Gianluca Moscarella rischia la radiazione. Ha sbagliato, ma non ha ucciso nessuno

Editoriali del Direttore

Gianluca Moscarella rischia la radiazione. Ha sbagliato, ma non ha ucciso nessuno

EDITORIALE – Una condotta inaccettabile, ingiustificabile, dell’arbitro Gold Badge ITF, soprattutto nei confronti dell’innocente giovane raccattapalle. Punire sì, ma senza eccedere nel giustizialismo e nella distruzione dell’uomo

Pubblicato

il

Gianluca Moscarella - Firenze Tennis Cup 2019 (foto Stefan Polini)
 

È francamente imbarazzante, a dir poco, anzi pochissimo, quel che è successo nella mia Firenze, nel mio circolo delle Cascine, un po’ sotto ai miei occhi, un po’ vicino alle mie orecchie. E mi riferisco alla vicenda di cui buona parte del microcosmo del tennis in questi giorni parla: cioè quella che ha avuto per protagonista, e reo, l’arbitro Gianluca Moscarella.

Era giovedì e avevo seguito sul campo n.1 del CT Firenze la strenua lotta ingaggiata da Paolo Lorenzi con colui che avrebbe vinto la Firenze Tennis Cup, l’argentino Marco Trungelliti. Paolo aveva perso da poco 6-4 6-7 7-5 e io nell’articolo pubblicato su Ubitennis avevo riferito della sua arrabbiatura con queste righe: “… Paolo, che ha dovuto subire – proprio quando serviva sul 5-6 – una sciocca sospensione di 6/7 minuti dovuta alla riparazione di un buco (minimo) che si era formato nella rete. Francamente l’arbitro avrebbe potuto aspettare la conclusione del match o semmai decidere per la riparazione sul 6 pari. Paolo un po’ si è innervosito, un po’ si è freddato (ed era già piuttosto provato, a quasi 38 anni meno pause si hanno e meglio è), fatto sta che in un baleno si è trovato sotto 0-40 con tre match point da annullare e non ce l’ha fatta”.

Cinque minuti dopo la conclusione della partita avevo sfiorato davanti alla segreteria del CT Firenze Christian Brandi, l’allenatore di Lorenzi (ma anche di Dalla Valle e di Napolitano, tutti “allievi” del Piatti Tennis Center di Bordighera). Era letteralmente furibondo. Poiché avevo seguito con i miei occhi l’episodio del buco nella rete, della sua riparazione, dello stop che di sicuro non aveva giovato a Lorenzi, mentre lo sentivo lamentarsi concitatamente con il supervisor, restavo interdetto nel sentir dire a Christian Brandi, un tipo per solito piuttosto tranquillo: “Quello lì vuol far sempre il fenomeno!”.

Ma mi sono allontanato da quel serrato conciliabolo, perché ero lì per caso e non mi pareva il caso di restare lì ad orecchiare. Solo che quella sola frase captata mi aveva incuriosito. Non ero proprio riuscito a capire chi fosse il presunto fenomeno. Infatti non poteva essere l’arbitro di Trungelliti-Lorenzi. Questi aveva forse sbagliato per inesperienza, avrebbe potuto aspettare o la conclusione della partita oppure l’eventuale 6 pari, per far rattoppare un buco piccolissimo che non avrebbe certo pregiudicato il prosieguo di un match comunque agli sgoccioli. Magari quell’arbitro non poteva immaginarsi che per riparare il buco ci sarebbero voluti 6/7 minuti. Ma, insomma, se aveva sbagliato lo aveva fatto in buona fede, ma non aveva però fatto il fenomeno.

Chi era dunque il fenomeno? Avrei saputo e capito solo più tardi – ma senza che mi si raccontassero i dettagli che avrei scoperto più tardi – che il riferimento era rivolto a Moscarella, arbitro di fama internazionale, Gold Badge, e che per l’appunto pochi giorni prima aveva avuto notizia che dal 2020 sarebbe stato impegnato sul circuito ATP per un minimo di 24 settimane. E in conseguenza di ciò aveva prontamente annunciato le sue dimissioni (a partire dal prossimo gennaio 2020) da consulente-collaboratore del marketing e acquisizione sponsor di RCS-Gazzetta dello Sport. Per inconciliabilità di tempi.

Quella sera stessa apprendevo che Moscarella aveva lasciato in fretta e furia, rabbuiatissimo, il torneo di Firenze adducendo gravi motivi familiari. Senza quasi salutare nessuno. Macché problemi familiari! Era successo tutt’altro. Che cosa?

