Alla prova dei fatti, stagione WTA 2019 - Pagina 2 di 4

Al femminile

Alla prova dei fatti, stagione WTA 2019

Da Amanda Anisimova a CoCo Vandeweghe, top e flop delle previsioni avanzate all’inizio dell’anno

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Bianca Andreescu - US Open 2019 (foto via Twitter, @usopen)
 

Rebecca Peterson
ranking 31 dicembre 2018: n°63
ranking  4 novembre 2019: n°43
Differenza: + 20
Qualità/difficoltà della previsione: alta
Considero la “scommessa” su Peterson la migliore tra le 14 ufficiali di quest’anno (di quelle ufficiose scriverò poi). Perché l’ho fatta basandomi su una impressione esclusivamente tecnica, nonostante tutti gli altri indicatori consigliassero prudenza.

Mi spiego. Peterson non è certo anziana, ma non è nemmeno giovanissima: è nata il 6 agosto 1995, e fra il 2015 e il 2017 si era assestata nella fascia 100 – 200 della classifica. Nel 2018 improvvisamente aveva compiuto un progresso di oltre cento posizioni, ma lo aveva fatto grazie a ottimi risultati negli ITF e a discreti piazzamenti negli International WTA.
In pratica per crescere ulteriormente in classifica nel 2019 occorreva per forza cercare punti in tornei più grandi o arrivare a sfiorare la vittoria negli International. Significava compiere un altro notevole progresso, e alla sua età non era affatto scontato. Però mi era capitato di seguirla diverse volte nel 2018 e alcuni suoi picchi di gioco mi avevano colpito.

Quest’anno Rebecca ha sconfitto Stephens a Washington, Konta a Cincinnati e poi ha vinto due tornei International (primi WTA in carriera) in settembre e ottobre: Nanchang e Tianjin. E così ha assommato 1275 punti, ottenendo un ranking ben dentro la Top 50.

Ons Jabeur
ranking 31 dicembre 2018: n°60
ranking  4 novembre 2019: n°77
Differenza: – 17
Qualità/difficoltà della previsione: sbagliata
Sapevo che scommettere su Jabeur sarebbe stato un azzardo, perché Ons è una tennista imprevedibile. Grande talento nel braccio, ma qualche limite nel fisico: non mobilissima e con tendenza all’infortunio. In più nel 2018 aveva ottenuto un risultato importante difficilmente ripetibile, la finale del Premier indoor di Mosca.

Ma siccome mi piace il suo tennis, avevo puntato su di lei con la speranza che trovasse la settimana di ispirazione in un torneo di rilievo. Ed effettivamente sembrava che il momento fosse arrivato nel Premier di Eastbourne, dove aveva raggiunto la semifinale contro Kerber. Purtroppo però quella partita non ha potuto giocarla, a causa di una distorsione alla caviglia subita nel match precedente. E così Angelique è avanzata in finale senza nemmeno dover scendere in campo, mentre a Ons è sfuggita la migliore occasione del 2019 per conquistare punti pesanti. Un peccato per lei e, in piccolo, anche per me.

Aleksandra Krunic
ranking 31 dicembre 2018: n°55
ranking  4 novembre 2019: n°165
Differenza: – 110
Qualità/difficoltà della previsione: gravemente sbagliata
Forse direte che quello che sostengo è del tutto strampalato, eppure la penso così: trovo sorprendenti affinità fra Aleksandra Krunic e Sloane Stephens. Innanzitutto per l’età, visto che sono nate a soli cinque giorni di distanza (Aleksandra il 15 marzo 1993, Sloane il 20 marzo). Poi perché sono due delle tenniste più rapide del circuito, se non le più rapide di tutte. Ma non è solo questo ad avvicinarle. Secondo me il maggior punto in comune è un tratto del carattere: se scendono in campo nella giornata giusta, sono davvero complicate da superare; se invece manca l’ispirazione, danno la sensazione che la vittoria per loro sia un optional poco importante.

Nel 2018 Krunic aveva raggiunto il best ranking (numero 39), sconfitto due Top 10 (Muguruza e Svitolina) e vinto il torneo di s’Hertogenbosch. Ho pensato che questi traguardi sarebbero stati uno stimolo per fare ancora meglio, e provare a essere protagonista in eventi importanti, come forse le è accaduto una sola volta in carriera, agli US Open 2014 (quando dopo aver sconfitto Keys e Kvitova aveva perso al quarto turno impegnando allo spasimo Azarenka). Invece Aleksandra è andata incontro a una stagione terribile, con solo 11 vittorie a fronte di 23 sconfitte e appena 362 punti WTA conquistati.

In questo 2019 di poche soddisfazioni, se non altro ha ottenuto un significativo successo “politico”: è stata eletta dalle colleghe fra le 8 rappresentanti del Players’ Council WTA. Con lei ci sono Ahn, Dabrovski, Keys, Konta, Pavlyuchenkova, Vekic e, naturalmente, Sloane Stephens.

Victoria Azarenka
ranking 31 dicembre 2018: n°51
ranking  4 novembre 2019: n°50
Differenza: +1
Qualità/difficoltà della previsione: corretta solo formalmente
Sicuramente non era il progresso di una sola posizione ciò che mi aspettavo da Azarenka nel 2019. Fra l’altro Vika ha migliorato di un soffio, visto che alla posizione 51 Tomljanovic ha ottenuto lo stesso numero di punti (1115), ma risulta dietro per la regola WTA che in caso di parità privilegia chi ha raccolto di più nei tornei maggiori (norma 5.a.i).

Azarenka in stagione è stata vicina al recupero ad alti livelli in due mesi primaverili (aprile e maggio) che hanno coinciso con la finale di Monterrey, le vittorie a Stoccarda su Pliskova e a Roma su Svitolina e Bencic. Ma nel resto dell’anno è mancata la consistenza, con tante partite perse dopo avvii positivi e la difficoltà a giocare bene nei momenti importanti, una delle caratteristiche migliori della Azarenka dei tempi d’oro.
In più un problema alla spalla ha messo fine anzitempo alla sua stagione, con forfait ai tornei asiatici post-US Open. Il 2020 si avvicina con più dubbi che certezze.

Anastasia Pavlyuchenkova
ranking 31 dicembre 2018: n°42
ranking  4 novembre 2019: n°30
Differenza: +12
Qualità/difficoltà della previsione: media
Dopo tanti anni in Top 20-30, Pavlyuchenkova nel 2018 aveva avuto una stagione opaca, scendendo alla posizione 42. Per una giocatrice che si avviava verso i 28 anni (è nata nel luglio 1991), si trattava di scoprire se la flessione era temporanea o l’inizio della parabola discendente.

Per la prima metà del 2019 le cose hanno avuto un indirizzo poco decifrabile: quarti di finale agli Australian Open, ma anche uscite al primo turno a Indian Wells e Miami; e così in estate si era ritrovata numero 45. Però evidentemente Anastasia aveva altre idee sul proprio futuro: l’ingaggio in settembre di un coach come Sam Sumyk, fresco di separazione da Muguruza, ha dimostrato la volontà di investire su se stessa e sulla possibilità di fare bene ad alti livelli.
I risultati sono immediatamente arrivati, con le finali a Osaka (battuta da Osaka) e a Mosca (battuta da Bencic), e un progresso in classifica che potrebbe permetterle di essere testa di serie al primo Slam del 2020.

a pagina 3: Le giocatrici di vertice

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