Il tennis classico del greco Tsitsipas «Con Sampras guru diventerei perfetto» (Piccardi), Khachanov quasi Top Ten (Semeraro), Khachanov, il nuovo zar Scacco al re Djokovic (Cocchi)

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Il tennis classico del greco Tsitsipas «Con Sampras guru diventerei perfetto» (Piccardi), Khachanov quasi Top Ten (Semeraro), Khachanov, il nuovo zar Scacco al re Djokovic (Cocchi)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

 

Il tennis classico del greco Tsitsipas «Con Sampras guru diventerei perfetto»

 

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 5.11.2018

 

Sulle orme di Khachanov sarà la star di Next Gen La linea telefonica è disturbata ma le idee sono chiarissime: «Next Gen è l’ultimo torneo della stagione. Né turismo né calcio a San Siro, di cui sono appassionato: sto venendo a Milano per vincere». Stefanos Tsitsipas, 20 anni, greco di Atene con il pizzetto da moschettiere, sarebbe piaciuto al commissario di Petros Markaris. Tre indizi (rovescio a una mano forgiato sul modello dell’arma impropria dell’idolo Pete Sampras, primo torneo Atp conquistato a fine ottobre a Stoccolma, ambizioni altissime sostenute da conclamato talento) fanno una prova: il figlio di Apostolos, che lo allena, e di Julia Salnikova, russa ex n. 194 del ranking («Mamma e papà si sono conosciuti ad Atene: lui era spettatore del match di lei»), il più giovane dei top-25 dell’Atp (oggi è numero 15), è destinato a grandi cose. L’esempio di Karen Khachanov è illuminante: un anno fa giocava Next Gen, ieri ha battuto il redivivo re del tennis Novak Djokovic nella finale di Parigi indoor. Quella che si definisce una curva di crescita, fin qui, ben riuscita. «Lo stesso vorrei fare io…». Al calduccio del clan famigliare che lo accompagna in giro per i courts, Stefanos sta irrobustendo fisico e colpi. «È stata una grande stagione — racconta —, da dieci e lode: ho scoperto di poter battere i grandi e ho trovato la continuità che mi mancava». Ha perso due finali da Rafa Nadal (Barcellona e Toronto) appendendo scalpi importanti alla cintura (Thiem, Djokovic, Zverev), è il primo greco ad annettersi un titolo Atp, ha raggiunto gli ottavi a Wimbledon, il torneo preferito: «Il primo Slam che vorrei vincere in carriera». Perché? «Per l’importanza, la copertura mediatica, la popolarità interplanetaria: vincere Wimbledon ti cambia la vita». Aspettando di ricevere il piatto d’argento dal duca di Kent, Tsitsipas ha l’Italia scritta nel destino. A 15 anni ha giocato per il Tc Galatina, a 17 ha conquistato l’Under i8 del Bonfiglio e poi, a ruota, il primo challenger a Genova. «Infatti, oltre che perla Grecia, tifo per la Nazionale italiana di calcio e il Genoa, insieme a Aek e Olympiacos, è la mia squadra del cuore: non so perché, forse per i colori della maglia che amo da quando ero bambino. Il calciatore? Ieri Ronaldinho, oggi Leo Messi». Il mix di culture, greca più russa, insieme a un tennis classicamente moderno (e non sguaiato come il gioco muscolare e monotono dei più), assai bello da vedere, sono il valore aggiunto di un Next Gen non banale che chiede alla gavetta innovativa del torneo di Milano (cinque set ai 4 game con tie-break sul 3-3, punto secco sul 4o-4o, lo shot clock a dettare i tempi), sulla scia di Chung l’anno scorso, l’autorina7ione al salto di qualità: «Devo imparare ad essere più aggressivo e meno prevedibile. Nel 2019 dovrò crescere almeno del 30%». A costo di pensare di affiancare a papà Apostolos un mentore con il pedigree: «Perché no, se servisse a migliorare? Sampras sarebbe perfetto ma dubito abbia voglia di viaggiare». Non è fidanzato («Purtroppo…»), per le vacanze vo- ta Corfù, è molto social («You Tube su tutti»), adora Federer e sogna di conoscere il Dalai Lama. Indiziato di sicuro successo, scriverebbe Markaris.

 

Khachanov quasi Top Ten

 

Stefano Semeraro, il corriere dello sport del 5.11.2018

 

La kiyptonite di Superman Djokovic si chiama Karen Khachanov. A Parigi-Bercy fi 22enne gigante russo (198 centimetri) dopo aver spazzato via nei turni precedenti prima Sascha Zverev (n. 5 Atp), poi Thiem (8), lasciando per strada in totale 8 game, in finale ha applicato la sua tariffa anche al terzo Top Ten consecutivo, il Number One, battuto 7-5 6-4. Botte di diritto “full-western”, ma anche qualche ricamo, e un’ottima difesa anche in allungo, specie considerate le sue dimensioni. Djokovic è apparso un po’ sfibrato dalla semifinale monstre di sabato contro Federei; e si è fermato così a 22 partite vinte di fila. Da oggi scavalcando Nadal ritorna ufficialmente n. 1, per la 224a settimana (non consecutiva), ma ha mancato l’aggancio allo spagnolo per vittorie nei Masters 1000 (33 contro 32). «’Oglio sottolineare quanto ha giocato bene Karen questa settimana – ha ammesso con classe il Djoker – Sono sicuro che vincerà presto altri grandi tornei. Io sono soddisfatto: torno n. 1 dopo cinque mesi fantastici: cosa posso volere di più?». Khachanov, al terzo titolo quest’anno dopo Marsiglia e Mosca e al quarto in carriera, ri Primo Masters 1000 per il 22enne russo, che dopo Zverev e Thiem supera in due set pure il nuovo n.1 porta così in alto la Russia dopo qualche anno in penombra (Davydenko era stato l’ultimo a vincere un Masters 1000, Shanghai 2009). Da oggi è n. 11 del mondo, il suo best ranking ottenuto, ahinoi, scavalcando Borna Coric e Fabio Fognini, condannato dalla maledizione del n.13. Già sposato da un anno con Wanika Shkliaeva, “Djan” è cresciuto nel mito di Safin e si allena in Spagna. Un anno fa giocava le finali Next Gen, il Masters dei piccoli, ora è decisamente cresciuto. E non parliamo di altezza.