Era successo che – ho potuto ricostruire – Enrico Dalla Valle, il quale aveva perso 7-5 4-6 6-4 in un match di secondo turno da Sousa (… per via della pioggia i match si erano accavallati), si era fortemente stupito – lui in persona per primo o forse un suo amico che lo aveva informato – del fatto che a margine della sua sconfitta si fossero scatenati tanti post di tanti lettori, addirittura ottanta, su un sito e un social. Era accaduto che Stefano Berlincioni – un appassionato che ama riguardare in stream gli incontri registrati che non può vedersi in diretta (forse dovrei chiedergli di collaborare con Ubitennis… la porta è aperta!) – nell’ascoltare tutta la registrazione si era accorto dell’incredibile conversazione avvenuta fra Moscarella e Sousa di cui Ubitennis ha riferito nei giorni scorsi. E lo aveva divulgato coram populo con il tam tam dei social che avevano fatto il resto.

Ovviamente quella conversazione non poteva non arrivare alle orecchie di Christian Brandi che non ha potuto fare a meno di denunciare l’accaduto per – più che legittimamente – risentirsene con il supervisor. Non so se questi fosse già stato messo al corrente, ma certo è che appena ne ha preso conoscenza ha avvertito i suoi superiori in ATP e subito poi invitato Moscarella a lasciare Firenze e il torneo in fretta e furia. Nel rivedersi tutto il nastro del match – per esaminare il caso Sousa-Dalla Valle – ecco saltare fuori anche l’incresciosa e certamente ancora più incredibile vicenda che ha coinvolto l’innocente ragazzina raccattapalle che frequenta la quarta liceo dello sportivo Dante Alighieri e che non poteva certo immaginarsi di poter ricevere da un arbitro professionista della reputazione di Moscarella frasi come quelle che lui ha invece pronunciato.

Catalogarle come un eccesso di confidenza parrebbe interpretazione troppo benevola. Chi l’aveva vista nelle immagini registrate l’aveva creduto più piccola della sua età. Per questo motivo si è diffusa la voce ancora più inaccettabile che Moscarella avesse rivolte quelle frasi a una ragazzina di 13 anni (apparendo così ancora più incredibili). Non che rivolgerle a una di 17 sia molto diverso, però emozionalmente avrebbero forse fatto appena un po’ meno effetto.

La ragazzina, prevedibilmente piuttosto turbata, è stata inevitabilmente sentita perché si doveva capire se avesse realizzato quel che non è detto avesse udito pienamente (vero? falso?). E anche se ci fosse stato magari qualcos’altro prima o dopo che fosse eventualmente sfuggito ai microfoni (della cui esistenza un tipo esperto come Moscarella avrebbe dovuto essere ben al corrente… il che stupisce ancora di più per la inimmaginabile leggerezza dimostrata). La ragazza, oltre che turbata, quando è stata interrogata, era anche comprensibilmente spaventata. “Non avrò mica io qualche colpa?” pare abbia detto, prima di venire ovviamente rassicurata e tranquillizzata.

Vi potete quindi facilmente immaginare quanto irritati (furibondi in realtà!) fossero sia i genitori sia il preside della scuola che aveva aderito con grande entusiasmo – come del resto tutti i ragazzi – alla proposta del CT Firenze di impiegare i ragazzi del liceo sportivo come raccattapalle. Talmente entusiasti loro da venire ad assistere anche alle finali in massa, compresi quelli che ormai non sarebbero stati più impiegati. Una esperienza interessante, per loro, vivere dall’interno un torneo professionistico, imparando dal vivo del torneo tante cose che vanno al di là dell’imparare cosa è il tennis, il suo punteggio, le necessità dei tennisti, che cosa è un torneo professionistico e altre cosucce che per uno studente di un liceo classico non sono certo necessarie o importanti, ma per chi invece frequenta un liceo sportivo possono anche diventare utili apprendimenti.

Un anno fa, per la prima edizione della Firenze Tennis Cup – primo torneo professionistico dopo 22 anni di assenza a Firenze – i dirigenti del CT Firenze erano diventati matti per garantire la presenza dei raccattapalle nelle gare mattutine. I ragazzi erano infatti a scuola. Quest’anno si era pensato a risolvere la questione organizzandosi così, d’accordo con il preside e favorendo anche con biglietti omaggio l’ingresso dei genitori dei ragazzi al torneo.

Adesso, dopo questo episodio che porterà certamente serie conseguenze alla carriera di arbitro di Moscarella – il cui comportamento non ha bisogno di commenti banali se non che tutti nell’ambiente ci si chiede con malcelato e grande stupore come abbia potuto incorrere in tali terribili leggerezze, accumulandole poi in un solo giorno – giustamente sia il presidente del CT Firenze Giorgio Giovannardi sia il preside del Liceo Dante Alighieri si preoccupano soltanto di evitare ulteriori traumi alla ragazzina che è certo un po’ stranita per tutto quanto le è successo, per un’attenzione smisurata e certamente non desiderata.

