Da Bali al WTA Elite Trophy di Zhuhai, dieci anni di “Masters B” - Pagina 2 di 3

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Da Bali al WTA Elite Trophy di Zhuhai, dieci anni di “Masters B”

Dalla prima edizione di Bali 2009 il WTA Elite Trophy è cresciuto nel tempo, attraverso cambi di nome, data e formato

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2012 – 2014: Sofia e l’accordo con ITF
Dopo il triennio indonesiano, nel 2012 la sede viene spostata a Sofia, sempre mantenendo la formula decisa dal 2010: 375 punti alla vincitrice, otto partecipanti e concomitanza con la finale di Fed Cup (unica eccezione positiva il 2010).
Dalle dichiarazioni delle tenniste si capisce che Bali era amata per ragioni extratennistiche: il clima, le spiagge e l’atmosfera da vacanza anticipata che offriva. Forse per risarcirle dal trasferimento in una sede meno appetibile (la Bulgaria in novembre non è esattamente Bali…), il montepremi viene alzato a 750 mila dollari. Nelle edizioni di Sofia ci sarà sempre una costante: la presenza fra le due wild card della giocatrice di casa Tsvetana Pironkova, che in quegli anni si è fatta la fama di specialista dell’erba grazie agli ottimi risultati a Wimbledon (semifinale, quarti e ottavi tra il 2010 e il 2013).

Le vincitrici nel triennio bulgaro sono Petrova (su Wozniacki) nel 2012, Halep (su Stosur) nel 2013, Petkovic (su Pennetta) nel 2014. Dal 2014 però c’è una fondamentale novità: la data del torneo viene sfalsata rispetto alla Fed Cup, senza più sovrapposizione. WTA e ITF hanno trovato l’accordo per non farsi concorrenza reciproca a tutto vantaggio della regolarità e dell’interesse dei due eventi. Ma c’è un evidente progresso anche per gli spettatori televisivi, con un ambiente e con riprese di qualità superiore rispetto a Bali. Ecco qualche punto dalla finale del 2013:

2015 – 2018: Zhuhai e l’aumento di punti e montepremi
Nel 2015 non viene solo cambiata la sede, ma l’intero formato dell’evento. Da quando ci si sposta in Cina il torneo diventa a tutti gli effetti un “B-Masters”, visto che il criterio di selezione si adegua al “fratello maggiore”: per partecipare non è più necessario avere vinto un torneo International, l’unico dato che conta è il ranking. È tutto più semplice: chi non giocherà il Masters di Singapore, perché non è riuscita a entrare fra le prime otto, potrà rifarsi con il torneo disputato a Zhuhai. L’evento si avvicina ulteriormente ai criteri delle Finals visto che il campo di partecipazione prevede anche sei coppie che si contendono un trofeo di doppio.

Cambia anche il nome ufficiale: non più “Tournament of Champions”, ma “WTA Elite Trophy”. Linee guida del singolare: 12 partecipanti, 11 ammesse per ranking più 1 wild card (sempre cinese, finora). Quattro gironcini da tre giocatrici, più semifinale e finale. Aumentano il montepremi (oltre 2 milioni di dollari, doppio incluso), e i punti per la vincitrice del singolare: 700 (in caso di doppia vittoria nel girone). Praticamente la metà del Masters di Singapore (1500 i punti massimi). Le prime vincitrici a Zhuhai sono di chiara fama, visto che si tratta di tenniste capaci di vincere Slam come Venus Williams nel 2015, e Kvitova nel 2016.

Il torneo cresce progressivamente nella considerazione delle protagoniste. Lo si capisce dalle adesioni nel corso degli anni: nelle prime due edizioni cinesi danno forfait cinque (2015) e sei giocatrici (2016), che avrebbero avuto diritto di partecipare; il limite dell’ultima ammessa sale così fino al numero 26 del ranking. Ma nel 2017, anno della vittoria di Goerges, i forfait sono ridotti a tre, mentre nel 2018 l’unica rinuncia è quella di Serena Williams: da Kasatkina in poi sono tutte presenti, con l’ultima avente diritto al numero 21, Anett Kontaveit.

Non solo: l’edizione appena conclusa, vinta da Ashleigh Barty, ha offerto un livello tecnico e spettacolare che ha avuto poco da invidiare a quello andato in scena alle Finals. Direi per tre motivi:
– le condizioni del campo si sono rivelate più vicine alla media stagionale e non così lente come l’anomala superficie di Singapore che aveva penalizzato la varietà di gioco
– le condizioni fisiche delle partecipanti di Zhuhai sono apparse migliori, con meno giocatrici logorate dalla rincorsa ai primi otto posti nella Race
– in generale nelle ultime stagioni WTA abbiamo assistito a un notevole livellamento ai vertici, per cui oggi la numero 20 del mondo non è molto distante dalle prime come poteva esserlo qualche stagione fa.

Insomma, il WTA Elite Trophy 2018 è stato complessivamente positivo. Mi rimane qualche perplessità rispetto alla regola che consente di ripescare una sorta di lucky loser in caso di forfait di una semifinalista, regola che ha permesso a Wang Qiang di rientrare in corsa in extremis; ma è la stessa norma che vale anche per il Masters vero e proprio (vedi QUI, articolo 5A).

a pagina 3: L’edizione 2019

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