Roger e il titolo 99 contro un rivale nato senza diritto (Clerici). Federer, il centenario è a un passo (Crivelli). Federer, casa dolce casa (Mancuso)

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Roger e il titolo 99 contro un rivale nato senza diritto (Clerici). Federer, il centenario è a un passo (Crivelli). Federer, casa dolce casa (Mancuso)

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Rassegna cura di Daniele Flavi

 

 

Roger e il titolo 99 contro un rivale nato senza diritto

 

Gianni Clerici, la repubblica del 29.10.2018

 

Federer me l’aspettavo, al torneo dove era stato, da bambino, raccattapalle, Basilea. Non invece la Svitolina, che avevo incontrato lo scorso anno, a Roma, dopo che aveva vinto” ho osservato, e uno dei miei amici di Club, che agli Internazionali era spettatore, ha osservato: “Avevi già fatto una figura dubbia, a chiedere alla Svitolina cosa significasse in ucraino il suo nome. Dimenticandoti poi che in inglese si dice screw off, perla totale confusione della tennista”. “Quest’anno non pensavo proprio che battesse la nuova Williams, la Sloan Stephens, erede simbolica di Serena” ho ammesso. “Forse perché non sapevi nemmeno che Svitolina era nata per diventare campionessa, come ormai succede troppo spesso all’Est”. Ammettevo anche questo, ritrovavo un minimo di credibilità osservando che dai tempi della Henin non è più nata una vera campionessa, con un colpo inventato, tutto suo. Tutte a grantolare, a colpire a due mani, tutte eguali, o quasi. “Non nasce tutti gli anni nemmeno Federer” ha detto un consocio. “Fossi stato a Basilea, cosa gli avresti chiesto?”. “Prima di tutto se conosceva il suo avversario, il rumeno Marcus Copil, anche lui fatto in casa, da un padre rugbista e una mamma pallavolista”. Questo Copil, che vedevo perla prima volta, è stranamente privo di diritto, come se il rugbista, o la pallavolista, non avessero saputo che esisteva quel colpo, che un bambino dovrebbe giocare prima degli altri. A incredibili botte di servizio, seguite da un rovescio spesso piatto, ha messo in difficoltà il Grande, finché nel dodicesimo punto del tie-break gli ha regalato un diritto. Stessa scena nel secondo set, finché, sul 4-5 si è assistito a una vicenda più che insolita. Dopo un 5-4 per Federer, tre “falchi” sono finiti tutti a Roger per non più di un centimetro l’uno. È quantomeno insolito. E così Federer è arrivato al suo torneo n° 99

 

Federer, il centenario é a un passo

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 29.10.2018

 

La canzone dei Toto parlava di una storia d’amore finita, la sinfonia di Roger è un inno alla passione infinita. Stesso numero, 99, ma Federer lo scolpisce a caratteri d’oro in un’altra pagina del romanzo della sua immortalità. Ora è a un passo dai cento trionfi sul circuito, al culmine di una settimana complicata dove l’abbraccio di Basilea, la città dell’infanzia, il torneo che da bambino guardava con gli occhi ingenui e trasognati del raccattapalle pronto a carpire l’ispirazione ai campioni, gli ha senza dubbio fornito la spinta e l’affetto per venire a capo di una nuova medaglia da appuntarsi a quel petto già carico di gloria. CHE NUMERI Ci voleva l’aria di casa per sorvolare tre mesi di tormenti, tenuti nascosti, per una mano dolorante e tornare a sorridere, riportando la luce del sole su una seconda metà di stagione fino a qui non proprio scintillante, cambiando decisamente le prospettive non tanto per Bercy (da oggi), quanto per il Masters di Londra fra due settimane, un altro degli appuntamenti che il Divino ha sempre affrontato con un tocco di magia speciale (sei vittorie). A Basilea hanno allargato il palazzetto fino a 12.000 posti per consegnargli una magione confortevole e gonfia di amore e di orgoglio, e lui ha risposto con il piglio del padrone: con quello di ieri sono nove successi (come a Halle), 14 finali (12 consecutive) e 20 partite vinte di fila (non ci perde dalla sconfitta con Del Potro del 2013). E’ vero, le statistiche recitavano anche che Fed non aveva mai perso una finale con un avversario piazzato peggio di numero 87, e la sorpresa Copil ha affrontato il match da 93 del mondo. Però il servizio del Divino ha funzionato maluccio nelle quattro partite precedenti e il romeno si presentava con 48 game di battuta vinti su 50 e 19 palle break su 21 salvate. Non solo: il buon Marius, nel primo game di servizio, ha sparato una prima a 243 km/h. Ancora una volta, perciò, lo svizzero si ritrova a inseguire (sotto 3-1), mette poche prime (52%), ma almeno quando lo fa è implacabile (100% di punti nel primo parziale). Vinto il set d’acchito al tie break, rimonta ancora da 4-1 sotto nel secondo e nel momento decisivo riceve il bacio di Occhio di Falco, che per tre volte nel nono game gli assegna il punto, regalandogli il break decisivo. L’apoteosi: «All’inizio ero teso, nervoso, poi mi sono sciolto durante il match. Come mi è successo nelle partite precedenti, sono stato bravo a cogliere le opportunità che mi si sono presentate alla risposta. Vincere qui, a casa mia, pensando che potrebbe essere stata l’ultima occasione per riuscirci, per giocare una finale, è davvero molto emozionante». IL RECORD Sono le parole di chi, a 37 anni suonati, è consapevole che il tempo purtroppo scorre impietoso anche per i miti, e dunque che i dieci titoli in più di Connors, una meta fino a marzo mica così improbabile, rappresentano ora un obiettivo fuori portata e sostanzialmente miracoloso. Va detto, a onor del vero, che almeno una ventina dei 109 successi di Jimbo sono stati inglobati dall’Atp con troppo lassismo, perché è difficile considerare più di esibizioni di lusso le vittorie ottenute nel Riordan Circuit (dove praticamente affrontava solo Nastase tra i big, e il signor Riordan guarda un po’ poi è diventato manager dell’americano) oppure in quello indipendente dell’Ipa. Insomma, già scollinare la meta dei 100 tornei in carriera avrebbe per Roger, una volta di più, il sapore dolce dell’impresa storica. Non a caso, le prossime tappe sono Parigi e Londra, capitali imperiali. Al Masters troverà, tra gli eletti, pure il sudafricano Anderson, cui la vittoria di Vienna (a proposito di sedi regali…) schiude per la prima volta le porte delle Finals, 23 anni dopo il connazionale Ferreira.

 

Federer, casa dolce casa

 

Angelo Mancuso, il messaggero del 29.10.2018

 

Nel segno del nove: nella numerologia orientale indica la morte e la rinascita, che hanno spesso accompagnato la carriera di Federer. Dopo 20 anni nel circuito, il fuoriclasse svizzero continua a stupire. Battendo per 7-6 (5) 6-4 in finale nella sua Basilea il sorprendente rumeno Marius Copil, n.93 del ranking che nel turno precedente aveva elim inato Zverev, King Roger ha centrato il nono titolo nella sua città natale (20 i match vinti di fila), il 99esimo in carriera: meglio di lui solo Connors, che si è fermato a quota 109. Numeri a parte, quel che colpisce è la voglia di divertirsi di King Roger, un campione che a 37 anni ha ancora la capacità di mettersi in gioco a dispetto degli avversari e dell’età. Lo abbiamo di certo visto giocare meglio: durante tutto il torneo ha sofferto e parecchio, ma il risultato è arrivato comunque. FUORI SERVIZIO Eccettuata la semifinale contro il Next Gen Medvedev, il suo cammino è stato piuttosto travagliato a causa di un servizio che ha funzionato a intermittenza. Non era mai accaduto che Federer incassasse così tanti break a Basilea: ben 11 prima della finale. E anche ieri contro Copil si è ritrovato sotto di un break sia nel primo che nel secondo set. Seppur in difficoltà, lo svizzero ha deciso di impattare la pallina d’anticipo in controbalzo per non perdere terreno: la tattica ha pagato e gli ha permesso di rimontare lo svantaggio in entrambi i parziali con colpi d’alta classe. Questa settimana il circuito maschile fa tappa sul veloce indoor del Palais Omnisports di Parigi-Bercy con il nono e ultimo Masters 1000 della stagione. Rientra Nadal, che si gioca con Djokovic il n.1 di fine anno, mentre impazza la lotta per gli ultimi posti per la Atp Finals di Londra. Per l’Italia ci sono Fognini, con l’incognita dei problemi alla caviglia che lo tormentano da settimane, e Cecchinato. LA

MAESTRA ELINA Era tra le meno accreditate, ha finito col vincere le Wta Finals di Singapore da imbattuta alla sua seconda partecipazione al masters femminile. Elina SvitoLina, da due anni regina di Roma, ha chiuso in bellezza una stagione che l’ha vista protagonista nella prima metà (3 titoli all’attivo), ma deludente dopo il trionfo al Foro Italico. Lo ha fatto schiantando in rimonta la statunitense Sloane Stephens, travolta sul suo territorio preferito, quello dello scambio duro, del braccio di ferro a suon di bordate. E finita 3-6 6-2 6-2 per la 24enne ucraina, che non ha avuto paura di prendersi punti, anche pesanti, a rete. La Svitolina ha mostrato per tutta la settimana un linguaggio del corpo positivo, simbolo di una rinascita che soltanto poche settimane fa sembrava lontanissima. Negli ultimi tre mesi aveva vinto poche partite ed era dimagrita moltissimo, tanto da alimentare illazioni sulla sua salute. Ha anche confermato di aver un gran feeling con le finali: ne ha vinte 13 su 15 e non perde una sfida per il titolo da due anni (Zhuhai 2016) essendosi aggiudicata tutte le ultime 9 disputate. Ora sogna di imitare la Wozniacki, che lo scorso anno trionfò a Singapore per poi conquistare il suo primo Slam a Melbourne.

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