Fabio Fognini, il problema sono io. Ma se papà Fognini mi avesse dato una lezione…

Editoriali del Direttore

Fabio Fognini, il problema sono io. Ma se papà Fognini mi avesse dato una lezione…

LONDRA – Già, non sono state le bombe su Wimbledon. Due articoli di Repubblica e il commento del direttore di Ubitennis.com che, papà Fognini avrebbe voluto “fermare alla sua maniera”. “Montò il caso di Montecarlo”

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Fabio Fognini - Wimbledon 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

da Londra, il direttore

Stamani all’alba leggo su Repubblica due articoli, uno intitolato “Fognini c’è un complotto” e un altro “Mio figlio Fabio in famiglia è un tenerone… in campo una furia”.

Il primo articolo, pag 22, scritto da Luca Bottura, comincia così, testualmente: “Ha dato dello zingaro di merda a un avversario serbo che lo stava battendo ad Amburgo, mandato suo padre a fare in culo perché cercava di imitarne l’eloquio offensivo sul centrale di Montecarlo, dato della troia a una giudice di linea a Flushing Meadow, minacciato di menare un arbitro svedese a Shanghai, mostrato il medio al pubblico cinese, tirato la pallina in faccia, a Madrid, a un raccattapalle, sabato se l’è presa con gli inglesi che l’avevano confinato su un campo lontano dal centrale augurandosi una bomba giustiziera nella pancia di Wimbledon. E ha perso ogni volta”.

C’è qualche inesattezza, in questa ricostruzione delle scenate di Fognini, ma non è mia. Le avessi scritte io me ne avreste scritte di tutti i colori. Detto ciò, la sostanza non è alterata dalla forma.

Ma, prima che io passi a riprendere e commentare qualche passo dell’articolo-intervista di Paolo Rossi (pag.33) a papà Fulvio Fognini nel quale si legge, anche qui testualmente, che “è difficile combattere i denigratori, perché sono quello il vero problema…”, e più in basso a proposito del famoso episodio di Montecarlo 2014, riferito poco sopra da Luca Bottura, “Montecarlo? Voglio chiarire una volta per tutte questa storia: era al fisioterapista che diceva qualcosa, era accanto a me. Fu un simpatico giornalista italiano, con il quale è un decennio che abbiamo problemi, a montare la vicenda. La mia colpa è di non averlo fermato alla mia maniera, ma conoscendomi ho fatto bene”.

Ci torno fra poco su queste righe, anche se avrei un pizzico di curiosità di conoscere da Paolo Rossi che ha realizzato l’intervista e si trova qui a Wimbledon non lontano dal mio desk, che cosa abbia detto esattamente papà Fognini. Si sa che le interviste rappresentano quasi sempre una sintesi di quel che dice un intervistato, per ragioni di spazio e, talvolta, di opportunità.

A me sembra di capire, ma magari mi sbaglio, che per papà Fognini “il fermarmi alla sua maniera” avrebbe dovuto essere, nel migliore dei casi… beh non voglio dirlo. Anche perché non so se avrebbe auspicato di “fermarmi” di persona o per interposta persona. Proseguo con l’articolo di Luca Bottura, poi tornerò su quello di Paolo Rossi.

Si legge a seguito del “comincio” sopra riferito: “Chi mastica tennis, derubrica i raptus di Fabio Fognini, n.10 Atp, a una specie di sindrome di Tourette che sabota la sua classe cristallina. Forse. Ma c’è anche e soprattutto una sorta di sovranismo psicotico imbibito della stessa cultura che permea il Paese: se cadi, se sul campo principale c’è un altro e non tu, se ti chiamano fuori un colpo che era dentro, ma anche se era fuori, sticazzi, lo volevi dentro, c’è sempre un potere esterno indefinito che ha tramato contro. Quando è una donna, uno straniero, un perfido albionico, meglio. Ma va bene anche papà. Che rappresenta un altro tipo di nemico, la sommatoria di tutti, il più pericoloso: l’autorità costituita. Immanente. Che non solo ti è superiore per questioni fattuali, fisiologiche. Ma addirittura ti richiama al buonsenso”.

Fin qui mi complimento con Bottura. Poi però dissento da quello che scrive subito dopo, perché non conoscendo papà Fognini gli attribuisce pensieri che non gli passano dall’anticamera del cervello, anzi!, come emerge dall’intervista di Paolo Rossi. Bottura infatti prosegue, attaccando a quel “ti richiama al buonsenso” che già mi aveva fatto trasalire, perché di buonsenso ne ho sempre intravisto poco, anche nel padre, quello che segue: “Ti chiede di rispettare le regole e smetterla di piagnucolare chiedendo ordine e disciplina solo per gli altri. Lo Stato, diciamo. O come dovrebbe essere, quindi fanculo pure lui…”. Il resto, se volete, leggetelo su Repubblica.

Passo a commentare quelle dichiarazioni “aggressive” – credo di poterle chiamare così – di papà Fognini, visto che Rossi non ha potuto farlo, presumo per ragioni di spazio. E anche perché quando si fa un’intervista a volte si registra solo quel che dice l’interlocutore che quell’intervista ti ha concesso… e se ne smentisci precisamente una dichiarazione magari quell’intervista, la prossima volta, non te la darà più. Pubbliche relazioni. Personalmente sarei un po’ contrario a pubblicare qualunque frase e a non eccepire alcunché se un intervistato mi dicesse che Gesù è morto di sonno, ma ognuno è libero di esercitare il proprio mestiere come preferisce.

