Chissà com’è contento Federer che abbia vinto Wawrinka

Editoriali del Direttore

Chissà com’è contento Federer che abbia vinto Wawrinka

PARIGI – Per lui un Tsitsipas senza complessi era più temibile. Oggi Fognini spera di battere ancora Zverev. Scavalcherebbe il perdente di Khachanov-del Potro. Solo un trionfo finale di Wawrinka o Monfils gli farebbe sfumare il top 10

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Diciamo la verità, finora match davvero memorabili qui a Parigi quest’anno non si erano proprio visti. Un po’ perché le sole sorprese, o presunte tali, fino a ieri nel maschile non c’erano proprio state e non erano state quasi neppure sfiorate (salvo un po’ per Nishikori e Zverev). Nessuno dei primi 10 aveva perso fino a che Stan Wawrinka ha fatto fuori Stefanos Tsitsipas n.6. Alla fine, comunque, quelli che contano agli occhi della opinione pubblica sono i veri top-player. E allora Djokovic e Federer non hanno perso un set, Nadal ne ha ceduto uno. Thiem ha zoppicato un po’ ma più di un set a match non ha mai perso. Zverev ne ha persi di più perché lui a Parigi se non va al quinto non si diverte (un po’ come Nishikori, ma poi al quinto entrambi non perdono mai o quasi; quando devono perdere si sforzano di farlo prima… così soffrono meno) e anche il nostro ultimo dei Mohicani, Fabio Fognini, ha sì perso un set a match, ma nel quarto ha quasi sempre controllato abbastanza serenamente la situazione.

Nel torneo femminile invece le teste coronate erano cadute con gran fragore, ma mai alla fine di straordinarie battaglie. Quando hanno perso Osaka, Pliskova, Svitolina, hanno fatto pochi game. Delle 32 teste di serie, 23 erano state eliminate (o si erano ritirate) prima degli ottavi, comprese 11 delle prime 16. Quindi 5 delle prime 8 erano già state schizzate fuori, anche se la campionessa in carica Halep che oggi affronta la polacca Swiatek, la finalista d’un anno fa Stephens (che è già nei quarti per aver battuto la campionessa del Roland Garros 2016 Garbine Muguruza) sono ancora in lizza insieme all’australiana Barty che apre la giornata di lunedì sul Philippe Chatrier con l’americana nata in Russia Sofia (o anche Sonia) Kenin, giustiziera di Serena Williams.

Apro un inciso a seguito di una frase pronunciata da papà Kenin, perché essa può dare una misura dei sacrifici, vere e proprie sofferenze, di una famiglia. E permette di comprendere meglio il pianto a dirotto della ragazzina nel momento in cui le capita di battere Serena Williams, il suo idolo, quando qui al Roland Garros ha battuto il suo idolo anche se né lei né suo padre avranno certo pensato ai 243.000 euro del premio degli ottavi perché ormai i suoi premi ufficiali hanno già ampiamente superato il milione di dollari: “Abbiamo lasciato la Russia per gli Stati Uniti con 287 dollari in tasca. Tutti potrete immaginare che non è stato facile…”.

Tutta questa lunga premessa per dire che finalmente abbiamo avuto un match, intenso, palpitante, incerto fino all’ultimo, con Tsitsipas che ripenserà lungo alle tante palle break non sfruttate (27 di cui solo 5 trasformate) e in particolare alle 6 del quinto set, quando invece Wawrinka non ne aveva conquistata neppure una, fino a che sul 7-6 si è arrampicato ai due match point, con il secondo che è stato quello buono anche se Tsitsipas con un gesto un po’ birichino ma probabilmente istintivo (a volte quando di desidera che una cosa avvenga ci può stare di vederla avvenuta…) ha tentato di rubacchiargli il punto finale. L’arbitro però è stato bravo a non farsi influenzare e a assegnare il punto a chi se l’era guadagnato.

La cronaca del match fatta da Agostino Nigro – la cui lettura mi permetto di consigliarvi perché si tratta a mio avviso di un articolo eccellente – racconta tutto nei particolari e nelle emozioni che ha suscitato.

Stan Wawrinka – Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

Io dico solo che i tifosi di Federer – ci sono anche in sala stampa, anche se non mi pare giusto citarli – facevano un tifo sfrenato per Wawrinka. Era evidente che temevano maggiormente per il loro Roger un nuovo confronto con il ragazzo greco che nei suoi confronti – magari a differenza del primissimo Wawrinka – non ha mai mostrato alcun timore reverenziale. Io mi sono permesso di scherzarci su e di immaginare un Federer che stappava con Mirka una bottiglia di Moet&Chandon – suo sponsor, quindi così come la pasta Barilla, o gli orologi Rolex – anche se lui non ha davvero dimenticato che nei quarti di finale del Roland Garros 2015 ‘Stan the Man’ gli dette una memorabile lezione.

Sulla terra rossa Stan, per le sue caratteristiche tecniche, ha più chances di battermi che su una superficie più veloce… e martedì mi dicono che potrebbe tornare il freddo e che i campi potrebbero essere più pesanti…”. (Chissà se gli spettatori del Lenglen non avrebbero preferito, prima del weekend, i biglietti del Philippe Chatrier. Ma all’uscita dal Roland Garros si saranno rallegrati con se stessi). Stan ha temuto di non poter più giocare a tennis dopo l’operazione al ginocchio, è come se stesse vivendo una seconda vita” aveva detto Roger – nel corso di una lunga conferenza che potete leggere per intero QUI – dopo aver lasciato a Mayer lo stesso numero di game, con identico risultati, 62 63 63, di quelli lasciati da Nadal all’altro argentino di Buenos Aires Londero.

