La pioggia ferma il Roland Garros ma non l’organizzazione

Editoriali del Direttore

La pioggia ferma il Roland Garros ma non l’organizzazione

PARIGI – Alle 16,30 qui hanno detto: “Basta, tutti a casa, rimborsiamo i biglietti”. Proprio come a Roma mercoledì 15 maggio…

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da Parigi, il Direttore

Il paragone fra quanto è successo a Roma nel giorno cancellato dalla pioggia, mercoledì 15 maggio, e quanto è successo a Parigi ieri, nasce inevitabile. Forse l’argomento è suggerito, più che dalla mia naturale propensione da maledetto toscano per la vis polemica, dal fatto che non essendo stata giocata una sola palla, non c’era granché di nuovissimo da scrivere.

Però voi sapete bene, e non solo perché a Roma qualche dirigente federale insofferente alle critiche ha pensato bene che fosse un bel modo democratico di agire quello di togliermi l’accredito con un pretesto ridicolo – cui tutte le associazioni nazionali (e non) della Stampa hanno replicato stigmatizzando la FIT e intimando a tutte le organizzazioni sportive di non comportarsi mai più così, e seguirà un monito anche da ITWA per FIT, ATP, WTA e ITF – che a Roma giocatori come Thiem e Goffin (ma anche Fognini e Cecchinato, prima di Djokovic e Federer che avevano appuntato i loro strali più sui campi e la loro manutenzione prima e durante le partite piuttosto che sulla disorganizzazione seguita alla giornata di pioggia) avevano contestato soprattutto il modo in cui erano stati trattati quel mercoledì 15 maggio. Cioè con assoluto poco rispetto per gente per la quale il tennis è professione più che puro divertimento.

Anche a Roma, come a Parigi, le previsioni meteo, alla vigilia e il giorno stesso ora dopo ora, non lasciavano spazio a dubbi: avrebbe piovuto in continuazione, senza tregua. Anche chi fosse attraversato da inguaribile ottimismo poteva pensare che, tutt’al più verso le 17 o le 18, dieci giocatori per cinque match avrebbero potuto scendere in campo. Perché allora tenere tutti gli altri lì? Perché non tener conto che a seguito delle ingenti annunciate misure di sicurezza necessarie per far fronte ai 25.000 tifosi dell’Atalanta e al doppio di quelli laziali, tutta la zona del Parco Olimpico sarebbe stata presidiata dalle forze dell’ordine e che sarebbe stato impedito sia l’accesso sia la partenza motorizzata dal Foro Italico? E consentire quindi ai tennisti che certamente non avrebbero potuto giocare comunque, di andarsene via per tempo, in modo da nutrirsi ad un’ora decente, e anche di fare quegli esercizi fisioterapici che Thiem e Goffin (e chissà quanti altri) avrebbero voluto poter fare per preparare i match dell’indomani?

Da una certa ora in poi si poteva lasciare la zona del Foro Italico solo a piedi. Poi, al di là del Tevere e del ponte Duca d’Aosta, verso piazza Mancini, ecco che le Peugeot della transportation potevano partire e portare i tennisti a destinazione. Idem i taxi. Niente di tutto ciò fu pensato. Non solo. Si cercò, allo scopo palese di non rimborsare i biglietti, di mettere nel programma serale un paio di match del pomeriggio per poter sostenere – anche se evidentemente quasi tutta la gente che aveva il biglietto diurno del 15 maggio dopo 10 ore di pioggia in zone quasi tutte scoperte se ne era giustamente già andata via – che se quegli spettatori avessero avuto pazienza, avrebbero potuto vedere dopo le 20 quel che non avevano visto dalle 10 alle 20.

Un comportamento di vergognoso cinismo a mio parere, nei confronti di appassionati cui una Federazione sportiva dovrebbe essere grata e riconoscente… a futura memoria. Gli appassionati che pagano caro un biglietto e che arrivano da tutt’Italia, sopportando i disagi di parcheggi che non ci sono, di prezzi salati per tutto quel che si può mangiare  o comprare, dovrebbero essere “accarezzati“ “coltivati” e non bistrattati. O peggio, fregati, come sarebbe stato se davvero uno o due di quei match quotidiani si fosse potuto disputare dopo le 20 come mamma – che mamma! – Fit sperava di poter fare.

