Challenger
Challenger: volti e numeri del 2018
Chi ha vinto di più, come si sono comportati gli italiani e quali sono i vincitori più ‘nobili’ della stagione nel circuito cadetto. Ci sono due anche finalisti Slam
Il 2018 per il circuito Challenger è stato l’ultimo anno prima della grande riforma, che prenderà piede a partire dal 2019. Quando ci saranno, ad esempio, tabelloni a 48 giocatori (non più a 32), con tutti a ricevere denaro e ospitalità da parte dell’organizzazione dei tornei: l’aumento dei montepremi sarà significativo, e staremo a vedere come i vari circoli riusciranno a gestire questa grossa crescita di costi. Il tutto nell’ottica, da parte dell’ATP, di restringere il numero di tennisti effettivamente professionisti. Comunque questo è il futuro. Il passato, ovvero il 2018, ci ha lasciato diversi spunti di riflessione.
ITALIA AL TOP
Ancora una volta il nostro paese si è rivelato essere una certezza di questo circuito: ben 19 i tornei organizzati sui 159 totali della stagione. Quattro in meno rispetto al 2017, in compenso. Da febbraio a novembre, dai 127mila euro di montepremi di Caltanissetta e Genova, i più ricchi challenger italiani come montepremi, ai 43mila di Barletta, Francavilla, Mestre, L’Aquila, Milano, Recanati, Perugia, Padova, Biella e Andria: eventi per tutti i gusti e tutte le tasche.
E anche in quanto a vittorie di tennisti italiani nel circuito possiamo contare 14 successi nel singolare: due per Paolo Lorenzi e Gianluigi Quinzi, una per Filippo Baldi, Matteo Berrettini, Salvatore Caruso, Marco Cecchinato, Thomas Fabbiano, Alessandro Giannessi, Andreas Seppi, Lorenzo Sonego, Stefano Travaglia e Luca Vanni. Meglio dei nostri soltanto gli statunitensi e gli australiani, a quota 17 successi. Quattordici vincitori e 16 finalisti; l’ultimo, Filippo Baldi ad Andria, sconfitto dal francese Ugo Humbert. I titoli sono stati conquistati soprattutto nei Challenger 90, da 64mila euro di montepremi (6), e nei Challenger 80, da 43mila (5). Thomas Fabbiano e Lorenzo Sonego, però, hanno vinto Challenger più “prestigiosi”, il 110 di Ningbo e il 125 di Genova, rispettivamente.
IL BALZO DI CECK E BERRETTINI
Non c’è dubbio, però, che tra gli italiani protagonisti del 2018, e non solo in ambito tennistico, ci sia stato Marco Cecchinato. Forse la più grande rivelazione di tutto il circuito ATP. Il siciliano aveva iniziato la stagione da numero 109 del mondo, barcamenandosi tra qualificazioni ai grossi tornei, con una raffica di eliminazioni al primo turno, o in alternativa i challenger. Fino al capolavoro di Santiago del Cile, la svolta: vittoria in tre set in finale contro il qualificato spagnolo Gomez-Herrera dopo aver rimontato in semifinale un altro iberico, Tommy Robredo. Punti ATP buoni per risalire la classifica, piano piano, fino al 250 di Budapest conquistato da lucky loser, e altri punti, via via, con la clamorosa semifinale del Roland Garros (il primo a riuscirci dai tempi di Barazzutti nel 1978), battendo nientemeno che Novak Djokovic, seppur non al meglio, e la top 20 mondiale. Sarà interessante vedere come nel 2019 si comporterà Ceck con tutto questo patrimonio di punti da amministrare (c’è anche il torneo di Umago vinto in estate), se riuscirà a rimanere a galla oppure non manterrà lo stesso livello di gioco. Intanto, rispetto a dodici mesi fa, non dovrà sudare per entrare nei tabelloni dei principali tornei, visto che ci è già di diritto.
Un bel balzo l’ha fatto anche Matteo Berrettini, che da 135 è salito fino al 52, in classifica: anche lui, come Cecchinato, è riuscito a entrare piano piano nei grossi tornei sudandosi i punti ATP grazie ai Challenger. Vittoria a Bergamo e finale a Irving, fino a un eccellente Roland Garros (fuori al terzo turno con Thiem) e soprattutto il primo titolo ATP in carriera, a Gstaad, senza perdere un set e battendo gente del calibro di Feliciano Lopez e Roberto Bautista Agut in finale.
A CACCIA DI PUNTI
Il circuito Challenger è anche uno straordinario serbatoio di storie. E se le più comuni riguardano i giovani che si affacciano al professionismo, non meno interessanti sono quelle dove ex campioni, per i più svariati motivi, vanno a caccia di punti per risalire le classifiche, o semplicemente per galleggiare, e si gettano nella lotta ripartendo dal basso. Nel 2018, così, abbiamo visto tra i vincitori di un challenger addirittura degli ex top-10, come Kei Nishikori, che doveva riprendersi da un infortunio e a gennaio ha trionfato a Dallas, o Tommy Robredo a Lisbona, senza dimenticare Gael Monfils (Taiwan) e David Ferrer (Monterrey).
I punti fanno comodo anche a chi, come Ivo Karlovic, è decisamente sul viale del tramonto e oltre i quarant’anni, oppure per chi, come Lukas Rosol o Daniel Brands, è reduce da lunghissimi e rognosi problemi fisici. Nell’albo d’oro di inizio anno troviamo John Millman, l’australiano, che a settembre avrebbe sconfitto nella “sauna” newyorkese Roger Federer, agli US Open, ma che in precedenza aveva conquistato i challenger di Kyoto ed Aix-en-Provence. Chi ha trionfato in più tornei challenger (4) nel 2018, comunque, è stato l’argentino Guido Andreozzi, che anche grazie a questi successi ha raggiunto il suo top rank a dicembre (numero 78 al mondo).
Alessandro Ruta