Al di là degli eventuali interessi personali, Roger era certamente contento per la “resurrezione” agonistica del suo amico e compagno di tante battaglie, in Davis, ai Giochi Olimpici. Di questo non ho dubbio alcuno. Nessuno può sapere se a 34 anni una fatica come quella sostenuta con Tsitsipas, 5 h e 9m – quarto match più lungo di sempre qui a Parigi – peserà sulle gambe di Stan martedì. Quando ho detto a Stan, che aveva appena dichiarato di essere “vecchio, sempre più vecchio” che in fondo Federer era ben più vecchio di lui, lui ha subito replicato: “Sì ma è sempre stato anche più forte, mi ha quasi sempre battuto”. Beh sì, 22 volte su 25. Non poche. E l’ultima di Stan risale al Roland Garros 2015, nei quarti. Quando poi vinse il torneo. Una precedente sulla terra rossa in finale a Montecarlo, ma Roger si era iscritto all’ultimo momento e non era nel pieno dei suoi mezzi.

Beati gli svizzeri, comunque vada, perché uno svizzero in semifinale l’avranno comunque. Magari avrebbero preferito essere dalla parte opposta di Nadal, che invece dovrebbe poter disporre senza eccessive paturnie di chi vincerà fra Nishikori e Paire, nel match interrotto per oscurità sul 2 set a uno per il giapponese.

Laura Guidobaldi ha raccontato tutto e di più della vittoria di Nadal, la n.90 al Roland Garros – che numeri ragazzi! – del suo tredicesimo quarto di finale raggiunto a Parigi, così come Ilvio Vidovich ha lasciato per un giorno Djokovic, Balcani e dintorni per occuparsi alla grande di Roger Federer che invece di quarti di finale qui ne ha raggiunti soltanto… dodici, ma giusto per gradire negli Slam adesso ne ha messi insieme 54. È il terzo più anziano quartofinalista dell’era Open dopo Pancho Gonzales che ne aveva 40 nel 1968, primo Slam open della storia, e dell’ungherese Istvan Gulyas nel 1971. Chissà quanti record di anzianità batterà ancora Roger? I suoi sono come le ciliegie, uno tira l’altro.

Roger Federer – Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

L’IMPEGNO DI FOGNINI – Oggi per noi italiani l’attenzione è tutta incentrata su Fabio Fognini. Lui fa bene a dire di non essere favorito contro Zverev, sia pur sottolineando che il tedesco è più temibile sui campi veloci e forse non è al massimo della forma e della fiducia. È pur sempre però il n.5 del mondo e uno che ha vinto gli Internazionali d’Italia nel 2017 e fatto finale nel 2018. Difficile sostenere che non sia molto forte anche sulla terra battuta. Ok ha perso da Fabio a Montecarlo, però qui sta giocando meglio. Basterà? E come giocherà l’imprevedibile Fabio che, peraltro, ultimamente sembra un po’ meno imprevedibile del solito, come se l’exploit inatteso per noi e per lui stesso, gli avesse improvvisamente trasmesso una gran serenità.

Pubblicheremo in mattinata la traduzione di un eccellente pezzo dello scrittore americano Michael Mewshaw (autore di 22 libri) su Fognini di cui lui si professa un simpatizzante pur comparandolo a un… diavolo, addirittura a Satana, così come a suo tempo Andre Agassi aveva preso le sembianze di un pirata. Fabio scenderà in campo dopo Siniakova-Keys sul Lenglen, quindi avrete tempo di leggerlo. Altrimenti chi conosce la lingua inglese potrà leggere l’eccellente saggio su Ubitennis.net e vi assicuro che ne vale la pena.

Mi è piaciuto quando Michael, che si “vanta” di essere stato con me l’altro unico giornalista cui a Roma è stato revocato l’accredito dalla FIT – accadde tanti anni fa, aveva scritto un libro che non piacque a qualche federales di allora e lì il reo, mi duole dirlo, fu Cino Marchese… – ha scritto che ogni cosa di Fognini appare calcolata per prevenire gli spettatori dal tifare per lui. “Il suo baffo e pizzetto mefistofelico suggerisce che lui abbia visto e fatto cose che altri uomini non possono immaginare… e la sciarpa con il teschio quando era ancora testimonial del suo vecchio marchio, Hydrogen”.

Mewshaw si sofferma anche sulla camminata provocatoria di Fabio, per un uomo di quell’altezza, e strappa sorrisi per varie descrizioni che non vi voglio anticipare. Speriamo solo che Fabio vinca e possa affrontare Djokovic da quasi certo top 10. Vincesse con Zverev, infatti, scavalcherebbe chiunque perderà nel duello fra Kachanov e del Potro. E sarebbe top 10, salvo un improbabile miracolo di Wawrinka o Monfils con uno dei due campione del Roland Garros.

Fabio Fognini e Corrado Barazzutti – Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)
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