Parità nei guadagni tra uomini e donne: Konta riapre il dibattito

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Parità nei guadagni tra uomini e donne: Konta riapre il dibattito

La numero uno britannica è intervenuta alla Oxford Union parlando agli studenti: “Se un uomo e una donna fanno lo stesso lavoro, dovrebbero ricevere la stessa retribuzione”

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Un bel riconoscimento in patria per Johanna Konta, che non ha perso popolarità nonostante sia reduce da una stagione opaca. Fresca di cambio di allenatore, la numero uno britannica (37 WTA) è stata invitata a parlare alla Oxford Union, antica e prestigiosa associazione culturale collegata alla storica università. A partire dalla sua esperienza di sportiva professionista, la ventisettenne di Eeastburne ha relazionato sul sempre più attuale tema della parità retributiva tra uomo e donna.

Trascorsa una settimana dall’Equal Pay Day nel Regno Unito, Konta ha parlato così: “Se un uomo e una donna fanno lo stesso lavoro, dovrebbero ricevere la stessa retribuzione. Lo sport è sempre stato storicamente un’industria maschile ed è importante che le donne si facciano sentire per orientare il cambiamento”.  

Konta ha poi parlato di ciò che ha imparato fino ad ora dalla sua carriera come tennista professionista: “Se sei alla ricerca dell’eccellenza, in ogni campo, la tua più grande qualità deve essere la perseveranza. L’amore senza limiti che provo nei confronti del mio sport ha continuato a spingermi verso il successo”.

Nella cornice di un tema certamente più ampio, la questione della parità retributiva nello sport è finita di recente all’attenzione delle cronache per la decisione della World Surf League che a settembre ha comunicato la perfetta equiparazione del montepremi tra le competizioni maschili e quelle femminili. Nel 2017 è stata la federcalcio norvegese ad equiparare i premi destinati ai calciatori e alle calciatrici convocate con le nazionali maggiori (ma gli ingaggi dei club viaggiano su altri binari). Ben lontano, chiaramente, il traguardo di una piena parità anche per le diverse legislazioni vigenti nei singoli Paesi: la legge italiana sullo sport professionistico è del 1981 e non include le donne, paradossalmente anche nel caso di atlete di altissimo livello (che chiaramente possono raggiungere lo stesso importanti guadagni, ma non legati in senso stretto a un contratto di lavoro).

A cura di Lorenzo Colle e Pietro Scognamiglio

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