WTA, diario di un decennio: il 2016 - Pagina 4 di 5

Al femminile

WTA, diario di un decennio: il 2016

Settima puntata dedicata agli anni ’10 in WTA i due Slam di Angelique Kerber, il Roland Garros di Garbiñe Muguruza, Serena Williams che raggiunge Steffi Graf e altro ancora

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Karolina Pliskova e Angelique Kerber - US Open 2016
 

Wimbledon 2016
I Championships 2016 sono uno Slam “a rovescio”: i match più emozionanti si svolgono nei primi quattro turni, mentre dai quarti di finale in poi tutte le partite si decidono in due set senza particolari incertezze.

Ricordo alcuni match della prima settimana. Daria Kasatkina, giovane promessa nata nel 1997, è sconfitta dopo un confronto di quasi tre ore da Venus Williams, in un match interrotto più volte dalla pioggia. Venus deve lottare fino al 10-8 del terzo set.

Altra sconfitta “eroica” di una giovane del 1997 è quella di Ana Konjuh, eliminata 9-7 al terzo da Radwanska dopo una sfortunatissima caduta da parte di Ana, che scivola sulla palla in una rincorsa in avanti.

Ancora Radwanska protagonista di un 9-7 questa volta perdente contro Cibulkova, in un match di massima intensità. Infine un altro 9-7 permette a Vesnina di sconfiggere Makarova nel confronto che mette una contro l’altra due abituali compagne di doppio. Con questa vittoria Vesnina compie un passo decisivo verso la prima semifinale Slam della carriera.

La nota inattesa è il ritorno in una semifinale Slam da parte di Venus Williams: non accadeva dagli US Open 2010.
Ma alla fine le protagoniste della partita che assegnerà il titolo sono le stesse degli Australian Open di inizio anno: Serena supera Vesnina e Kerber batte Venus. Match chiusi in due set.

Williams b. Kerber S. 7-5, 6-3 Wimbledon, Finale
E quindi a Londra si assiste al remake della finale australiana. Questa volta però a prevalere è Serena, che rispetto alla partita di Melbourne conta su due fattori favorevoli: la superficie e i progressi nel gioco di volo. Se a Melbourne Williams aveva raccolto appena il 47% di punti a rete (15 su 32), a Londra il dato sale al 73% cioè 16 su 22, e non è un aspetto marginale nell’indirizzare la partita.

L’andamento del punteggio è estremamente lineare: un break per Serena sul 6-5 primo set e un altro break sul 4-3 del secondo sono sufficienti a determinare il divario. Williams concede una sola palla break in tutto il match, prontamente annullata con un ace esterno.

La finale di Wimbledon ci dice fondamentalmente due cose. La prima, in relazione alle avversarie in attività: sull’erba questa Serena è ancora superiore a Kerber, a differenza che nel confronto sul cemento. La seconda, in relazione alle avversarie del passato: dopo le delusioni di New York 2015, Melbourne e Parigi 2016, finalmente Serena aggancia Steffi Graf, eguagliando il record di 22 Slam.

Il torneo olimpico
Il 2016 è anno olimpico, e una volta ogni quattro anni il calendario deve trovare posto a un torneo in più. Si gioca in agosto, nel caldo di Rio de Janeiro, e non tutte le principali favorite saranno protagoniste. Per esempio Serena Williams esce al terzo turno contro Svitolina, mentre addirittura alcune giocatrici, come Halep o Pliskova, rinunciano ad andare in Brasile, per il timore delle zanzare che diffondono il virus Zika.

Fra tanti nomi attesi, si impone una sorprendente portoricana, fresca numero 34 del ranking: Monica Puig. Medaglia d’oro a 17 anni ai Giochi centroamericani e caraibici del 2010, medaglia d’argento ai Giochi panamericani del 2011 a soli 18 anni (dopo aver sconfitto Christina McHale in semifinale, la stessa McHale che qualche settimana prima aveva battuto la numero 1 del mondo Wozniacki), medaglia di bronzo nell’edizione successiva del 2015. Risultati che dimostrano quanto Monica si trasformi quando rappresenta il suo Paese.

Parafrasando i Blues Brothers si potrebbe dire che a Rio 2016 Puig si sente “in missione per conto di Portorico”, e nulla e nessuno la può fermare. La favola si conclude con la prima medaglia d’oro per il suo paese e il premio di migliore atleta femminile dei Giochi.

Monica vince il torneo mostrando un livello di gioco straordinariamente alto, grazie al quale si fa strada in un tabellone che prevede come ostacoli tre vincitrici Slam: Muguruza, Kvitova, Kerber. Contro ognuna di loro ha la soluzione giusta per vincere.

In semifinale contro Kvitova prevale in parte snaturando il proprio tennis: di fronte a un’avversaria in grado di produrre più vincenti di lei, accetta di soffrire, attraverso colpi di contenimento nella prima fase del palleggio per poi riprendere l’iniziativa appena si presenta l’occasione (6-4, 1-6, 6-3).

In finale trova un’altra mancina, Angelique Kerber. E Kerber, per evitare di venire sopraffatta dall’aggressività di Puig, cerca di limitarla insistendo sulla diagonale sinistra con l’obiettivo di allungare il più possibile il palleggio. Di fronte a questa situazione, Monica ha il coraggio di uscire dall’impasse grazie a rovesci lungolinea estremamente incisivi. E alla fine vince per 6-4, 4-6, 6-1. La medaglia d’oro è sua, quella d’argento di Kerber, quella di bronzo di Kvitova.

Subito dopo il successo di Rio la domanda che tutti si pongono è se l’impresa sia un exploit episodico, la classica “settimana della vita”, oppure il segno di un salto di qualità duraturo. In fondo Puig ha solo 22 anni, ottimi trascorsi da junior (numero 2 del ranking e due finali Slam nel 2011) e dall’inizio della stagione è salita dal numero 92 al numero 34 del mondo.

A distanza di tre anni e mezzo, i numeri ci dicono che da allora Monica non ha vinto tornei WTA, e a 26 anni compiuti (il 27 settembre 2019) è numero 79 del ranking. E non ha più ripetuto una settimana paragonabile a quelle di Rio. Chissà che non le riesca in occasione del prossimo torneo olimpico. Tokyo 2020 si avvicina.

a pagina 5: US Open e il finale di stagione

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