Il saluto di Safarova: "Era il momento giusto per fermarsi. Amo il tennis, è meraviglioso!"

Interviste

Il saluto di Safarova: “Era il momento giusto per fermarsi. Amo il tennis, è meraviglioso!”

A Parigi si conclude la carriera di Lucie Safarova, ma è solo un arrivederci: “Tornerò in questo mondo perché mi piace davvero tanto. Cosa mi mancherà? La competizione. I viaggi e gli allenamenti invece, quelli proprio no”

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Guy Forget, Lucie Safarova, Bernard Giudicelli - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Lucie Safarova ha scelto il Roland Garros, torneo vinto due volte in coppia con Bethanie Mattek-Sands, per chiudere la sua avventura sul circuito professionistico e ha definitivamente appeso la racchetta al chiodo. Quella giocata al fianco di Dominika Cibulkova rimarrà l’ultima partita della sua carriera. Contro Kenin/Petrovic è arrivato un severo 6-4 6-0, ma la ceca lascia comunque il mondo del tennis con il sorriso sulle labbra. Anche perché l’organizzazione del Roland Garros ha voluto organizzare una cerimonia speciale per celebrarla. Così sul Court Philippe Chatrier, proprio quel campo sul quale nel 2015 giocò (e anche alla grande) la sua unica finale Slam in singolare (persa in tre set contro Serena Williams), ha ricevuto dalle mani di Bernard Giudicelli e Guy Forget un premio alla carriera. Sul simbolico trofeo, è stato incastonato, strato su strato, una sezione del campo con una breve, ma significativa iscrizione: “Merci Lucie”.

Ti sei ritirata da circa un’ora e venti minuti…
Mi sento bene (ride). È l’ultima volta che sono seduta qui di fronte a voi. E sì, voglio dire, certamente mi scorrono dentro un sacco di emozioni, ma sono soprattutto emozioni positive. Sono davvero soddisfatta della mia carriera, ho moltissimi grandi ricordi da conservare e chiudere qui, a Parigi, è speciale.

 

Quali erano le tue speranze e il tuo obiettivo per questo torneo?
Beh, avrei dovuto giocare il doppio con Bethanie, ma purtroppo lei è ancora infortunata al ginocchio e si è cancellata dal tabellone, tipo quattro giorni prima dell’inizio delle competizioni. Ho riflettuto molto se giocare o meno, ma poi ho scoperto che avrei dovuto affrontare Dominika, che è una mia amica, e allora ho detto ‘ma sì, divertiamoci! Godiamocela!’. E ci siamo davvero divertite oggi. Per me è stato davvero bello tornare qui, vedere tutte queste persone che conosco da tantissimo tempo, dalle giocatrici agli organizzatori del torneo. È stato simpatico poter dare un saluto a tutti come si deve!

Cosa ti mancherà di più, in generale, non soltanto del Roland Garros, e cosa, invece, non ti mancherà affatto?
Non mi mancheranno proprio i continui viaggi, i cambi di fuso orario e, naturalmente, gli allenamenti duri anche quando sei molto stanca o un po’ infortunata. E io ho lavorato durissimo fin da quando ero molto piccola, quindi… probabilmente non sentirò la mancanza di questo! Ma naturalmente, amo questo sport. Il tennis è meraviglioso e dopo così tanti anni mi diverto ancora moltissimo in campo. Sono sicura che mi mancherà un po’ la competizione. Ma onestamente, ho ottenuto grandi risultati su campi importanti, ho giocato di fronte a platee incredibili ed è stato meraviglioso. Ne ho abbastanza, non vedo l’ora di cominciare un nuovo capitolo.

La mia domanda è a proposito della tua eredità. Tra 10 o 15 anni ci guarderemo indietro e ripenseremo a te come una vincitrice di titoli Slam, come finalista in singolare qui al Roland Garros. Come ti piacerebbe che i tifosi e le persone in generale ti ricordassero?
Mi piacerebbe soltanto che mi ricordassero come una giocatrice simpatica, divertente, che si sono divertiti a guardar giocare. E poi certo, ho ottenuto ottimi risultati. Ma direi che mi piacerebbe esser ricordata come una che era bello veder giocare.

