Fabio Fognini al 90% è top ten. 40 anni dopo… un traguardo meritato

Editoriali del Direttore

Fabio Fognini al 90% è top ten. 40 anni dopo… un traguardo meritato

PARIGI – Un gap infinito si riempie quasi certamente proprio quando Fognini perde la rivincita con Zverev mancando i quarti di finale. Tutto ora, però, dipende da Wawrinka

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Fabio Fognini - Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 
L’intervista di Fognini in italiano (dopo la parte iniziale inglese)

Sono gli strani scherzi del destino. Nel giorno in Fabio Fognini trangugia il boccone amaro di una sconfitta con Sascha Zverev in quattro set che poteva anche essere evitata se il match si fosse trascinato al quinto, come sarebbe stato possibile se Fabio avesse giocato con un po’ più di coraggio sulle palle break avute sul 4 pari e sul 5 pari, la vittoria di Khachanov su del Potro fa uscire l’argentino dai primi dieci e sembra proprio preludere al suo sospiratissimo ingresso fra i top ten, 40 anni dopo Corrado Barazzutti. Un gap pazzesco sarebbe finalmente chiuso. E francamente dopo quasi tre lustri al vertice del tennis italiano e quasi costantemente fra i top 20 Fognini meriterebbe ampiamente di raggiungere questo traguardo.

Del Potro infatti perde i punti conquistati con la semifinale parigina di un anno fa e viene scavalcato da Fognini, davanti al quale resta Khachanov n.9 (e anche Nishikori 7 e Anderson 8, ma non più Isner). Ma il condizionale per ora resta d’obbligo, perché teoricamente Fabio potrebbe venire a sua volta scalzato da un Wawrinka che fosse capace di battere uno dopo l’altro Federer e poi (probabilmente) Nadal e quindi (eventualmente) Djokovic. Tutto può essere, anche che il trentaquattrenne svizzero di Losanna che era precipitato a n.263 dopo il Roland Garros di un anno fa a seguito del doppio intervento chirurgico al ginocchio, abbia recuperato alla grande dopo le 5 ore e 9 minuti di aspra battaglia con Tsitsipas e sia capace di battere oggi anche la sua “bestia nera” Roger Federer che lo ha sconfitto 22 volte su 25.

Ma che Wawrinka dopo aver eventualmente battuto Federer sia in grado di battere anche (eventualmente) Nadal sulla terra battuta e poi, non ancora contento, anche Djokovic in finale, mi sembra un’ipotesi possibile ma altamente improbabile.

Mi sono voluto togliere allora la curiosità, controllando il mio sito www.ilgrandeSlam.it (nel quale, vi avverto, ci sono degli errorucci da aggiornare – per esempio Tsitsipas è ancora come best ranking n.8 perché il database era stato aggiornato a prima di Roma, e poi c’è qualche refuso nelle titolazioni di alcune sezioni). Si tratta di un lavoro enorme, da cui la FIT ha attinto a piene mani per molte delle sue più recenti pubblicazioni – da quando la stessa FIT ha bandito i miei libri perfino dalla biblioteca degli Internazionali d’Italia, meschinità degne solo di un… no comment – che avevamo studiato e realizzato con Luca Marianantoni, che però non si è più occupato degli aggiornamenti da diversi anni… perché non è un’opera che possa produrre un reddito, fino a che non troverò uno sponsor.

Ho dato un’occhiata ai quindici precedenti tennisti che – salvo errori od omissioni – hanno raggiunto come loro best ranking il n.10 della classifiche mondiali dell’era open. Questi sono Gorman (USA), Fibak (Polonia), Tulasne, Clement e Pouille (Francia), Pernfors, Svensson, Gustafsson e Larsson (Svezia), Carlos Costa, Carreno Busta e Mantilla (Spagna), Jaite e Monaco (Argentina), Gulbis (Lettonia). Ben quattro svedesi e tre francesi. Se aprite il sito vedrete che gli svedesi top ten sono stati ben 17 e i norvegesi nei top 30 nessuno. E gli italiani… solo due, Panatta e Barazzutti. Gli spagnoli invece sono stati 18 e i portoghesi nei top 25 nessuno. Vatti a spiegare perché fra vicini di casa, svedesi e norvegesi, spagnoli e portoghesi, ma anche francesi e italiani, ci sono diversità così rilevanti.

Mi incuriosiva vedere i vari top ten fermatisi proprio al n.10 ma, già che c’ero, ho guardato anche i 10 tennisti che hanno raggiunto come best ranking il numero 9 del ranking ATP, giusto per avere un’idea del livello e del loro palmares. Sono Metreveli e Chesnokov (Russia), Pecci (Paraguay), Scanlon (USA), Rosset (Svizzera), Puerta (Argentina), Srichapan (Thailandia), Massu (Cile), Almagro (Spagna), Johansson (Svezia).