 

Khachanov, il nuovo zar Scacco al re Djokovic

 

Federica Cocchi, la gazzetta dello sport del 5.11.2018

 

L’ energia, la rabbia, la volontà, la cattiveria. Novak Djokovic le ha esaurite tutte nella semifinale di Bercy sabato contro Roger Federer. Una partita epica, un duello che resterà nella storia del tennis per il valore immenso dei protagonisti, del gioco e delle ragioni che ognuno di loro aveva, oltre il puro risultato. Nole ha portato a casa il duello con il più amato, ma nella finale parigina di ieri contro Karen Khachanov, ha dovuto lasciare il passo al futuro, al russo di 22 anni che lo ha battuto in due set, rovinandogli la festa da nuovo numero al mondo, fermando a 22 la striscia di successi consecutivi e impedendogli di raggiungere Nadal a 33 Masters 1000 vinti. Sorride a denti stretti il serbo durante la premiazione: «Devo fare i complimenti al mio avversario — ha detto — ha meritato questo successo e penso che lo vedremo protagonista di tante altre finali in futuro». IMBATTIBILE E quindi bisognerà prepararsi anche a molti altri titoli, considerato che in quattro finali in carriera, di cui tre quest’anno (oltre Parigi, anche Mosca e Marsiglia, con Chengdu nel 2016), il russo è sempre uscito vincitore. Mai in un Masters 1000 però: «La vittoria più importante della mia vita», come ha commentato fresco di match point, confermando la tradizione di Bercy, che spesso premia gli outsider al termine di stagioni massacranti per i big (nel 2017 si impose Sock). Karen, che lo scorso anno di questi tempi era a Milano protagonista della prima edizione delle Next Gen Finals, è cresciuto moltissimo questa stagione e da oggi si troverà a ridosso della top ten, numero 11 al mondo, best ranking della carriera: al Masters dei grandi potrebbe andarci da seconda riserva. Fisico da giocatore di basket, sport che ha praticato anche a livello agonistico quando era al liceo e viveva ancora a Mosca, Karen a dispetto dei suoi 22 anni è un ragazzo tutto casa e famiglia. Come Taylor Fritz, anche lui si è sposato giovanissimo, appena ventenne ad aprile del 2016, con Veronika Shkliaeva: «Mi spiace che lei non sia qui proprio in questo momento —ha detto durante la premiazione — è fondamentale per me, è la mia famiglia». Sicurezze nella vita privata e certezze in campo, il russo è tornato da un annetto a lavorare con il coach degli inizi, Vedran Martic (l’uomo dei grandi successi di Ivanisevic), dopo quattro anni a Barcellona con Galo Blanco terminati subito dopo le Finals milanesi del 2017. PRESSIONE Il ragazzo si porta ovviamente appresso un bagaglio pesante. Battezzato il «nuovo Safin» appena i risultati hanno iniziato ad arrivare, pur ammettendo che Marat è sempre stato un punto di riferimento e un mito insieme a Kafelnikov, Karen prende le distanze dai monumenti: «Dobbiamo essere grati a loro per tutto quello che hanno fatto nel tennis e per l’immagine che hanno dato dello sport russo — ha dichiarato qualche tempo fa —. Ma ognuno di noi cerca di essere se stesso, con le proprie peculiarità. Loro sono stati importanti, spero di diventarlo anch’io». Ha appena iniziato, con le doti atletiche unite alla potenza con cui ha eliminato questa settimana quattro top ten: Isner (annullandogli due match point), Zverev, Thiem e Djokovic, diventando il primo russo a vincere un Masters 1000 da Nikolay Davydenko a Shanghai nel 2009 e quello con la più bassa classifica (18) dal successo del numero 26 Ljubicic nel 2010 a Indian Wells. Khachanov è stato bravo a gestire la pressione di affrontare il venturo numero uno al mondo nella prima finale 1000 in carriera: partendo da 3-1 sotto è riuscito a girare il match in suo favore nel primo set con un fondamentale break nell’11° game che lo ha portato sul 6-5 a servire per il match, mentre nel secondo ha dovuto faticare meno. Fisico e intelligenza: merito anche della passione per gli scacchi che, insieme ai classici della letteratura russa, gli fanno compagnia nei lunghi mesi in giro per il mondo: «Mi sono sempre piaciuti, li trovo molto simili a una partita di tennis, perché richiedono la capacità di cambiare strategia rapidamente», ha raccontato. Anche così è riuscito a dare scacco al re.

 

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