Camila alla fine ride: è il suo anno migliore (Semeraro). I migliori 20 made in Italy: Fognini e Cecchinato ma dietro la Giorgi il vuoto (Piccardi). La svolta di Camila (Azzolini). Rivoluzione fondi: la Davis è diventata il nuovo business (Semeraro)

Rassegna stampa

Camila alla fine ride: è il suo anno migliore (Semeraro). I migliori 20 made in Italy: Fognini e Cecchinato ma dietro la Giorgi il vuoto (Piccardi). La svolta di Camila (Azzolini). Rivoluzione fondi: la Davis è diventata il nuovo business (Semeraro)

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Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi

 

 

Camila alla fine ride è il suo anno migliore

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 15.10.2018

 

Camila Giorgi ha tanti lati, non sempre facili da scoprire, anche se lei preferisce il sinistra. E non si parla qui solo del rovescio, che questa settimana l’ha aiutata a vincere il suo secondo torneo della carriera, il Wta International da 250.000 dollari giocato sul veloce di Linz, dove ieri ha superato in finale per 6-3 6-1 la qualificata russa Ekaterina Alexandrova (n. 119 del mondo), contribuendo ad estendere un record made in Italy: sono 19 anni che una tennista italiana vince almeno un torneo Wta. I più attenti ai social hanno infatti notato che all’inizio di ogni torneo Camila posta una sua foto in versione vamp, senza alcun rapporto con il tennis: dove guarda sempre a sinistra. Occhio seducente, abbigliamento sexy; del resto la moda è da sempre uno dei suoi interessi. »Mi piace molto, mi diverto ad abbinare colori e vestiti – ha spiegato in una conferenza stampa in cui finalmente l’abbiamo vista ridere a crepapelle – È un lato che ho ereditato da mia madre». Che infatti le cuce addosso abitini sempre elegantissimi. Da papà Sergio, che ieri dopo il match-point, mentre Camila faticava a trattenere le lacrime, saltellava di gioia a bordocampo, ha preso invece la grinta, e l’abitudine a tirare diritto (ops!): nel senso di giocare il proprio tennis infischiandone delle critiche, anche quelle più costruttive. La vittoria a Linz, che fa coppia con la prima ottenuta a ‘s-Hertogenbosch nel 2015 e le vale il best ranking in carriera – da oggi sarà numero 28 – è comunque figlia di un atto di volontà. «Ho avuto fastidio al piede destro tutta la settimana — ha spiegato la 26enne di Macerata – ma ho insistito io con mio padre per non rinunciare al torneo, perché a me piace giocare a tennis. Alla fine è stata una bellissima settimana, sono contenta per come ho giocato questa finale, la dedico a mio padre, a mia madre e a mio fratello Amadeus». Uno dei pochi che compare con lei negli scatti social. In semifinale Camila aveva superato la campionessa uscnete, la belga Alison Van Uytvanck, contro la 23enne Alexandrova c’è stata partita fino all’ottavo game del primo set, quando la Giorgi ha sfruttato la prima palla break del match. Il resto lo ha fatto una grande prestazione al servizio, un colpo che spesso le costa troppi paesaggi a vuoto: 88 per cento di punti vinti con la prima palla e 63 con la seconda Una vittoria che sa di vendetta, visto che a Linz era già stata finalista nel 2014, sconfitta da Kamlina Pliskova, e che si inserisce in un 2018 niente male: primi quarti in uno Slam a Wimbledon, semifinali nei Premier di Sydney e Tokyo e nell’nternational di Praga. Per celebrare il trionfo davanti ai fotografi con tanto di trofeo e vista panoramica su Linz si è smagliata le cale sotto la minigonna, il tennis messo in mostra in Austria non ha mostrato invece smagliature, attirandosi anche l’ammirazione di Judy Murray, la mamma di Andy impegnata nella promozione del suo libro: «Guardo sempre i match di Camila – ha dichiarato a Sportface – mi piacciono il suo impegno continuo, la sua ostinazione nel seguire un piano di gioco di cui si fida pienamente. È una grande lottatrice. Si mostra sempre calma, anche quando non lo è per nulla, così l’avversaria non può decifrarla, ed è una cosa interessante visto che è il contrario di suo padre: come ho potuto notare visto che ero seduta accanto a lui…». E ora nel Giorgi Tour cancellato il Lussemburgo di questa settimana: «Non è il caso di rischiare, con quella gamba», dice papà Sergio.