Ebbene francamente cercando di valutare il più oggettivamente possibile i risultati di questi 25 giocatori e confrontandoli con quelli di Fognini e anche con la durata di questi tennisti nel ranking dei top ten, non mi pare che Fabio sfiguri. Certo ci sono due vincitori di un oro olimpico, Marc Rosset e Nicolas Massu, peraltro quando il tennis alle Olimpiadi non aveva il valore di questi ultimi anni, c’è colui che può essere considerato il più modesto vincitore di uno Slam, Johansson che vinse n Australia nel 2002 uno Slam buttato via da Safin, c’è un finalista di Wimbledon, Metreveli, ma nel 1973, l’anno del boicottaggio di un’ottantina dei migliori giocatori del mondo, c’è Pecci che ha fatto una finale con Borg al Roland Garros, ma poi ci sono anche una serie di giocatori cui certamente Fabio non ha nulla da invidiare. Sia come talento puro, che potrebbe contare e non contare, sia come permanenza prolungata fra i migliori 20 del mondo (e questo invece conta), sia come numero di tornei vinti (anche questo conta) e, ora che lui ha vinto un Masters 1000 e tanti di questi 25 invece no, conta anche quello.

Fabio Fognini – Montecarlo 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

Per questo sostengo che l’eventuale top ten di Fabio – con gli scongiuri del caso se per caso adesso Wawrinka dovesse realizzare il triplice miracolo (e sia chiaro che non ce l’ho con Wawrinka il quale, con tre Slam all’attivo, ha tutto il diritto di essere un candidato a vincere anche il quarto) – sarebbe un giusto premio alla sua prolungata attività in un’epoca in cui praticamente non solo 4 posti sono stati accaparrati dai soliti 4, i famosi Fab Four, ma ci sono stati anche diversi giocatori “sempiterni” quali Ferrer, Wawrinka, Berdych, Tsonga, che di fatto per anni e anni hanno lasciato sì e no due posti occupabili per tutti gli altri che magari, di anno in anno, sono cambiati per aver fatto exploit abbastanza estemporanei.

È vero anche, al contrario, che soltanto recentemente – dopo gli exploit dell’estate 2013 che lo videro salire fino al 13mo posto – Fabio ha potuto dimostrare di essere un serio contender per un posto fra i top ten. Per intendersi, Silvia Farina è stata molto più a lungo di lui lì lì per entrare tra le top 10, e poi per un verso o per l’altro ne è sempre restata fuori. Ma è stata per più anni nei paraggi, rispetto a quanto c’è stato Fognini. Il quale ha colto la vittoria a Montecarlo in circostanze abbastanza rocambolesche, dopo il set e il quasi 5-1 per Rublev al primo turno, e lui per primo anche in questo giorni parigini ha definito la sua vittoria a Monaco come un “inatteso miracolo anche per me”!.

Ma, come già scritto a suo tempo, allora che dire dei due grandi trionfi di Adriano Panatta nel 1976, con 11 match point annullati a Roma al primo turno e 1 a Parigi sempre al primo turno. La fortuna aiuta, non c’è dubbio, ma se nel caso dei top 4, o anche dei top 6 stabili, la fortuna ha avuto un peso relativo – anzi semmai è stata più la sfortuna, ad esempio, a far sì che Ferrer riuscisse a vincere un solo Masters 1000 – per i presenti estemporanei delle posizioni fra la n.7 e la n.15, sono state le circostanze che possono aver favorito il raggiungimento di quel traguardo da parte di questo o quel giocatore.

Aspettiamo a vendere la pelle dell’orso Wawrinka prima che qualcuno lo abbatta sul serio, magari già stasera lo sapremo, però Ubitennis e il sottoscritto provano a giocare d’anticipo e a tributare comunque vada a finire un grande applauso a Fognini per tutti questi anni di tennis ad alto livello. Livello che ha dimostrato nuovamente contro Zverev con alcuni colpi straordinari – più d’una mezza dozzina di smorzate fantastiche, alcune fucilate di dritto pazzesche – anche se nell’occasione il rovescio lungolinea lo ha purtroppo tradito, proprio quando contro un tennista come il tedesco dal grande rovescio ma dal dritto ballerino, avrebbe potuto essere il colpo determinante per fargli vincere una partita non impossibile. Avesse avuto un pochino più di coraggio in quelle due palle palle break avute sul 4 pari e sul 5 pari – quando era riuscito a rispondere e anche a procurarsi situazioni favorevoli sarebbe approdato al quinto – oggi forse saremmo qui a parlare di Fabio sicuro top 10.

Che alla fine, diciamo la verità, è un discorso tipico dei nostri tempi un po’ malati. Ma davvero se uno è il numero 11 del mondo e non è il numero 10 è così diverso? Non dovrebbe esserlo. Ma lo è. Diventa un mantra. Da Montecarlo in poi non si parla d’altro. Fabio accenna a quel “numerino magico”, noi tutti media ci caschiamo dentro come tonni nella rete. Io come tutti gli altri. Ma siamo proprio sicuri che sia civiltà mediatica? Comunicazione intelligente? Mah.

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