D’altra parte la vicenda, che ha trovato eco su tutti i giornali nazionali, ma anche media internazionali a causa sia dell’accaduto sia anche della notorietà dell’arbitro in predicato di diventare uno dei top-umpires del circuito ATP, non poteva essere sottaciuta. Qualcuno dice che l’eco sarebbe stata esagerata se la incredibile condotta di Moscarella – continuo a usare lo stesso aggettivo, incredibile, perché non ha senso cercarne altri, ognuno aggettivi la sua condotta come sente o preferisce – si fosse limitata alle esortazioni fatte a Sousa, con il quale evidentemente Moscarella ha un rapporto estremamente confidenziale che un arbitro non dovrebbe né avere né tantomeno palesare. Ma le frasi dette alla ragazzina raccattapalle sono francamente e assolutamente inaccettabili.

E non possono restare impunite. Come, quanto? Non sta a me dirlo. Moscarella lo conosco da tempo, ci siamo parlati diverse volte e non riesco a capire che cosa gli abbia potuto prendere all’improvviso quel giorno. Ci sono state volte in cui mi è parso un po’ troppo sicuro di sé, magari eccessivamente estroverso in certe sue manifestazioni… ma alla fine – per quanto le sanzioni saranno inevitabili e probabilmente pesanti; non mi sento di escludere che in un’associazione nata negli USA come l’ATP non si arrivi addirittura a una radiazione perché oggi più di ieri i commenti anche più vagamente macho-sessisti di quelli pronunciati da Moscarella suscitano forte riprovazione – provo anche umano dispiacere per chi ha probabilmente rovinato in una giornata di follia quasi tutta una vita e una carriera che sembrava ben avviata.

Oggi è facile condannarlo e non ci sarà chi non lo faccia senza trovargli alcuna giustificazione, alcun alibi. Ma nessuno può sapere fino in fondo che cosa possa aver scatenato nella sua testa, nella sua mente – magari veri problemi familiari? – tutto quel che ha detto e fatto. Un conto è augurarsi una punizione salutare perché certi deprecabilissimi episodi non abbiano a ripetersi, un altro è distruggere per sempre una vita, una persona. Ha sbagliato, certo che ha sbagliato, e ha sbagliato pesantemente. In modo oggettivamente inqualificabile. Soprattutto nei confronti della sua innocente “vittima”, una ragazzina minorenne, e in un ambiente, quello dello sport, dove la sanità dei comportamenti è – e deve essere – ancora più richiesta che in altri. Però attenzione anche a non esagerare. Ogni giorno assistiamo, leggiamo di orribili delitti, crimini che restano quasi impuniti. Moscarella non ha ucciso nessuno.

Difatti, mi direte, non rischia il carcere ma solo l’interruzione di una carriera. Beh non è davvero poco. D’ora in poi sarà sicuramente esposto al pubblico ludibrio, a una condanna morale che nessuno gli risparmierà (e che magari soltanto 20 anni fa sarebbe stata meno accanita: anche del “me too” e dei casi di vere molestie sessuali si parla e si condanna ovunque unanimemente soltanto da tempi piuttosto recenti) e questa è già pesantissima. È necessario l’ergastolo? Al produttore americano Harvey Weinstein sono stati contestati, sia pur a distanza di anni, decine di episodi di molestie e aggressioni sessuali. Colpevole con ripetuta recidiva. Per Moscarella, almeno al momento per quanto io sappia, non mi pare siano emersi altri episodi del genere fiorentino. Mi pare ci sia una discreta differenza. Punire uno per educare molti? Certo. Se saltassero fuori altri episodi del genere imputabili a Moscarella, che quindi potesse considerarsi recidivo, allora una sua pur quasi insostenibile difesa non avrebbe alcun senso. Altrimenti sarebbe a mio avviso da tenere in considerazione che quest’uomo di 47 anni ha arbitrato migliaia di partite. Mille, duemila, tremila? Ha dato di fuori di matto un giorno, fino a prova contraria. Pena di morte professionale? Sarebbe un po’ come se a un uomo che si è comportato onestamente per una vita, ma che per un giorno fosse caduto nella tentazione di commettere un furto e fosse stato pescato in flagrante… dopo la condanna e l’espiazione della meritata pena, si rifiutasse ogni possibilità di reinserimento nella società e nel mondo del lavoro.

Io, fin dai miei primi studi giuridici, sono sempre stato per il recupero alla vita dei condannati (figurarsi per gli appassionati di tennis), per una pena rieducativa che consenta consapevolezza, pentimento e ravvedimento. E sono sempre stato contrario ad ogni facile giustizialismo. Sia pure, al contempo, senza eccedere nel perdonismo. Sono, insomma, sempre per l’equilibrio della pena. Punite il povero Moscarella, certamente reo, ma non distruggetelo per sempre.

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement