miami, e non potrebbe mai abituarsi all’accezione decoubertiana del semplice partecipare. Nonostante le ormai arcinote vicende familiari legate al piccolo Leo siano, ovviamente, al centro dei suoi pensieri.

Considerato tutto, mi stupisce di essere riuscita a rimanere in piedi“, confessa Vika sorridendo, quasi amaramente, appena dopo aver utilizzato l’eloquente espressione ‘still have my shit together’, che può essere realmente apprezzata solo in lingua madre. “Non mi aspettavo di riuscire a essere così positiva e ottimista, per un periodo di tempo così lungo. Ho bisogno di ritrovare fiducia: non c’è altro modo che andare lì fuori, fallire, rialzarmi, fallire e rialzarmi ancora, continuando a lavorare duro“. Aver giocato così poco nell’ultimo anno e mezzo è il problema principale – “Non puoi sostituire un match vero, per quanto tu possa giocare partite di allenamento” – ma come in ogni circostanza poteva andare peggio: “Non è la peggiore delle partenze. Avrei potuto perdere al primo turno!“. Sorride ancora, Vika, e noi con lei. La ritroveremo a Miami.

Sloane Stephens invece potrebbe aver ripreso a marciare, sebbene occorra cautela: è appena la terza vittoria nelle ultime dodici uscite. Il casus belli è ovviamente il titolo di New York, che verosimilmente le ha sconvolto ogni routine. “In realtà la mia vita non è cambiata troppo, è solo più impegnata. Quando non giochi per 11 mesi e poi vinci uno Slam, beh, immaginate quello che si accompagna alla vittoria dell’US Open, specie se sei americana. Ho voluto cogliere tutte le occasioni che ti fornisce una vittoria del genere”. C’è stato anche un problema al ginocchio, a cavallo tra 2017 e 2018, che Sloane reputa però superato. “Ora sto bene, mi sento bene. Mi sono presa un po’ di tempo dopo l’Australia per recuperare ma ora va tutto bene“. Merito di qualche buona azione che ha ‘raddrizzato’ il suo Karma, gli suggerisce un giornalista probabilmente presente anche a Melbourne dove Sloane si era già espressa a riguardo? “Non funziona così (sorride, ndr). Fai azioni positive, sii gentile con la gente e cose buone ti accadranno. Mantieni un’attitudine che influenza le persone accanto a te, è una serie di effetti“. In definitiva al Karma ci crede, un po’ scuola-Djokovic (che visti i risultati sul campo sembrerebbe a corto di buone azioni…); noi siamo più prosaici e crediamo che sia più una questione di giocare bene a tennis, e tenere il fisico in buone condizioni. Su questo Sloane concorda: “Ascolterò il mio corpo e farò di tutto per non infortunarmi ancora. Niente è scritto su pietra, magari ho intenzione di giocare un torneo ma non ho abbastanza partite nelle gambe e decido di giocarne un altro“.

Fronte uomini. Tenuti a margine il deluso Djokovic e il procrastinatore Federer, e il gruppo dei vari ‘caduti’ – in testa Zverev e Pouille – che non ha avuto l’obbligo di andare a banalizzare in conferenza stampa la propria sconfitta, hanno vinto e parlato Milos Raonic e Juan Martin del Potro.

Il canadese ha battuto col 6-4 periodico il giovane connazionale Felix Auger-Aliassime, promosso però a pieni voti da Milos. “Ha un futuro molto molto roseo davanti a sé. L’ho conosciuto tempo fa, al National Center. Io ero lì a 16 anni e lui ne ha 10 meno di me, quindi credo avesse 6 anni. Mi ricordo di lui, aveva già una grande disciplina e una grande etica del lavoro. È anni luce più avanti di me quando avevo la sua età, io non vincevo negli Slam a livello junior né tantomeno a questi livelli. Fisicamente è ben oltre la sua età, ha tanti fattori dalla sua parte, questo è certo“. Il fatto che alla vigilia non si considerasse scontatissima la vittoria di Raonic, però, indica chiaramente i dubbi che aleggiano attorno al 27enne dato a Podgorica che ha recuperato l’ultima testa di serie utile -a la 32esima – grazie ai numerosi forfait. “Arrivo a Indian Wells sempre il lunedì o il martedì, solo allora ho saputo che avrei avuto una testa di serie. Ero pronto a giocare già giovedì o venerdì. Comunque credo di aver giocato bene, a parte quei due game in cui ho perso un po’ il ritmo. Ho colpito bene la palla, anche in risposta. Ovviamente posso essere molto più aggressivo, ma questo arriverà col tempo, devo prima creare una buona base e iniziare a servire meglio“.

Inutile girarci attorno, il servizio è la chiave del gioco di Raonic, ed è lì che si gioca la partita del suo ritorno ad alti livelli. “Gli altri infortuni di cui ho sofferto non hanno mai influenzato il mio rendimento al servizio. Quando avevo dolore all’anca o all’adduttore potevo comunque scendere in campo e servire al meglio, poggiando sulla gamba sinistra. Con gli ultimi infortuni non ho avuto questa libertà, quindi ho perso ritmo al servizio. A Tokyo mi sono strappato il polpaccio e questo mi ha tenuto lontano dal servizio poiché non potevo saltare. Quindi ho avuto problemi al ginocchio, e non potevo ruotarlo. Stesso discorso del polpaccio. Quindi ho iniziato a pensarci troppo perché non mi era mai successo, in realtà dovevo solo tornare indietro, semplificare le cose e tornare a colpire tanti servizi”.

Se la differenza tra condizioni diurne e notturne non sembra influenzare troppo il rendimento del canadese, che conferma di poter trovare vantaggi in ambo le circostanze, lo stesso vale per del Potro, che in sessione serale ha macinato l’australiano De Minaur nonostante il teorico svantaggio di una palla che di sera ‘indugia’ un po’ di più e schizza di meno. “Sì, c’è un bel po’ di differenza. Mi sono allenato sempre di giorno e oggi le condizioni erano molto differenti, ma non mi sono dispiaciute, ho giocato bene“. Proprio come nel caso di Raonic, un rimbalzo più generoso toglie qualche ace all’argentino ma gli permette di essere più aggressivo in risposta. Scendendo nel tecnico, e tralasciando le ovvie lodi del suo dritto – “Non lo cambierei mai, questo è certo!” – è più interessante leggere quello che Juan Martin dice a proposito del rovescio. “Ci sto ancora lavorando, ma va sicuramente meglio rispetto a qualche mese fa. Ho bisogno di migliorare ancora se voglio colpire più forte, sia lungolinea che incrociato, ma sto facendo largo uso dello slice, delle palle corte e utilizzare tutte queste variazioni fa bene al mio gioco“.

Il riferimento è ovviamente al sempre dolente polso sinistro, che lo ha reso – suo malgrado – un punto di riferimento per tutti i tennisti alle prese con infortuni difficili come il suo. “Pablo Andujar è venuto da me in Australia, così gli ho dato qualche consiglio. Ma ovviamente non ho la bacchetta magica, bisogna ascoltare il corpo e non arrendersi“. Un pensiero anche per Djokovic, invischiato in una situazione che si complica ogni giorno di più: “Non è facile tornare e giocare come tutti si aspetterebbero da Novak. Mentalmente devi essere forte abbastanza da accettare le sconfitte, ma penso sia solo questione di tempo perché ritorni dove merita di essere. Gli voglio bene e voglio rivederlo presto nelle posizioni di vertice“.

A.S.

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