Estrapolo alcune dichiarazioni di papà Fognini che io considero le più significative in termini di messaggio paterno e educativo che ne viene fuori, e che possono far intendere dove è che germogliano certe erbe – ma di nuovo ecco il link all’articolo per leggerlo compiutamente, onde non si dica che sono state scelte a bella posta per travisare il tutto.

Alla domanda di Rossi “che gli passava per la testa?”, la risposta è: Ce l’aveva col campo, era un modo di dire. Ma avete mai fatto sport?.

Rossi interloquisce: “Sì però, qui si parla di professionisti”. Fulvio Fognini: “E che significa? Sono dei robot? E allora a Kyrgios che vorreste fargli? Ma per favore”.

Rossi: “Mica lo giustificherà?”. Fognini senior: “No, ma mi sembra che sia stato creato un putiferio non da poco…”.

Rossi: “Come genitore, dica la verità, è difficile essere il papà di Fognini?”. Fognini senior: “… È difficile e complicato”.

Rossi: “Appunto”. Fognini senior: “No, non ci siamo capiti: è difficile combattere i denigratori, perché SONO QUELLI IL PROBLEMA. Oltre che combattere in campo”.

Questo il mio primo commento: meno male che c’è quel no, lassù. Ma l’atteggiamento complessivo è chiaro. Fabio è una vittima dei denigratori, sono quelli il problema, i criticoni, i bacchettoni, per lo più in malafede che ce l’hanno con lui. Qualcuno saprebbe spiegare perché? Mah… Se papà si fosse fatto tradurre la stampa internazionale, oggi e ieri, chissà cosa avrebbe detto. Un complotto internazionale? Di quelli che però per Berrettini, Sonego, Seppi, Bolelli, e ne cito solo alcuni, non si è mai verificato.

Mi direte ora: ma che volete che dica un padre? Al che io ribatto: se un padre avesse fatto quello che hanno fatto tanti altri, e tirato fuori dal campo suo figlio le prime tre volte che si fosse comportato come gli è sempre stato permesso, Fabio non sarebbe arrivato a dire e fare tutte quelle cose descritte da Luca Bottura all’inizio del suo articolo e che, seppur magari un tantino imprecise (ma non troppo), sono numericamente molto meno di quelle successe e registrate. Ma il rimedio, secondo papà Fognini, non sarebbe stato dare una lezione al figlio. Ma al sottoscritto. Vabbè…

Arrivo alla parte che mi riguarda, perché è chiaro a tutti che quando papà Fognini dice “fu quel simpatico giornalista italiano… con il quale è un decennio che abbiamo problemi” quello sono io. Che poi rimpianga, da una parte, di non avermi “fermato alla mia maniera”, beh, no comment. Mi voleva forse picchiare? Mi pare più elegante sorvolare.

Solo che papà Fognini pare aver dimenticato che tutto quello che disse Fabio quel giorno nel suo match contro Tsonga, fin dal primissimo punto – incredibile eh! – quando rimproverò subito alla sua maniera il giudice di linea francese (“Francese di…” vi lascio immaginare) per una chiamata a suo dire sciovinista che il replay televisivo mostrò essere corretta, fu captato dai microfoni tv. Gli insulti di Fabio furono rivolti al plurale. A più destinatari dunque. La telecamera li inquadrò.

Li sentirono e subito commentarono i telecronisti di quel match, Pero e Bertolucci, per solito assai prudenti nel prendere una posizione critica nei confronti di un tennista italiano. L’indomani la Gazzetta dello Sport, che forse si sarà fidata di un giornalista più… simpatico alla famiglia Fognini di quanto lo fossi io, riportò per filo e per segno tutto quel che disse Fognini con tutti i dettagli del caso. Come fecero più o meno tutti, anche la maggior parte dei colleghi non presenti al Country Club che avevano visto la tv in diretta o differita.

La differenza con gran parte dei media, sta nel fatto che Ubitennis ospita circa 700.000 commenti all’anno da parte dei lettori, fra i quali si annidano certamente quelli che papà Fognini chiama “denigratori”. Non sempre politically correct, non sempre facilmente controllabili quando di post ne arrivano anche a migliaia in certi giorni e qualcuno trascende. È il problema di tutti i siti web, dei social, della società contemporanea. Spesso, anche fra quelli pervenuti di recente, ce ne sono alcuni che io e la redazione (che ne modera la stragrande maggioranza per ovvi motivi) non condividiamo. Ma restano rispettabili, se espressi in termini civili, in quanto libere opinioni. Anche quelle più… aggressive, dei cosiddetti leoni da tastiera.

Ma anche tutti i “difensori” di Fabio hanno trovato lo stesso spazio, qui, dei cosiddetti “denigratori”, per le cui posizioni – dei primi come dei secondi – non mi considero responsabile. Io i miei articoli e commenti li firmo tutti. Non nascondo la faccia… per usare un’espressione tanto cara a Fabio e tanto usata in tante occasioni.

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