Dove (e se) può cadere Nadal? Tra l'en-plein su terra e il "problema" Roma

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Dove (e se) può cadere Nadal? Tra l’en-plein su terra e il “problema” Roma

Di questi tempi è imbattibile e si candida al dominio assoluto su terra. Come un anno fa, l’unico spiraglio per gli outsider sembra aprirsi al Foro Italico

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Dove può cadere, se può cadere? Di questi tempi  in questi termini parliamo di Rafa Nadal, chiaro. E dell’approccio cannibalesco che ha avuto alla stagione su clay, dove ha azzannato ogni genere di avversario.  Il numero uno del mondo ha sollevato senza patemi per l’undicesima volta i trofei di Montecarlo e Barcellona  fissando il nuovo record di set consecutivi vinti su terra. Siamo a 46, ben oltre il precedente primato di superficie (Coria si fermò a 35) e anche più avanti rispetto a Federer su erba (36, ma è in corso una striscia da 30). Il maiorchino non perde un set dal Roland Garros 2017, quando ha realizzato la sua personale Decima. Numeri che intimidiscono, al punto che uno dei possibili (?) avversari, Dominic Thiem, per bocca del suo allenatore ha fatto sapere di puntare al “numero due” su terra con la speranza di vincere un torneo solo nel momento in cui Nadal dovesse zoppicare.

Proprio a Madrid, il Masters 1000 in programma tra pochi giorni, l’austriaco riuscì un anno fa a giocarsi quasi alla pari la sua prima finale a quei livelli. Nel torneo della capitale spagnola, Nadal diede una dimostrazione di forza strepitosa considerando il tabellone tutt’altro che semplice: Fognini, Kyrgios, Goffin, Djokovic e appunto Thiem prima di mordere la coppa davanti al suo pubblico. In quei giorni di dominio si iniziò a comprendere quanto sarebbe potuto accadere a Parigi, ma allo stesso tempo la corda venne tirata all’estremo. A Roma, nella settimana successiva, a livello di quarti di finale fu il solito Thiem a interrompere quella straordinaria serie di successi. Di quella sconfitta – si commentò al Foro a microfoni più o meno spenti – Nadal non è mai sembrato preoccuparsi più di tanto. Ha lasciato brillare la stella di Zverev sul Centrale, salvo poi tornare a imporre la sua regola una settimana più tardi, all’apertura delle danze parigine.

Citiamo il fresco precedente di nemmeno dodici mesi fa, nel tentativo di aprire lo spiraglio che ravviverebbe una primavera monotematica. Sarebbe nelle corde di questo Nadal, se non dovessero subentrare acciacchi, centrare un inedito clamoroso en plein su terra: da Montecarlo a Parigi. Allo stesso modo però diventa ragionevole pensare che una vulnerabilità, se pure ci fosse, finirebbe per emergere proprio sotto il sole di Roma. Gli Internazionali si trovano in un cuscinetto schiacciato tra Madrid – giocando in casa, non si può scherzare – e Parigi, obiettivo prioritario della stagione. Se dovesse servire uno sforzo extra a livello fisico o mentale, al limite del logoramento, sarebbe il momento strategicamente più sbagliato. Anche riavvolgendo lo storico delle ultime edizioni emerge una tendenza: Nadal a Roma si ferma ai quarti dal 2015, ha perso la finale con Djokovic nel 2014 e non vince dal 2013 (contro Federer). Chi punta a dare un senso alla propria stagione, inizi a mettere nel mirino quella settimana.

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