Hai già pensato a cosa vorresti fare nell’immediato futuro?
Beh, ora mi prenderò una bella vacanza, bella lunga! E poi, vedremo. Sono certa che tornerò ad avere a che fare qualche modo con il mondo del tennis, perché mi piace davvero tanto. Non so esattamente cosa farò. Vorrei soltanto dedicarmi ad altro per un po’ di tempo e vedere di cosa avrò voglia in futuro. Voglio lasciare ogni porta aperta, non ho alcuna fretta ora!

Hai passato gran parte della tua vita in viaggio, incontrando culture differenti e parlando moltissimo di te. Sono curioso di sapere come tutto questo ti ha cambiato e come ti ha reso, a livello personale.
Penso… voglio dire… essere una giocatrice di tennis, viaggiare così tanto ed avere così tante esperienze diverse ti arricchisce davvero molto come persona e sono contentissima di aver avuto questa opportunità. E certo, mi è piaciuto sperimentare nuove culture e visitare tante città, ma, come ho già detto prima, spostarmi ogni singola settimana non fa proprio per me. È stata una bella vita, ma preferisco prenderla con un po’ più di tranquillità, ora!

Quali saranno le partite che ricorderai più volentieri, tra molti anni stando tranquillamente seduta su una sedia a dondolo?
Ah, mi ricordo quella volta… (ride). Guarda, ci sono state molte partite memorabili. Alcune hanno fatto anche molto male e per qualche ragione si tende a ricordarsi di più queste ultime. Ma in definitiva ricorderò la finale giocata qui a Parigi contro Serena e le vittorie in tutti e quattro gli Slam, in doppio, con Bethanie. E poi, ovviamente, le Fed Cup, perché è l’unica competizione di squadra e vincerla in casa, davanti ad un pubblico incredibile, è realmente molto speciale. E le Olimpiadi, anche quelle con un’atmosfera del tutto particolare. Vincere una medaglia e stare lì, in piedi, mentre te la mettono al collo, è un ricordo pazzesco. Ma ci sono state anche partite magari non così tanto sotto la luce dei riflettori, ma che per me sono state dei punti di svolta, come delle sconfitte o dei match particolarmente lunghi. Ne ricordo uno contro Maria Sharapova, a Stoccarda, che ho perso dopo qualcosa tipo tre ore e venti minuti e quello fece molto male. Ce ne sono stati tanti di questo tipo. Mi piace ricordare questi momenti, sono grata anche per le sconfitte, perché mi hanno permesso di imparare e migliorarmi, e di raggiungere i miei sogni, quello che volevo davvero.

Recuperare dalla malattia e tornare a giocare nel modo in cui hai fatto tu, ti ha aiutato a vedere il tennis in prospettiva e a capire quale posto occupasse lo sport in relazione a tutta la tua vita? Come è cambiato l’equilibrio in te?
Direi che ho avuto un percorso accidentato. Mi ci sono voluti dodici anni per raggiungere quella top 10 che avevo sempre sognato e poi, quando avevo finalmente raggiunto il mio miglior ranking al numero 5 del mondo, è arrivata questa malattia che mi ha tenuto fuori per quasi sei mesi. E poi non sono praticamente più riuscita a starci dietro, a riprendere il percorso da dove l’avevo lasciato. In definitiva, sì, ti apre una nuova prospettiva sulla vita. D’un tratto capisci che la salute è la cosa più importante e che, se non hai quella, nient’altro è possibile. Improvvisamente, vincere o perdere non è più la priorità. Quindi, certo, dopo quell’episodio ho guardato al tennis in maniera diversa, mi sono goduta molto di più la possibilità di essere là fuori e giocare.