 

I migliori 20 made in Italy Fognini e Cecchinato ma dietro la Giorgi il vuoto

 

Gaia Plccardi, il corriere della sera del 15.10.2018

 

 

Era il giugno 1979 Fabio (14) e Marco (19) come Barazzutti e Panatta. L’azzurra vince a Linz e sale al n. 28 Tennis In Italia decolla il governo Cossiga. In Cambogia viene deposto Pol Pot. In Iran assume il potere l’ayatollah Khomeini. Nel Regno Unito Margareth Thatcher è la prima donna primo ministro. In Giappone nasce il walkman. In Iraq Saddam Hussein diventa presidente della Repubblica. In Messico Pietro Mennea stabilisce il record del mondo nei 200 metri piani (19″72). E due tennisti italiani, per due settimane (28 maggio-11 giugno), entrano nei top 20 del ranking: Corrado Barazzutti numero 16 e Adriano Panatta numero 19. Correva il 1979. Trentanove anni e quattro mesi abbondanti più tardi, oggi, rieccoci. Fabio Fognini 14° nella miglior stagione in carriera (tre titoli — San Paolo, Bastad, Los Cabos — e una finale perduta a Chengdu però il miglior ranking resta il 13° posto del marzo 2014) e Marco Cecchinato 19° grazie a Bertolucci Reggi Impresa Camila ha notevole, potenziale dai nostri da top 15 anni è però è sola: cambiato grave tutto: errore non giocavano costruire 30 nazioni, dopo le oggi 250 fenomene Parigi, Umago e agli ottavi nel Master l000 di Shanghai, nono azzurro nell’era Open a sfondare il muro dei venti. Dal 1979 al 2018 e stato un lungo viaggio che l’antenato Paolo Bertolucci (n. 12 nell’agosto del `73) riassume così: «II momento infelice del tennis italiano maschile è alle spalle e il doppio traguardo di Fabio e Marco non va sottovalutato. Nel tennis, dai miei tempi, è cambiato tutto. Adesso è molto più difficile: il gioco è più atletico, i confini si sono allargati. Giocavano 3o nazioni, oggi sono 25o». Finisce qui Paolo? «Ma no! Nadal è fermo. Murray non sta bene. Wawrinka arranca. Ferrer è arrivato. Federer non è più lui. Si aprono spazi interessanti per tutti. Di Fognini, nel bene e nel male, sappiamo ogni cosa: talento che avrebbe potuto fare di più ma diventato solido, ha esperienza e soprattutto ha capito, erba a parte, di poter giocare bene ovunque. Cecchinato è stato una strenna natalizia in anticipo: è arrivato all’improvviso con la semifinale meravigliosa al Roland Garros, poi ha scoperto il cemento, di cui sapeva nulla. Che sia entrato nei top 20 significa che è un tennista vero, non una meteora». E il momento magico delle racchette azzurre non si ferma ai maschi: aggiudicandosi il torneo di Linz (6-3, 6-1 alla russa Alexandrova), Camila Giorgi rompe un tabù e si annette il secondo titolo della carriera a tre anni di distanza da s’Hertogenbosh 2015. Oggi centra il best ranking nella stagione in cui ha raggiunto i quarti di finale a Wimbledon: n. 28 scavalcando Sua Divinità Maria Sharapova. Un trionfo su tutti i fronti, uomini e donne, nel giorno in cui Novak Djokovic re di Shanghai (18′ vittoria consecutiva, 72° titolo in carriera, 32° Master l000 a una sola lunghezza dal record assoluto di Rafa Nadal) torna numero 2 della classifica mondiale. «II vero miracolo di Cecchinato è stato risvegliare Djokovic — scherza ma non troppo Bertolucci —, un peccato che gli altri top player non gli perdoneranno». Non è tutto oro quello che luccica, però. Dietro Fognini e Cecchinato c’è un movimento: Berrettini n. 54 ma non solo. Dietro la Giorgi il vuoto. «Peccato non aver sfruttato la generazione delle fenomene (Schiavone, Pennetta, Vinci, Errani) — dice la pioniera Raffaella Reggi —. E mancata la costruzione del futuro. Non vedo miglioramenti nella tattica però Camila ha sempre avuto gran potenziale: per me è da top 15, e Fognini da primi dieci». Auguri.

 

La svolta di Camila

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 15.10.2018

 

Eccola qui, la Camila, di nuovo incantatrice. Torna a vincere. E stavolta piange, cosa che non le avevamo mai visto fare. Ne sentiva il bisogno, si vede. Forse perché l’immagine di sé, cosi arrembante e avventata, cosi coraggiosa e pericolosa per le colleghe cui sia già capitato di finire nel tritatutto del suo tennis in percussione, e al dunque cosi poco comprensibile per le concorrenti dei piani alti che da tempo l’hanno collocata nel club delle avversarie da evitare a tutti i costi, si stava ormai allontanando da quella della tennista che sa anche conquistare i trofei, e arrivare in fondo alle cose che fa. Il primo e unico titolo, fino a ieri, lo aveva guadagnato in Olanda, sull’erba (a s’Hertogenbosch), e portava la data di fine giugno 2015. Ora, questo trofeo sollevato a Linz, sul tappeto veloce indoor che l’aveva vista finalista già nel 2014, rimette le cose a posto, magari solo un po’, ma è la risposta che serviva alla Giorgi in cerca di se stessa, che in Austria trova la seconda vittoria di una carriera sin qui assai poco generosa e una bella spinta verso quota 28, best ranking tre anni e tre mesi dopo il numero 30 ottenuto i127luglio 2015. LACRIME SALUTARI Le lacrime ci stanno, sono salutari, umane si dice in questi casi. E che lei lo sia davvero, umana, non ne abbiamo mai dubitato. Solo che la dipingono in altro modo, ma pazienza. Camila Giorgi è – allo stato delle cose – una tennista che non vuole rinunciare alle sue prerogative. Fa cose che altre non sanno fare, prova colpi che pochissime hanno nel proprio arsenale, e se trova una settimana in cui tutto si dispone nel giusto ordine (nella sua testa e sul campo) diventa un problema anche per le più ford. Spesso le hanno detto di approntare un «piano B,’ ma lei non sa immaginare quale possa essere, e quelli che le vengono presentati non le piacciono perché configurano una rinuncia a se stessa. Tirare più piano? Orrore! E se avesse ragione lei? Ha battuto la russa Ekaterina Alexandrova in finale, e dunque non c’è da esultare per l’importanza del risultato, ampiamente alla portata della nostra Vendtre anni, la russa era alla prima finale, peraltro ottenuta da numero 119 del ranking. IMMAGINE RINNOVATA Piuttosto, è l’essere giunta fino in fondo che offre della Giorgi un’immagine rinnovata. Una settimana senza intoppi, fra vittorie logiche e scontate finché vi pare, ma ottenute senza mai trovarsi in difficoltà: prima la Parmentier, poi la svizzera Teichmann, quindi la russa Gasparyan una che gli sgambetti li sa fare, poi la belga Van Uytvanck, infine la Alexandrova, protagonista di un torneo zeppo di sorprese e di vittorie inaspettate. Contro la Larson, la Pavlyuchenkova, la Petkovic… In finale, Camila ha portato a casa 1’88 per cento dei punira ti con la prima di servizio, i163% con la seconda, e non ha mai offerto una palla break. Una vittoria facile, com’è giusto che sia per una che ha i suoi colpi, le sue doti balistiche. Cosi, Camila si pone nella posizione migliore per il passaggio più significativo della sua carriera, quello che la porterà dal prossimo gennaio a essere Camila. Dal torneo di Sydney 2019, la Giorgi sarà proprietaria e testimonial del brand di abbigliamento cui ha dato vita assieme alla madre, sarta e stilista. Camila, appunto. Il best ranking le varrà una testa di serie agli Open d’Australia, forse riuscirà anche a responsabili77arla maggiormente. Potrebbe essere la svolta. Le operazioni di preparazione per il lancio della nuova Giorgi sembrano quelle giuste. Vedremo…

 

Rivoluzione fondi: la Davis è diventata il nuovo business

 

Stefano Semeraro, la Stampa del 15.10.2018

 

Lo sport sta toccando il fondo, nel senso che a pompare denaro in un po’ tutte le discipline sono rimasti ormai quasi solo i fondi di investimento, entità che restano ancora misteriose (e vagamente minacciose) per l’appassionato che di economia mastica lo stretto necessario. Il tennis non fa eccezione e a farne le spese (o a goderne i frutti) dal 2019 sarà la Coppa Davis, stravolta nello spirito e nel formato dalla Federazione Internazionale sotto suggerimento di Kosmos Investment, un gruppo capeggiato dalla star del calcio spagnolo Gerard Piqué e da Hiroshi Mikitami, il creatore di Rakuten, colosso dell’e-commerce giapponese. Al posto dei vecchi incontri ci sarà un evento di fine anno a 18 squadre, la promessa di Piqué e Co è di investirci 2,5 miliardi di dollari in 25 anni. L’Itf incasserà ogni anno un canone di 34 milioni, più 20 di montepremi, Kosmos spera di aver scoperto im Eldorado di diritti televisivi e sponsorizzazioni grazie ad ima gara svecchiata e più facilmente vendibile della vecchia, nobile argenteria fusa a Boston nel 1900. Lo stesso ragionamento che sta facendo Liberty Media, il gruppo che ha sborsato 8 miliardi per acquistare la F1 da im altro fondo, il CVC, e ora vuole im Circus tutto show da offrire ad un pubblico giovane, fast and furious. «Lo sport è in un periodo di cambiamento che crea grandi occasioni», ha spiegato a Le Monde l’esperto di marketing sportivo David Dellea. «Il pubblico sta cambiando, le regole sono più flessibili, si inizia a capire che è importante rendere il formato delle gare più adatto alle necessità di oggi. Questo si traduce in una opportunità per i fondi di acquistare potere, rinnovare e rendere lo sport più interessante per il pubblico». Le gare diventano eventi Oltre al calcio — con la Nations League — la tendenza sta contagiando il rugby, pronto a trasformare i tradizionali test match in una gara unica in estate più appetibile per gli investitori. Certo, c’è chi continua ad opporre le ragioni dello sport a quelle del marketing. Sempre CVC a settembre si è visto rifiutare un’offerta di 312 milioni di euro dalla premiership ovale inglese (e si sta buttando sulla MotoGP per riacquistare quote cedute ad un altro fondo, il Bridgepoint) mentre Peak6, nel calcio azionista sia della Roma sia del Bournemouth, ha trovato porte chiuse al Saint-Etienne: la proprietà ha infatti ritenuto che gli investimenti di Peak6 «non corrispondessero alle ambizioni del club». I fondi, stadio avanzato del capitalismo, del resto puntano al grano. Ad acquistare dub in crisi, rilanciarli e fare cassa (come l’americano Elliott con il Milan), o a trasformare manifestazioni gloriose ma impolverate in luna park per le nuove generazioni di consumatori. Rimane il rischio del flop. Piqué oltre che un campione in campo è ormai un manager scafatissimo fuori. Nel 2012 ha fondato una ditta di videogiochi, Kerad Games, si occupa anche di occhiali e di cibo biologico. Nel 2015 a San Francisco (con l’aiuto della sua compagna Shakira) ha combinato l’affare fra il Barça e Mikitani per fare diventare Rakuten sponsor dei blaugrana, ma nel tennis è arrivato come una meteorite dallo spazio esterno e per ora ha raccolto un due — anzi, un tre — di picche proprio dai tennisti: Federer, Djokovic e Zverev hanno subito storto il naso davanti alla Coppa Davis trasformata in «Coppa Piqué». In fondo, non hanno tutti i torti.

 

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