IL ROLAND GARROS – Qua a Parigi, al di là del “liberi tutti” e soprattutto del “sarete tutti rimborsati a prescindere, anche se deciderete di utilizzare questo biglietto l’anno prossimo o di tornare domani sul ground” (un ground di 8 ettari, direi circa cinque volte più grandi di quelli del Foro Italico, che dà accesso anche ad eventuali posti liberi sul Lenglen), le idee sul daffarsi e su cosa comunicare agli spettatori infradiciati e delusi sono state subito chiare. Anche perché in tutte quelle ore di pioggia c’è stato tutto il tempo per pensare. Sia alla programmazione dell’indomani, sia a quella del venerdì (che porrà i problemi dichiarati dal direttore del torneo Guy Forget: fare giocare Federer-Nadal sullo Chatrier e le due semifinali donne contemporaneamente per non svantaggiare una delle due finaliste… magari bloccata per ore dalla pioggia).

Johanna Konta – Roland Garros 2019 (foto Roberto Dell’Olivo)

AGLI INTERNAZIONALI, INVECE… – A Roma è stata forse organizzata una conferenza stampa del direttore del torneo per spiegare che cosa la FIT avesse deciso di fare? Macché! Eppure fino a tardissima ora nessuno ha saputo che cosa sarebbe stato deciso. E gli spettatori che chiedevano il rimborso del biglietto venivano informati in modo assolutamente poco chiaro, senza considerare le incongruenze tra le diverse sezioni del sito ufficiale del torneo, che hanno impedito fino a sera di farsi un’idea su come il torneo avrebbe gestito la cosa. “Per i possessori dei biglietti odierni seguiranno comunicazioni…”, questo era il senso tutt’altro che tranquillizzante. Di fatto se ne stava ancora discutendo. Si fanno entrare tutti quelli che hanno il biglietto di mercoledì nella giornata di giovedì?

Soltanto tardissimo, quando non si capisce perché non si potesse averci pensato prima, fu annunciato che gli spettatori del mercoledì potevano venire al Foro dalle 10 alle 13, ma poi dovevano lasciare i loro posti (ma come? Nessuno ha mai spiegato come avrebbero dovuto farlo e come un servizio d’ordine avrebbe dovuto regolare quella pratica) agli spettatori del giovedì ai quali di fatto veniva sottratta una parte della giornata per la quale avevano pagato il biglietto per poter vedere tutto e senza una calca doppia di persone su certi campi.  Il caos fu notevole, perfino i vigili del fuoco si preoccuparono della situazione incontrollata e incontrollabile. Anche tutto questo caos, facilmente prevedibile, derivò dalla primaria cinica esigenza di rimborsare il minor numero di biglietti possibile, in barba al gradimento dei “clienti-appassionati-paganti”.

Di lettere di proteste è piena la nostra casella email, e immagino anche quella della FIT che – mi auguro sinceramente che lo abbia fatto – avrebbe dovuto quantomeno scusarsi di tutti i disagi causati con ciascuno dei possessori dei biglietti sia del mercoledì, sia del giovedì. È gente che ha acquistato biglietti via internet, quindi facilmente rintracciabile. Avrebbe dovuto essere un compito prioritario, ben più che il preoccuparsi di ritirare l’accredito a chi – come il sottoscritto – ha denunciato solo parte delle carenze manifestate in quell’occasione e in altre. Approfitto per rispondere qui anche a chi mi chiede per quale motivo certe disfunzioni vengono sottolineate da Ubitennis e non da altri media. Beh, non è colpa dei colleghi che non denunciano le stesse cose.

Se Ubitennis avesse acquistato i diritti TV o radiofonici degli Internazionali d’Italia, sapendo di doverli magari richiedere negli anni successivi, se Ubitennis avesse acquistato spazi commerciali all’interno del Foro Italico e avesse comunque in essere affari con la FIT, non sarebbe stato libero di sottolineare carenze e magagne, perché magari avrebbe potuto forse (tutto ciò va scritto e spiegato con cautela, non sto dicendo che ci sia una connessione obbligata fra tutto ciò…) mettere in discussione l’ipotesi di futuri contratti, accordi commerciali, diritti, perfino (visto come va il mondo…) perfino accrediti.

Spero di aver risposto all’interrogativo di quei lettori. E detto ciò vi saluto e spero che domani potrò scrivere di tutt’altro. Vi assicuro che preferisco scrivere di tennis giocato. Ma lo si deve giocare.

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