WTA, diario di un decennio: il 2016 - Pagina 3 di 5

Al femminile

WTA, diario di un decennio: il 2016

Settima puntata dedicata agli anni ’10 in WTA i due Slam di Angelique Kerber, il Roland Garros di Garbiñe Muguruza, Serena Williams che raggiunge Steffi Graf e altro ancora

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Karolina Pliskova e Angelique Kerber - US Open 2016
 

La stagione su terra
Nel 2016 un aspetto è ormai inequivocabile: sono finite le annate in cui tra Stoccarda, Madrid, Roma e Parigi le vittorie si concentravano nella mani di Williams e Sharapova. Con Maria squalificata e con Serena che centellina i tornei, i titoli si distribuiscono su più nomi: Kerber a Stoccarda, Halep a Madrid, Williams a Roma.

Nessuna di loro vincerà il Roland Garros. Il torneo parigino, vedrà la affermazione di un nome nuovo, con una particolare rilevanza generazionale. A parte Kvitova a Wimbledon, infatti, nessun’altra giocatrice nata negli anni ’90 è ancora riuscita a conquistare un Major. A sfatare il tabù è Garbiñe Muguruza (nata nell’ottobre 1993), che conquista Parigi con un percorso che non ammette repliche.

Roland Garros 2016
Il Roland Garros è caratterizzato dal brutto tempo. Piogge continue mettono in difficoltà non solo gli organizzatori del torneo, ma l’intera città di Parigi, alle prese con la piena della Senna e le esondazioni del fiume in vari punti del territorio. Ecco la Senna fotografata il 3 giugno, giorno nel quale si svolgono le semifinali femminili.

La Senna il 3 giugno 2016

La Senna il 3 giugno 2016

Per quanto riguarda il tennis, oltre agli inevitabili ritardi causati da stop e sospensioni, ci sono profonde conseguenze tecniche. Innanzitutto in alcuni giorni, per non stravolgere oltre il tollerabile il programma, occorre accettare situazioni limite, giocando alcuni match sotto la pioggia, quando questa non è troppo intensa.

E poi con campi e palle così pesanti, nel torneo femminile arrivano in semifinale quattro “pesi massimi”. Cioè tenniste molto forti fisicamente e dotate di notevole potenza, indispensabile per far viaggiare la palla in queste condizioni. Nella parte alta Serena affronta in semifinale la sorpresa Kiki Bertens, che non è testa di serie, ma in questo torneo compie un deciso salto di qualità.

Nella parte bassa torna protagonista una vecchia conoscenza parigina come Samantha Stosur (finalista nel 2010, semifinalista nel 2009 e 2012), e la 22enne Muguruza.

Bastano due set sia a Williams che a Muguruza per conquistare la finale. Serena e Garbiñe hanno lasciato per strada un solo set in sei partite, e tornano ad affrontarsi in una finale Slam a distanza di 11 mesi. A Wimbledon 2015 aveva avuto la meglio Serena, ma c’era l’erba ad avvantaggiarla.

Sulla terra parigina il precedente è invece di segno opposto. Si erano già incrociate nel 2014 e la giovane spagnola, allora fuori dalle teste di serie, aveva eliminato Serena al secondo turno con un netto 6-2, 6-2.

Muguruza b. Williams S. 7-5, 6-4 Roland Garros, Finale
Il confronto è equilibrato, fra due giocatrici che mettono sulla palla una potenza simile. Nel primo set Muguruza ottiene un break nel quinto game, ma Williams lo recupera nell’ottavo. Il break decisivo arriva sul 5-5 a favore di Garbiñe, che poi riesce a consolidare sul 7-5.

Secondo set. Tre break consecutivi portano Muguruza in vantaggio 2-1 e servizio. E da questo momento si seguirà la logica dei servizi, anche se Serena rischia grosso sul 3-5 quando salva 4 match point. Si pensa che Garbiñe possa subire il contraccolpo delle occasioni non sfruttate e invece conquista addirittura a zero l’ultimo game. 7-5, 6-4 in 105 minuti.

Tatticamente a mio avviso è una partita piuttosto lineare: Muguruza ha vinto innanzitutto perché sui punti importanti ha saputo più spesso utilizzare i lungolinea e con questo ha destabilizzato una Williams prudente e conservativa nei cambi di gioco, forse troppo portata allo scambio statico sulle diagonali.

E poi Garbiñe è stata superiore negli spostamenti e più capace di tenere una posizione a ridosso della linea di fondo durante lo scambio. Personalmente non ho nemmeno avuto la sensazione che per vincere abbia dovuto sfoderare la “partita della vita”; si è trattato piuttosto di una prestazione solida ed efficace. Quindi non un miracolo irripetibile, ma una performance coerente con le sue potenzialità.

Se allarghiamo l’analisi alle altre sconfitte di Williams nel periodo, scopriamo che questo match propone delle novità. In quegli anni chi aveva messo più in difficoltà Serena erano state le giocatrici in grado di contenere e contrattaccare, allungando il palleggio: come accaduto a Kerber agli Australian Open 2016, o come aveva saputo fare a volte Azarenka. Sembrava invece più difficile che Serena si facesse battere da tenniste che si ponevano sostanzialmente alla pari in termini di aggressività, se si esclude la sconfitta contro Kvitova a Madrid 2015.

Invece in questa finale la capacità di non farsi sopraffare da parte di Garbiñe è stata una costante del match. Perfino il maggior numero di doppi falli (9, contro i 4 di Serena) lascia intuire la volontà di spingere e non cedere l’iniziativa anche sulla seconda di servizio. Alla fine i numeri le danno ragione: ha vinto il 45,4 % di punti sulla seconda contro il 42,8% di Serena.

Ultimo dato, quasi superfluo da ricordare: sul piano storico per Serena significa dover rinviare il traguardo con lo Slam numero 22, che le permetterebbe di eguagliare il record di Steffi Graf.

a pagina 4: Wimbledon e le Olimpiadi

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