Due semplici domande.
Mi piacciono le domande semplici! Puoi farne anche più di due (ride).

Cosa rende Bethanie così speciale? E poi, se posso chiedertelo, se dovessi individuare una decisione che hai preso nella tua carriera che si è rivelata davvero importante, quale sceglieresti?
Beh, Bethanie è speciale! È colorata, divertente, un po’ pazza! Penso di essere sempre stata io la più calma tra le due, lei era quella più matta. Ed è questo quello che ci ha reso così complementari. Tutto è cominciato, direi, in modo un po’ fortunoso, perché lei stava tornando dopo un intervento chirurgico e io ero senza partner per il doppio in quel periodo. È stato un colpo di fortuna l’aver cominciato a giocare assieme. E dopo quell’inizio, abbiamo avuto un percorso fantastico e costruito una grande amicizia. Ovviamente, per me è stato molto triste che lei si sia cancellata da questo torneo, però, lo ripeto, quello che conta di più è che la nostra amicizia rimanga. Ora faremo altre cose assieme, al di fuori del tennis.

Lucie Safarova e Bethanie Mattek-Sands – Roland Garros 2017 (foto Roberto Dell’Olivo)

E per quanto riguarda la scelta importante?
Penso che ogni volta che ho scelto un allenatore sia stato un passo importante per la mia carriera. Devo dire che tutti loro mi hanno soddisfatta, mi hanno aiutata a progredire, quindi sono tutti stati delle scelte giuste. E guarda che non è facile per un giocatore di tennis scegliere il coach giusto, perché, sai, devi avere la stessa visione sull’evoluzione del tuo gioco per muoverti nella direzione corretta. Può essere complicato.

Quella del ritiro è stata una decisione difficile da prendere per te oppure è venuta facilmente? Hai deciso da sola o ti sei consultata con la famiglia e gli amici?
Beh, non è stata certo una decisione facile, ma era qualcosa a cui stavo pensando da tanto tempo, più di un anno forse. E la causa è stata la mia malattia. Perché sai, ripartire da zero dopo esser stata lontana dai campi è molto difficile, soprattutto quando il livello della competizione è così alto. D’un tratto, ho iniziato a capire che tutto questo, i viaggi ed essere nel circuito, non mi rendeva felice come prima. Ho deciso, con calma, che era arrivato il tempo di fermarsi. Non volevo resistere a tutti i costi e riempirmi di ricordi negativi sul tennis, volevo fermarmi mentre ero ancora felice di giocare. Naturalmente, mi sono consultata con tutti i miei amici e con la mia famiglia; perché, per prendere una decisione del genere e capire se sia davvero giusta, credo che tu abbia bisogno che tutte le persone che ti sono vicine ti diano un altro punto di vista. Ed ecco, così ho fatto questa scelta.

Hai detto che il livello della competizione si sta alzando continuamente.
Sì.

Questo è probabilmente il tabellone più imprevedibile dell’Open di Francia da molto tempo a questa parte. Chi vedi come favorita per la vittoria?
Chi vedo favorita? Beh, come hai detto tu, è davvero imprevedibile! Voglio dire, ti potrei dire che Kiki Bertens sta giocando davvero bene e potrebbe essere lei la sorpresa del torneo, vincendolo (l’intervista è stata rilasciata prima del ritiro della giocatrice olandese, ndr). Naturalmente, Simona. E Serena, se gioca bene, è sempre un’avversaria fortissima. È davvero difficile sceglierne una. Penso che sia una bella cosa che ci sia così tanta competizione, oggi abbiamo, direi, almeno cento giocatrici ad un livello incredibile. E per essere là in mezzo a giocartela, devi essere al 100%.

Traduzione a cura di Filippo Ambrosi

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Roger Federer e la vita dopo il ritiro: “Ora sono l’autista e il manager dei miei figli!”

