New York-Tashkent: notizie dal rovescio a una mano

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New York-Tashkent: notizie dal rovescio a una mano

Da Francesca Schiavone a Margarita Gasparyan, passando per Carla Suarez Navarro, è stato un periodo ricco di spunti per il rovescio a una mano

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Forse è una mia fissazione, ma ho sempre pensato che ci sia un parallelismo quasi perfetto tra i concetti della evoluzione darwiniana e le logiche che governano le trasformazioni tecniche nel tennis.
Se si esclude la cesura dovuta al passaggio dalle racchette in legno ai nuovi materiali, negli altri periodi il tennis ha continuato a evolvere, ma lo ha fatto attraverso passi molto piccoli, alterazioni quasi infinitesimali. Mutazioni apparentemente non rilevabili ma che, ragionando su un arco di tempo più lungo, ci si accorge che hanno prodotto significativi cambiamenti nel gioco. E se per Darwin le specie sulla terra sviluppano i loro processi di adattamento per sopravvivere, nel tennis i cambiamenti che vengono adottati hanno come obiettivo la vittoria.

Forse questo modo di interpretare uno sport è anche il più crudo possibile, visto che sovrappone il concetto di vittoria a quello di sopravvivenza, però penso sia un punto di vista che semplicemente prende atto della realtà: in uno sport professionistico è quasi inevitabile che i gesti considerati più utili allo scopo (cioè vincere) finiscano per essere privilegiati rispetto a quelli ritenuti meno efficaci e produttivi. Una analisi più dettagliata di tutto ciò la trovate in due articoli scritti insieme a Luca Baldissera quattro anni fa (prima parte QUI, seconda parte QUI).

Insieme al concetto di evoluzione, anche quello di estinzione fa parte dello stesso quadro interpretativo: per Darwin come per il tennis. Per esempio nel tennis femminile un colpo al limite della sopravvivenza, che rischia seriamente l’estinzione, è il rovescio a una mano. Cosa spinge sempre di più verso il colpo bimane? Direi innanzitutto le difficoltà ad adottarlo con successo negli anni della formazione, specie tra le ragazzine. Soprattutto per questo le monomani sono diventate una eccezione.

Di questa eccezione se ne è parlato di nuovo dopo il fresco successo di Margarita Gasparyan nel torneo International di Tashkent; ma un passaggio forse ancora più significativo per le vicende del rovescio a una mano lo abbiamo vissuto durante i primi giorni degli ultimi US Open. Poi, come sempre, la fase finale dello Slam ha finito per mettere tutto in secondo piano, anche se nel giro di una settimana a New York sono accaduti tre avvenimenti importanti, che meritano di essere ricordati.

1. Il ritiro di Francesca Schiavone
Se valutiamo la figura di Francesca Schiavone partendo dal tema del rovescio a una mano, va sottolineato che Schiavone rischia di passare alla storia per un dato che potrebbe diventare epocale: sino a oggi Francesca è l’ultima tennista monomane ad avere vinto uno Slam. Sono passati più di otto anni dal suo successo a Parigi 2010, e per il momento non c’è all’orizzonte una possibilità molto concreta che questo possa ripetersi.

Da allora chi è andata più vicina all’impresa è stata Roberta Vinci, finalista agli US Open 2015, il torneo da tutti ricordato per il successo su Serena Williams, quando sembrava ormai lanciata alla conquista del Grande Slam. Roberta in semifinale riuscì a sovvertire ogni pronostico, poi però a conquistare la finale tutta italiana fu la bimane Flavia Pennetta. Uno dei temi tecnici più importanti di quella partita fu la capacità di Flavia di scendere bassissima di gambe su ogni rovescio slice eseguito da Roberta; e forse proprio nel confronto sulla diagonale destra “rovescio contro rovescio” si decise molto di quel match:

Otto anni dal Roland Garros 2010, e tre da Flushing Meadows 2015: non sono pochi, ma il dato più preoccupante è che le protagoniste hanno ormai appeso la racchetta al chiodo, visto che pochi mesi fa si è ritirata anche Vinci. Per questo sul piano della varietà di gioco dobbiamo concludere che in questa stagione abbiamo vissuto un piccolo impoverimento tecnico del circuito.

Per quanto riguarda il rovescio a una mano, considero il ritiro di Schiavone anche più grave, visto che Vinci proponeva quasi solo il rovescio slice, mentre Francesca utilizzava sia il back che il top, alternando le soluzioni in funzione delle diverse caratteristiche di chi doveva fronteggiare, ma anche delle esigenze dello scambio. Poteva decidere di puntare sul topspin per “spingere” indietro le avversarie, lontane dalla linea di fondo grazie al rimbalzo alto, o al contrario utilizzare il back per obbligare le più potenti ad affrontare con circospezione le palle basse e sfuggenti dello slice.
Per esempio ricordo che al Roland Garros 2011 (quando Francesca fu quasi capace di bissare il suo successo in Francia fermata solo in finale da Li Na) una delle avversarie più complicate da affrontare fu Jelena Jankovic, e decisivo per tenere a bada il miglior colpo di Jelena fu proprio il ricorso al back. Un grande rovescio bimane, come quello di Jankovic, contro uno monomane; oggi partite di questo genere sono destinate a diventare sempre più rare:

a pagina 2: I trent’anni di Carla Suarez Navarro

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