Roger Federer tornato alla Laver Cup rilascia una simpatica intervista con Jim Courier

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Roger Federer - Instagram @rogerfederer)

Un anno fa tutto il popolo del tennis si commuoveva nel dare l’addio al tennis giocato di Roger Federer. Per salutare il suo mondo, Roger scelse di giocare un doppio nella manifestazione da lui creata la Laver Cup, insieme all’amico e rivale di sempre Rafael Nadal. Alla fine del match, loro due seduti vicini in lacrime che si tengono la mano sono una delle immagini sportive più belle ed emozionanti degli ultimi anni.

A un anno di distanza, Roger Federer è tornato alla Laver Cup che quest’anno si svolge a Vancouver e ha anche giocato qualche scambio, come se il tempo non si fosse mai fermato. Sul campo nero, di fronte a uno stadio gremito, Jim Courier ha intervistato Re Roger. Una bella intervista di circa 20 minuti in cui il campione svizzero ha parlato del suo ritiro, della nuova vita che conduce tra allenamenti in palestra e impegni dei quattro figli, del futuro del tennis e tanto altro…

Per anni ho sempre temuto quel momento perché sapevo che sarebbe arrivato. E so che a volte, quando vediamo i nostri eroi del tennis, non ricordiamo come se ne sono andati, ricordiamo solo tutte le grandi cose che hanno fatto per il tennis, ed ero preoccupato che la mia fine in qualche modo non sarebbe stata bella. Ed è stato il contrario. È stato fantastico. Mi sono sentito davvero bene e molto felice e credo di essere stato molto fortunato a sperimentarlo.

 

“Ovviamente mi manca il tennis. In un certo senso mi manca tutto del gioco e dei momenti emozionanti trascorsi in campo. I breakpoint salvati, la vittoria sui match point, alzare trofei, l’affetto dei tifosi, i selfie. Fa tutto parte di una grande famiglia felice durante il tour. Di tanto in tanto mi ritaglio ancora quei momenti in cui vado a Wimbledon o ad Halle e mi sono ripromesso che non sarei mai stato un estraneo nel tour. Cercherò di tornare di tanto in tanto. Ed è per questo che sono così felice di essere qui. È stato anche bello stare di più a casa”.

Ho anche viaggiato un po’ occupato, ma è bello non dover aspettare un’altra partita, un altro allenamento dove magari il corpo non è a posto. E passare del tempo con gli amici e la famiglia è stato incredibile, è stato un anno incredibile, onestamente. Ma certo, mi mancano molti dei posti in cui viaggiavo regolarmente, e ho così tanti amici lì, e ci divertivamo moltissimo, quindi non posso avere tutto.”

“Mi sembra ancora di non avere molto tempo per me, con quattro figli. E ancora vado in palestra, incredibilmente. Ora sono un autista professionista, un organizzatore e un manager per i miei figli!.

Jim Courier: Sappiamo che sei un po’ musicista ma non sapevamo che in realtà facevi parte di una band. Avete mai sentito parlare di una band che potrebbero suonare nella porta accanto in questo momento. Coldplay, di cosa si trattava? Dove è successo? Cosa facevi sul palco con i Coldplay?

“Non so cosa stessi facendo. Stavo muovendo la mano, sorridendo. Ho ricevuto l’invito da Chris Martin dei Coldplay. Ha detto, vuoi salire sul palco domani? In quel momento mi trovavo a Zurigo. E ho guardato mia figlia e le ho detto, pensi che dovrei salire sul palco e fare questo? Lei dice, “Ovviamente, papà, si vive solo una volta. Ovviamente devi farlo”. Quindi dico, okay, salirò sul palco. Lo farò. E ovviamente mi è piaciuto. Questa è la mia carriera musicale. L’ho finito proprio lì.”

Alle domande di Courier si sono aggiunte quelle di alcuni fan che hanno permesso a Roger di toccare diversi argomenti. Sulla solitudine che si può provare durante la stagione ha detto “Sì, puoi sentirti molto solo in tour. Naturalmente sono stato molto fortunato ad avere una squadra meravigliosa durante tutta la mia carriera. Poi anche i miei genitori si univano a me di tanto in tanto. Avevamo un sacco di amici, come ho detto prima, che venivano sempre a trovarmi in tour. E poi sono arrivati ​​i bambini, quindi eravamo un intero circo itinerante. Quindi è stato incredibile. Ma essere in un ambiente di squadra, penso che per un atleta individuale, come un giocatore di tennis, sia una cosa grandiosa. Ed è per questo che sono sempre stato un grande giocatore di squadra. E per me, la Laver Cup è una straordinaria combinazione di tutto questo. Essere in squadra con altri grandi giocatori e stare insieme, cenare insieme, pranzare insieme, parlare di tennis tutto il giorno e nutrirsi a vicenda e, si spera, lasciare la Laver Cup motivati ​​e ispirati ad andare avanti e a fare grandi cose e vincere ogni torneo possibile.

Sulla possibilità di essere capitano del Team Europe in futuro: “Non finché ci sarai tu, Bjorn! Grazie ancora di essere qui. Perché no? Magari un giorno… Magari potrei fare l’assistente, o il tuo co-capitano. Sarebbe comunque un modo per tornare a competere e quindi, perché no?”

I migliori match della Laver Cup? “So che molte persone trovano noiosi i grandi servitori. Io li adoro! è la cosa più bella quando arriva un bell’ace! Frances Tiafoe e Stefanos Tsitsipas dell’anno scorso è stato un match incredibile in cui ha salvato quattro o cinque match point. Anche Zverev contro Raonic, c’era un sacco di energia nella squadra.”

Ad impreziosire il momento anche un video-messaggio con una domanda di Rafa Nadal: “Chi è il tuo compagno di doppio preferito?” “Credo dovrei rispondere mia moglie. Ma è Rafa!”.

E con la simpatia e la brillantezza che da sempre lo caratterizza, alla domanda di una bambina del pubblico su cosa le consiglierebbe per migliorare a tennis a soli 9 anni, Roger risponde: Magari potrai avere una carriera migliore usando il rovescio a due mani!”

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evidenza

Sabalenka tra passato e futuro: “Pensavo ai doppi falli e non riuscivo a controllarmi. Ora voglio vincere altri Slam”

La nuova numero uno del mondo si racconta a Tennis Magazine, dall’amicizia con Badosa alla sua passione per la velocità

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Aryna Sabalenka - US Open 2023 (foto Twitter @rolandgarros)

Uscita dallo US Open senza quello che sarebbe stato il suo secondo titolo Slam, ma con in mano lo scettro di nuova regina del tennis mondiale, Aryna Sabalenka ha ancora davanti qualche giorno di riposo e allenamenti prima di rientrare nel circuito. La bielorussa ha infatti deciso di saltare il 1000 di Guadalajara e ha optato per la stessa soluzione anche in relazione al 500 di Tokyo. Il suo primo match da numero uno del mondo sarà quindi a Pechino, nell’ultimo ‘mille’ della stagione femminile. Così, nel frattempo, Aryna ha concesso un’intervista a Tennis Magazine in cui ha affrontato argomenti tennistici e non. Innanzitutto, la campionessa dell’ultimo Australian Open ha ribadito ancora una volta la sua fame di Slam, scoperta proprio dopo la vittoria a Melbourne: “E’ stato il risultato più importante della mia carriera fin qui. Le sensazioni provate dopo quel successo sono così meravigliose che non si provano in nessun altro ambito della vita, quindi voglio viverle di nuovo, molte altre volte”.

Tra i temi extra-campo ma che comunque hanno punti di contatto con il tennis giocato c’è il grande rapporto di amicizia con Paula Badosa, alle prese con un infortunio alla schiena che ha già messo termine alla sua stagione. Le due hanno disputato alcuni tornei di doppio insieme e, in carriera, si sono scontrate quattro volte (con due vittorie a testa): “nessuna delle due si arrabbia e nemmeno esulta per un bel punto – dice però Aryna – durante la partita ci sono momenti in cui si pensa troppo, momenti in cui vorrei urlare, ma so che non devo farlo perché lei è mia amica e non voglio che si arrabbi con me. Continueremo a supportarci a vicenda, come facciamo sempre”.

A proposito di doppi, la bielorussa ha poi spiegato la scelta di ridurre drasticamente il suo impegno in questa specialità, in particolare durante i tornei del Grande Slam: “È molto difficile competere in entrambi i circuiti, anche mentalmente. Ci sono state volte in cui ho disputato singolare e doppio negli Slam, ma durante il doppio stavo lì a pensare al singolare del giorno dopo. Non sapevo se dare il massimo o meno, come gestire le mie energie. Pensavo troppo e poi perdevo il singolare. Nonostante i successi in doppio (ha vinto, in coppia con Elise Mertens, lo US Open nel 2019 e l’Australian Open nel 2021, oltre a due 1000 e altri tre tornei, ndr) il mio obiettivo principale è sempre stato il singolare. Ne ho parlato con la mia squadra e abbiamo deciso di smettere di giocare il doppio nella speranza che la mia concentrazione sul singolo migliorasse. Questo mi ha aiutato molto”.

 

Con un collegamento un po’ forzato, ci spostiamo dal doppio ai doppi falli, che hanno a lungo rappresentato un vero e proprio incubo per Sabalenka. Prima della svolta di fine 2022, Aryna, pur essendo riconosciuta da tutti come un’ottima giocatrice, doveva fare i conti con la poco onorevole nomea di regina dei doppi falli. Con grande abnegazione e capacità di lavorare su se stessa, la numero uno del mondo è però riuscita a mettersi alle spalle questo tormento: “Era una questione innanzitutto psicologica, mi sono successe molte cose negli ultimi anni, molte emozioni nella mia testa, e poi sono arrivati i problemi tecnici. Ho lavorato molto duramente per risolverli, individuando il problema. Ora ho cambiato la meccanica del servizio, sia il mio movimento, sia il lancio, sia l’atteggiamento. Ero in estrema difficoltà, era assurdo iniziare a commettere così tanti doppi falli. Ci pensavo così tanto che non riuscivo nemmeno a controllare il mio corpo o il mio braccio… era come se fossero staccati dal resto. Abbiamo lavorato molto sulla biomeccanica e questo ci ha aiutato”.

Infine, Aryna ha provato a descrivere brevemente la sua personalità fuori dal campo, non così simile a quella a cui siamo abituati: “[Nella vita di tutti i giorni] non sono esattamente come in campo… forse solo quando guido, amo le auto sportive e mi piace guidare veloce. Ma nella vita in generale non sono così impulsiva, mi piace divertirmi, sono abbastanza rilassata, non troppo frenetica. È un buon equilibrio, quindi quando mi ritirerò dovrò continuare a praticare sport per scaricare le energie”.

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ATP

Nadal: “Sarebbe fantastico giocare la mia ultima Olimpiade in doppio con Alcaraz”

“Io presidente del Real? Mi piacerebbe, ma Perez è un grande. Djokovic il più forte nei numeri, ma il tennis non è solo questo”. Altra intervista del maiorchino

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Rafael Nadal – ATP Parigi-Bercy 2022 (foto via Twitter @atptour)

Il giorno seguente la sua apparizione video su Movistar+, Rafa Nadal rilascia la prima intervista alla stampa scritta a quattro mesi dall’annuncio del suo temporaneo ritiro. Il resoconto appare mercoledì 20 sul quotidiano sportivo madrileno AS, nel giorno dell’inizio dei corsi accademici all’Università Alfonso X il Saggio, con la quale collaborano sia l’asso di Manacor che il periodico in questione. Nadal si presenta in maglietta bianca, jeans e giacca blu e con la consueta affabilità risponde alle domande in merito alle sue condizioni e al suo futuro tennistico.

Rafa torna ovviamente sulla questione delle sue condizioni e, riprendendo quanto già esposto nell’intervista precedente, parla del buon evolversi delle proprie condizioni fisiche ma anche delle incertezze legate al livello che riuscirà a raggiungere una volta che riprenderà con continuità in mano la racchetta. La stagione potrebbe essere per me l’ultima, ma non è detto: dipenderà da quanto io potrò essere competitivo. Sinceramente non mi attira fare come Murray, ossia giocare e non vincere. Vedremo” – continua il campione iberico – “potrei anche non tornare del tutto se non mi riprendo davvero, ma spero proprio di no”.

Il discorso passa poi a due argomenti tennistici che stanno molto a cuore di Rafa: la Coppa Davis e le Olimpiadi. E qui il 22 volte campione Slam, ispirato dalle domande del giornalista, confessa un sogno “olimpico”. Il mio paese è stato appena eliminato dalla Coppa Davis, altrimenti avrei potuto provare a farmi trovare pronto per novembre. Ma ovviamente così non sarà.

 

“Per quanto riguarda le Olimpiadi sì, terrei molto a giocarle, tutti sanno quanto io ami il clima olimpico e le sensazioni meravigliose che ho provato vivendolo. Per quanto riguarda un doppio con Carlos, premetto che né io né lui ne abbiamo parlato, ma sarebbe bellissimo poter giocare la mia ultima Olimpiade insieme alla stella nascente di questo sport”.

Il discorso scivola subito sulla finale di Wimbledon e il maiorchino parla con grande ammirazione del suo connazionale. “Ritengo” – è il suo pensiero – “che Carlos stesso non sia affatto stupito dei risultati che ha ottenuto fin qui. In questo momento è l’unico vero avversario di Djokovic, è un gradino sopra gli altri. Quando lui è in campo per il 90% delle volte tutto dipende dal suo talento. La grande notizia per questo sport è proprio il livello che Alcaraz riesce a raggiungere e il tempo che ha davanti a sé per tagliare nuovi traguardi”.

Lo spagnolo non si sottrae all’inevitabile domanda su un confronto con Djokovic su chi sia il più forte; lui riconosce il valore dell’asso serbo, pur andando oltre i freddi numeri dei titoli vinti. “Non c’è dubbio che se ci mettiamo a contare, lui ha vinto più di me e più di ogni altro. Non ho un ego così forte da negare l’evidenza. Mi complimento con lui, che da questo punto di vista è il migliore della storia.

“Tutto il resto possono essere considerazioni, come il numero maggiore di infortuni che ho avuto, e poi anche gusti personali, ispirazione, sensazioni ed emozioni che ognuno di noi trasmette e che raggiungono il cuore degli appassionati. Sicuramente” – chiude l’argomento – io sono pienamente soddisfatto di quello che ho saputo fare”.

Alla domanda sul suo non impossibile ingresso nel Real Madrid, Nadal non si nasconde ma nello stesso tempo glissa. “Concettualmente non mi dispiacerebbe essere il presidente del Real Madrid o avere un ruolo nel club ma questo non vuol dire che succederà. Soprattutto perché non sono certo il più preparato per il ruolo, che oltretutto oggi è ricoperto da uno dei migliori di sempre, Florentino Perez. Quindi la risposta è sì ma nello stesso tempo magari non accadrà nulla”.

Nel finale della chiacchierata con Nacho Albarran protagonisti sono i sentimenti. “La cosa più bella e più difficile da spiegare è quello che provo quando rientro a casa e vedo l’allegria sul volto di mio figlio. Inoltre” – racconta Rafa – “ovunque sia stato in questi mesi, ho trovato grande affetto. In Grecia, per esempio, non sapevo di essere così popolare. Anche alla mia Accademia ricevo tutti i giorni visite, tantissimi bambini e testimonianze di vicinanza. Per questo sono grato a tutti”.

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